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 Anno III n° 4 APRILE 2007    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi



La Costituzione Europea: un obbiettivo non soltanto simbolico
L’Europa non ha una costituzione, ma si basa su trattati fra stati. Tra le tante carenze questa è emblematica. Cosa si oppone al suo raggiungimento?
Di Marina Minasola


La Costituzione, caratteristica delle democrazie moderne, definita da Kelsen, il più celebre filosofo del diritto, “norma fondamentale” per il suo stare alla base di tutte le altre norme, in Europa non c’è.

Nell’Unione Europea manca una sfera pubblica tale da far sentire i suoi cittadini veramente membri di una comunità omogenea.

Rilevantissimi poteri sono esercitati da organi quali la Commissione europea e la Corte di Giustizia (tanto per citarne due dei più famosi) non direttamente eletti dal popolo.

Due dei tre pilastri su cui poggia l’intera UE (CE esclusa, che a sua volta è formata dalle tre comunità preesistenti di CEE, CECA ed EURATOM) e cioè la PESC (politica estera di sicurezza comune) e la CGAI (cooperazione giustizia e affari interni) non hanno raggiunto alcun livello di efficienza (le loro deliberazioni richiedono l’unanimità delle posizioni degli Stati). Politica estera e politica di sicurezza comuni pertanto si può dire che ancora non esistono.

Manca un soggetto rappresentativo come potrebbe essere un ipotetico presidente del Consiglio Europeo e ancor più forse si avverte l’esigenza di un Ministro degli Affari esteri dell'Unione.

Con l’allargamento ai Paesi dell’Europa centro-orientale sembra mancare persino un’omogeneità sociale, economica e culturale.

La struttura elettiva degli organi, tale da permettere una cospicua rappresentanza ad ogni stato membro, se poteva essere funzionale per la primitiva comunità di 6 membri oggi risulta più che mai inadatta. Organi troppo numerosi sono poco gestibili.

Neanche quello che è la ripartizione della competenza legislativa tra Ue e Stati membri sembra troppo chiaro: in cosa può dispiegarsi la potestà normativa dell’Ue? Cosa rimane invece campo riservato ai singoli parlamenti nazionali? In cosa invece possono concorrere le rispettive potestà legislative? In termini tecnici si può dire quindi che andrebbero meglio stabilite le materie di competenza legislativa esclusiva (della Comunità o degli Stati membri) e quelle di legislazione concorrente.

Ecco a cosa doveva servire la Costituzione Europea, Trattato di base che avrebbe dovuto rendere sistematico l’insieme dei plurimi trattati e strumenti normativi che regolano questa Comunità più economica che politica, intendendo il termine “politica” nella sua accezione nobile di derivazione greca e non quale sinonimo di “orrore” come oggi sembra essere diventato.
A questo miravano il “Trattato di Nizza” prima (7-10 dicembre 2000) e la “Dichiarazione di Laeken” poi (15 dicembre 2001) dando vita alla Convenzione Europea, organo straordinario che avrebbe dovuto di fatto donare all’Europa una Costituzione che desse inoltre valore giuridico alla Carta dei diritti fondamentali.

Dal 28 febbraio 2002 al 10 luglio 2003, i 102 membri della Convenzione coadiuvati da 12 osservatori riunitisi in vari gruppi e discutendo dei loro lavori in ben 26 assemblee plenarie hanno lavorato ad un progetto forse troppo ambizioso, forse troppo poco pubblicizzato agli occhi dell’opinione pubblica e accolto con grande freddezza a Roma il 18 luglio 2003, quando il presidente Giscard d’Estaing l’ha presentato: il "Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa".

