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Dal futuro I figli che saremo Di Serena Bertogliatti
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Se avete sentito nominare Screwdriver la vostra anima non andrà persa.
Se lo avete sentito nominare potete scivolare sulla fame e sulla malattia come un connesso scivola negli interstizi della Rete.
Il dolore e la frustrazione scompariranno nell’effetto neve del vostro terminale. Screwdriver ci ha tolto la terra da sotto i piedi - e aperto il cielo. Kovskij dice che questa è
L’Era Di Smoke
Kovskij lo dice tutto maiuscolo, scandendo bene le parole ogni volta. «Stiamo creando una nuova lingua» dice, e sorride mostrando la paratia bianca che sono i suoi denti. Dove è cresciuto lui, dice, s’impasta il cibo con la calce, creando con le proprie mani quello che si mangia. Come si faceva una volta. La calce rende i denti forti e lucenti come una confezione intonsa. Bianco-bianco, così bianco da rilucere di luce propria. «È la calce» dice quando qualcuno si complimenta con lui per la dentatura da purosangue. «La calce nei miei denti e nelle mie ossa». La calce, però, non rende immuni dalle spranghe. Per questo quando Kovskij sorride non apre del tutto la bocca: una spranga è andata in diretta collisione con il suo zigomo, passando per il mento e la guancia. Passando la guancia e spiccandogli di netto due denti come due perle di marmo spiccate da una cava. Qualcuno, ora, deve averle appese al collo assieme ad altri brillanti e tesori di guerra. Brutto luogo, le prigioni riformate terrestri. «Stiamo creando un nuovo mondo» mi dice, e mi prende le mani. Le pareti di plexiglas della stanza tremano, poi si assestano. Tremano ogni venti minuti, assieme al pavimento, al futon e al terminale acceso. Tremano ogni volta che un cargo di rifornimenti entra nella base orbitante, e i giganteschi portelloni si aprono. Cigolerebbero se potessero - ma siamo nello spazio, e a gravità zero le onde sonore anziché rimbombarti nelle orecchie ti rimbombano sotto il culo. «Lo ha creato Smoke. Dentro tutti noi» dice Kovskij, e intravedo la cavità nera tra premolari e canini mentre mi mette una mano sul ventre. «Smoke ha creato lei» sussurra Kovskij e immagino lei, dentro la mia pancia, cercare di farsi crescere in fretta una manina per rispondere al saluto. Non sappiamo se sarà un maschio o una femmina, ma non importa. Non sappiamo neanche se riuscirà a nascere. Abbiamo la libertà di credere quello che vogliamo. Nel 2071 volevo un figlio. Un sacco di persone, nel 2071, volevano un figlio. Ci trovavamo in un angolo di Rete, IP del server: 207.142.133.248. Sottotitolo: I figli che saremo. Una generazione affamata di progenie, proiettata verso il futuro. Per un futuro migliore. Centinaia, migliaia di persone da ogni angolo di Terra radunate sulla Rete per parlare dei figli che avremmo voluto. Essere. Una generazione proiettata nell’idea di creare una nuova generazione più felice, più fortunata, un altro passo in nome dell’evoluzione prima che smettessimo di credere a questa parola. Dovevamo raggrupparci. Il progetto - chiamato “Il Progetto” e null’altro: avremmo voluto fosse totale, assoluto, unico - settava il 2073 come anno in cui finalmente la nostra comunità sarebbe stata pronta, e tutti - centinaia, migliaia di ragazzi e ragazze - ci saremmo trasferiti lì, avremmo prolificato, avremmo cresciuto tutti i nostri figli come se tutti fossero figli di ognuno di noi. Nel 2071 avevo 17 anni. Nel 2071 arrivarono Smoke e Screwdriver, e Terra collassò con un black-out totale. Dopo, nulla sarebbe rimasto uguale. «È L’Era Di Smoke, la più breve e intensa era di tutta la storia.» dice Kovskij, e stringe le cinghie del giubbotto in Kevlar. Prima il suo e poi il mio, stando attento a non comprimere troppo il mio ventre. Dentro, lei è un esserino informe che non sa nulla, neanche di essere un esserino informe. «Per questo, le nostre vite sono le più brevi e intense di tutta la storia». Le pareti di plexiglas fumé tremano, mentre l’ennesimo cargo entra nella base orbitante. 