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I blocchi asiatici L’evoluzione dell’Asia in blocchi politici sta modificando la geopolitica del mondo Di Giovanni Gelmini
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Cerchiamo di capire cosa sta succedendo in Asia.
Possiamo identificare alcuni “blocchi”, per primi quelli storici: Russia (che ha una notevole parte asiatica storicamente con rapporti intensi con gli altri paesi asiatici), il Giappone, la Cina e l’India. Ora sta emergendo l’Iran come nucleo di aggregazione dell’Islam asiatico. Russia e Giappone hanno influenze geopolitiche stabili, mentre Cina ed India sono in fase di “ristrutturazione” da alcuni decenni. L’Iran si affaccia invece solo ora nel ruolo di punto focale di una parte delle popolazioni asiatiche. Gli Stati Uniti hanno cercato sempre di impedire la coagulazione di questi aree di influenza, che invece non sono “occupazioni” di una potenza asiatica di territori, ma veri bacini di influenza culturale in cui è necessario che ci sia un leader del gruppo. Per questa loro filosofia errata, la presenza degli USA è sempre difficoltosa e destinata alla sconfitta e forse anche per questo il problema di Israele, visto dai mussulmani come punto di approdo degli yankee, è irrisolvibile. La inframmettenza degli USA nell’area ha creato notevoli problemi, vediamo ora la situazione nei rapporti Cina, India, Pakistan, che sono il cuore dell’Asia non mussulmana. Per decenni il rapporto tra i due principali paesi asiatici, Cina e India, è stato critico e di diffidenza. I contrasti maggiori si possono elencare in tre punti: la presenza della Cina nel Vietnam, la contestata area del Sikkim e l’influenza della Cina sul Pakistan, con cui l’India ha una contesa armata per il Kashmir. Recentemente però i rapporti Cina-India si sono normalizzati. Al termine di un summit tra il premier cinese Wen Jiabao e quello indiano Manmohan Singh, i due paesi hanno annunciato una nuova “partnership strategica” e la volontà di risolvere le annose dispute di confine, oltre ad incrementare il commercio che già è fiorente. Passo importante è stato quello della delegazione cinese che ha espresso la volontà di sostenere l’India per l’assegnazione di un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Gli scambi commerciali tra Cina ed India non erano particolarmente brillanti, ma nel corso del 2004 la Cina è diventato il secondo partner commerciale dell’India. Il rapporto col Pakistan è più complesso. La Cina è sempre stato il partner migliore per questo paese. Ora gli USA sostengono di essere il partner per eccellenza, ma con politiche contraddittorie: embarghi e programmi di cooperazione, minacce e lusinghe. Solo il capo del governo Musharraf sostiene gli USA e non può fare a meno dell’aiuto americano, ma le logiche interne non possono essere mutate. In questo quadro la Cina non ha mai ridotto i suoi impegni verso questo importante paese asiatico. Il riavvicinamento tra questi due colossi è in atto e vi sono motivi per ritenere tale avvicinamento non sia occasionale. Un punto di convergenza è che sono due potenze nucleari, che ovviamente non hanno intenzione di usare questo tipo di armi, un altro è la lotta al terrorismo. La Cina vede nel terrorismo un’arma del nazionalismo e del separatismo e una minaccia al potere interno e all’integrità territoriale. L’India ha una visione teme invece il terrorismo islamico e questo è uno dei problemi di forte diffidenza col Pakistan. La loro visione non ha nulla a che vedere con la visone di “difensori del Mondo” che caratterizza quella americana. Infine Cina ed India mal sopportano la “guerra al terrorismo” inaugurata dalla amministrazione Bush che con la logica “chi non è con noi è contro di noi” ha reso molto difficile la gestione dei rapporti politici in Asia. Per questo desidererebbero una Europa forte e non sottomessa ai dictact degli USA La Cina si avvicina sempre più alla zona euro, ma l’esperienza vista con Saddam Hussein, che venne invaso appena decise di passare all’euro per il pagamento del proprio petrolio, la rende