Il testo così formato è stato poi sottoposto ad una Conferenza intergovernativa incaricata della sua approvazione. La CIG era composta dai capi di Stato o di governo dei 25 paesi dell’Unione, dai ministri degli Affari esteri di tali stati, dal presidente della Commissione europea, dal presidente del Parlamento europeo e da alcuni membri della Convenzione. Dopo complessi negoziati aventi ad oggetto tanti punti controversi tra cui ad esempio la previsione di una maggioranza qualificata anziché votazione unanime in materia di politica estera e sicurezza, durati dal 4 Ottobre al 18 Giugno del 2004, si è giunti ad un testo di compromesso.

448 Articoli strutturati in:
- un Preambolo in cui si enunciano principi e obiettivi dell'Unione;
- una Prima Parte in cui si descrive la natura dell’Unione con le sue istituzioni, i suoi simboli e principi;
- una seconda parte che conferisce valore giuridico alla Carta dei diritti fondamentali;
- una terza parte che contiene le disposizioni relative alle competenze settoriali dell’Unione e il suo funzionamento concreto;
- due allegati che contengono postille di vario genere;
- un Atto Finale che sintetizza e conclude la Costituzione stessa.

Tra le tante innovazioni della Costituzione di cui la maggior parte hanno un valore più che altro formale va detto che viene eliminata la struttura a tre pilastri per cui si cerca di dare omogeneità anche alla materia della politica estera e della sicurezza, che è previsto un Presidente del Consiglio e un Ministro degli esteri, che viene data maggiore legittimazione popolare ad organi che fino ad ora non erano rappresentativi e che ai diversi organi viene assegnato un limite numerico di membri tale da garantirne maggiore funzionalità. Viene dato maggior potere ai Parlamenti nazionali e un ruolo più definito alla nozione di “cittadinanza dell’Unione”.

Verrebbe da chiedersi allora dove sta il problema.

Numerose sono le controversie, le critiche e i no causati principalmente da:
- il mancato richiamo alle radici giudaico-crisitiane della coscienza europea più volte invocato dal Papa e dai critici cattolici osteggiato da Paesi come la Francia che invece tendono ad esaltare la laicità dello Stato come valore democratico per eccellenza;
- lo stesso termine “Costituzione” osteggiato da chi lo definisce un semplice documento normativo;
- la presenza di principi neoliberisti tanto criticata dalla sinistra radicale (specie quella francese), l'eccessiva importanza data ai temi economici e capitalistici, l'assenza di riferimenti al ripudio della guerra, le troppo scarse garanzie in difesa dei lavoratori, degli immigrati e dello stato sociale;
- la paura dei nazionalisti sciovinisti Olandesi e delle destre estremiste che la Costituzione possa svuotare di significato e privare di autorità i singoli Stati a favore di un appiattimento delle identità nazionali.

Oramai questo mondo ci ha abituato alla vittoria dei no… e infatti come prevedibile il processo, o meglio l’iter, che avrebbe dovuto condurre alla ratifica del testo da parte degli attuali 27 Stati dell’Unione Europea è attualmente arenato. La ratifica potrebbe avvenire da ciascuno Stato o per mezzo di approvazione parlamentare (come è avvenuto in Italia) o tramite referendum popolare. Hanno votato sì i Parlamenti di 17 Stati e i cittadini di 2 (Spagna e Lussemburgo), ma i no referendari di Francia e Olanda hanno determinato il congelamento del processo. Repubblica Ceca, Danimarca, Irlanda, Polonia, Portogallo, Svezia e Regno Unito devono ancora fissare la data di eventuali referendum. Ma come risolvere il problema dei no di Francia e Olanda oltre agli altri ancora possibili? Il summit europeo del 15 e 16 giugno 2006 si è concluso con l'obiettivo di risolvere la questione prima delle elezioni europee del 2009: c’è chi prospetta una nuova "mini-CIG" per una parziale riscrittura della Costituzione, chi una riduzione di essa ai soli principi fondamentali rinominandola "Trattato fondamentale" e chi ancora propone piccoli aggiustamenti tra cui l'inserimento di un "protocollo sociale".

Difficile dire come finirà.



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