23 aprile 2073. Ore 05:37:00. Benvenuti nella storia. Fra 23 minuti i portelloni si apriranno e il plexiglas tremerà continuativamente per più di mezz’ora, facendo entrare quindici navette corporative provenienti da Venere. Quindici navette verranno e preleveranno tutti coloro che sulla nuca, sotto alla pelle, hanno un codice di riconoscimento magnetico che li riconosce quali detenuti con pena da scontare. Evasi. Smoke era un detenuto. Smoke ha annunciato la propria Era aprendo tutte le celle di tutte le prigioni terrestri. Andate e disperdetevi. Ma la maggior parte dei prigionieri non se n’è andata. O, se lo ha fatto, è poi tornata indietro. Questo non lo sa spiegare nessuno. Nessuno sa trovare un senso al perché non siano stati i prigionieri ad andarsene, ma le famiglie dei prigionieri a raggiungerli per vivere tutti assieme. Padri, madri, figli. Tutti assieme, sotto la santa protezione di Smoke. Ce lo immaginavamo come un martire glabro - tutti i detenuti erano glabri; tutti uomini che quotidianamente venivano sterilizzati da docce a gas così depurante da far cadere ogni traccia di peluria - ce lo immaginavamo con mani grandi aperte su di noi, calde e affettuose. Immaginavamo Screwdriver alle sue spalle, enorme aureola onnipotente. Screwdriver e i suoi connessi. Screwdriver, il leggendario server a compartimento stagno a cui solo i migliori connessi potevano accedere. Screwdriver-che-può-tutto. Screwdriver che un giorno uscì dall’ombra e prese le redini della Rete di Terra, ribaltandola come un guanto. Screwdriver è il Verbo e Smoke è il Messia. Smoke è la testa coronata di Screwdriver. Screwdriver è tutti noi. «Ce la faremo.» dice Kovskij, e annuisce sorridendo a labbra strette. Il suo sorriso stride di paura mentre immagino lei cercare di farsi crescere in fretta una manina per inneggiare. «Noi abbiamo già vinto da tempo.» Non ce l’ho con Kovskij per la sua paura. Kovskij è un pavido, uno di quei bambini che da piccoli lasciano il terminale acceso per non rimanere soli con i propri mostri. Kovskij, in un’altra era, avrebbe preso la propria lucente dentatura e un pezzo di mondo in cui vivere senza dover affrontare ogni giorno nuovi mostri - ma questa è L’Era Di Smoke, i pavidi muoiono e Kovskij ama troppo la vita per perderla senza significato. Non ce l’ho con lui, non ce l’ho con il padre di lei. Brutto luogo, le prigioni riformate terrestri. Quando ho conosciuto Kovskij, e gli ho raccontato del come un esserino informe stesse crescendo nella mia pancia, Kovskij mi ha chiesto: «Chi è stato?» Non lo sapevo, non ricordavo, ero stanca e avevo freddo. «Dimmi la faccia di quel figlio di puttana, la faccia! Dimmi tutto quello che ricordo e - te lo giuro - glielo faccio ingoiare quel suo cazzo!» Ma non ricordavo niente dell’uomo che mi aveva violentato. Shock? Non m’importava. C’era lei. Con lei tutto doveva resettarsi, partire da zero, black-out totale su tutto ciò che veniva prima. Avevo lei e Screwdriver, la mia ideale comunità diventata ideale, non mi serviva altro. Ho lei e Screwdriver, non mi serve altro. Il fucile che ho legato al petto non serve a me, ma ai quindici cargo corporativi che stanno entrando nella base orbitante. Abbiamo detto: La libertà è libertà se è di tutti. Abbiamo detto: Daremo la vita, ma non la libertà. Kovskij, davanti a me, si volta e mi sorride di un sorriso bianco come la luce della libertà. Immagino lei, nella mia pancia, sforzarsi per farsi crescere le manine per aiutarci ad alzare i fucili. Non so se lo stia facendo veramente, ma non importa. Non sappiamo neanche se riuscirà a nascere. Abbiamo la libertà di credere quello che vogliamo. Argomenti: #fantascenza , #racconto Leggi tutti gli articoli di Serena Bertogliatti (n° articoli 43) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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