cauta. Un punto importante di convergenza tra Cina ed India è la visione del necessario sviluppo, per avere questo uno dei problemi primari è la risoluzione del problema energetico. A differenza dell’Europa, hanno già la capacità di rastrellare le risorse energetiche disponibili e anche stanno sviluppando velocemente le energia alternative. La più “facile” è quella nucleare, ma non si affidano solo a quella. Nel frattempo stanno facendo operazioni al fine di raggiungere accordi per la costruzione di oleodotti che possano far arrivare il petrolio e gas da Russia e Iran. La Cina ha costituito l’Organizzazione di cooperazione di Shanghai (Ocs), con la Russia, il Kazakistan, il Kirghizistan, il Tagikistan e l’Uzbekistan, con lo scopo di combattere i tre «demoni» dell’estremismo, terrorismo e fondamentalismo e promuovere l’integrazione economica e lo sviluppo in Asia centrale e nella Cina occidentale. Questa può diventare la base per un patto politico-militare, anche se la Cina non è propensa a questo tipo di accordi, ma ciò potrebbe essere opportuno per fronteggiare la presenza americana e l’espansionismo di Tehran. Però le visioni di come “organizzare l’Asia” sono diverse. La Cina propone la cooperazione a quattro mentre l’India propone meccanismi del tipo della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. L’Asia quindi si sta compattando attorno alla propria “anima”, anche per contare e non essere soggetta a trattamenti coloniali. Il modo per ottenere questo è molto diverso da quello degli USA. Non c’è l’idea che la guerra (con le armi) serva all’economia e viceversa, l’Asia aggira l’uso delle armi come manifestazione di forza e la visione finale da raggiungere è policentrica e multilaterale, fatta cioè di un flusso di rapporti che avvantaggia tutti. La forza da mettere in gioco, secondo questa idea, non è la sopraffazione, ma la complementarità, con grossi vantaggi: maggiore velocità nell’ottenere i risultati, minor dispendio di energie, e maggior stabilità dei risultati. Se volgiamo l’Iran rappresenta una evoluzione, forse da molti inaspettata, dello scacchiere asiatico. L’attuale politica di espansione “nucleare” intrapresa è la diretta risposta alla politica di sostegno, senza rispetto delle situazione reali, fatta dagli USA a Israele, che è una potenza nucleare. In questa situazione Cina ed India diventano elementi stabilizzatori, come si è dimostrato per l'azione diplomatica cinese nell’ultima crisi del Nord Corea. Il sistema prettamente occidentale di porre barriere doganali differenziate a secondo se si considera un paese emergente amico o nemico, porta a una diretta conseguenza, la collaborazione trasversale delle economie emergenti. Così è avvenuto ad esempio che la Huawei, una grande impresa cinese di software, dopo aver avviato le operazioni di produzione nel cuore dell’India tecnologica, a Bangalore, ha realizzato una fondamentale sinergia tra la produzione indiana, orientata al mercato occidentale anglosassone, a quella cinese, indirizzata all’enorme bacino sino-asiatico. Pure l’embargo alle esportazioni di armi alla Cina non ha più alcun significato, i cinesi possiedono già le tecnologie per costruirsi le armi che vogliono e sono in grado di armarsi secondo quanto loro ritengono necessario senza ricorrere a noi. L’embargo quindi sembra più danneggiare l’economia europea ed impedire un dialogo tra Europa e Cina, dialogo che potrebbe veramente mettere fine all’impero yankee. In tutte le situazioni di tensione si può notare come la tendenza asiatica all’integrazione prevalga su quella occidentale della divisione. Di questo dobbiamo sempre tenere conto per leggere le possibili evoluzioni del mondo asiatico e forse dovremmo ripensare alle nostre politiche e come Europa sfruttare meglio le nostra capacità e possibilità. Argomenti: #asia , #cina , #commercio estero , #economia , #guerra , #india , #pakistan , #russia , #terrorismo Leggi tutti gli articoli di Giovanni Gelmini (n° articoli 506) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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