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Cosa è Bollywood?

Una realtà poco conosciuta, spesso ritenuta di secondo piano, ma anche la famosa Hollywood produce molti film di secondo piano e vi sono motivi perché alcuni film dell’India possano trovare apprezzamento anche da noi

Di Sara Giostra

Drammi matrimoniali e comicità sfrenata, scene di divertimento e momenti di riflessione, danze e musica. Attori e produttori che diventano eroi nazionali. Dietro tutto questo tanti miliardari. Film e musical la cui fama raggiunge tutti.

Non stiamo parlando della più nota produzione cinematografica statunitense, ma di qualcosa che per suoni e contenuti molto si avvicina ad Hollywood: il suo nome è Bollywood, il paese madre è l’India. Cinema ‘popolare’ o commerciale che si è affermato a partire dagli anni '90, il termine Bollywood deriva da un connubio di parole quali Bombay e Hollywood, anche se la produzione cinematografica indiana non si svolge solo a Bombai (ma anche in Bengali, Kannada, Malayalam, Tamil, Telugu).

Il cinema commerciale in lingua hindi prodotto a Bombay, considerato da molti uno stereotipo negativo, deve la sua popolarità a una formula che amalgama melodramma, commedia, azione e soprattutto canzoni e coreografie. Masala, così lo chiamano i cultori del cinema made in India, vale a dire una mistura di spezie e sapori della cucina tradizionale. Film di consumo di massa, sono infatti sempre popolati da eroi positivi, belli, buoni coraggiosi e determinati che lottano contro antagonisti dall’indole malefica e destabilizzante. Storie d’amore con tradimenti, rinunce, melodrammi, ma anche politici corrotti, malviventi, coincidenze fatali e lieto fine.Non ci sono scene di nudo e si fa davvero fatica a vedere immagini erotiche, di baci neanche a parlarne. E’ severamente proibito. Per quanto riguarda la trama invece niente di nuovo: viene riproposto lo scontro tra il bene e il male, tra il vero e il falso, tra belli e brutti. Tipici elementi della tradizione indù e di molti film hollywoodiani.

Il cinema commerciale ha prodotto annualmente nell’ultimo decennio una media di 670-900 film, con incassi che raggiungono cifre stratosferiche che niente hanno da invidiare alla raffinata Hollywood. Per fare solo un esempio per comprendere la portata dell’evento basta citare Sholay (1975, Fiamma) di Ramesh Sippy, un melodramma-western proiettato per cinque anni di seguito e Amar Akbar Antony (1977) di Manmohan Desai, entrambi hanno raggiunto in una sola settimana 70 milioni di spettatori.

Una vera e propria mecca del cinema indiano, una produzione che piace non solo in riva al Gange. In Europa si parla spesso di musical indiano e la produzione cinematografica indiana incanta e affascina con il suo mix di danze luci e colori. Alcune contaminazioni sono visibili in alcuni spot pubblicitari in Italia. Ma Bollywood suscita un importante interesse sopratutto per la capacità di produrre miliardi. In questo i paragoni con Hollywood non sono così azzardati: il giro d’affari è copioso, Bollywood è come una multinazionale dell’oriente che macina miliardi su miliardi. Se pensiamo che nel 2001 i film prodotti da Bollywood sono stati 1.013 contro i 739 hollywoodiani; Bollywood cresce annualmente (in media) del 12,6 per cento contro il 5,6 per cento di Hollywood. Sono cifre da capogiro.

Stiamo parlando di una realtà industriale provvista di 11.000 sale e di un proprio star-system (attori cantanti famosi in tutta la nazione). Anche se bisogna ammettere che ancora il cinema indiano non riesce a conquistare completamente il mondo occidentale, infatti Hollywood detiene un egemonia indiscutibile. Il prodotto Bolliwood va già abbastanza bene all’interno del mercato indiano. Al punto che i suoi film stanno per essere proposti sui display dei cellulari per conquistare il mondo della telefonia mobile.

Un paese l’India che sta vivendo nell’ultimo decennio un importante cambiamento economico che l’ha portata all’attenzione del mondo occidentale. Negli anni Novanta l’India ha vissuto un rapido cambiamento economico-culturale, dovuto anche alla conquista del mercato mondiale, con una forte crescita della televisione, anche via cavo e satellitare e l’arrivo di Internet. Aggiungiamo per dovere di cronaca che alla produzione “popolare Bollywoodiana” si affianca, se pur con difficoltà, la cinematografia d’autore ricercata, colta e raffinata, proposta come opera d’arte e non commerciale. Un cinema quest’ultimo legato strettamente alla storia dell’India. Un cinema alternativo che ha goduto di apprezzamenti. Alla Mostra del cinema di Venezia il bengalese B. Dasgupta ha vinto il premio come miglior regista con Uttara (1999), il bengalese Gautam Ghose con Dekha (2001, Percezioni), sono solo alcuni dei talenti del cinema d’autore indiano.

Spetta al pubblico decidere cosa ascoltare e guardare. E’ certo che l’India è un paese immenso, ricco di valore, tradizione e cultura. Un intreccio di povertà e ricchezza, di aspettative e sofferenze. Anche il cinema può aiutarci a scavare più in profondità questo paese, perché, non dimentichiamo che la voglia di conoscere passa attraverso l’amore per l’arte e il cinema è una forma d’arte.

Argomenti:   #bollywood ,        #cinema ,        #india



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