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Dove è la politica estera comune?

Senza la volontà e la possibilità di sviluppare una politica estera europea, l’Europa non esiste

Di Giacomo Nigro

Negli ultimi quindici anni, nonostante il notevole Trattato di Maastricht, l'Unione Europea che è stata da qualcuno definita un gigante economico ma un nano politico sullo scacchiere internazionale, non è stata in grado di praticare una valida politica estera unitaria.

In effetti i suoi paesi membri hanno finora agito sulla base di interessi storico-economici nazionali spesso in contrasto tra loro. Il nuovo scenario internazionale, scaturito dal crollo del muro di Berlino, ha posto l'esigenza di ripensare il ruolo internazionale dell'Europa, per costituire un entità internazionale in grado di competere, con le potenze asiatiche emergenti, per la costruzione di un nuovo ordine mondiale multipolare al fianco degli Stati Uniti d'America.

In occasione dell’inizio della guerra in Iraq, l’UE si rivelò divisa per motivi di politica interna ai vari membri con gravi ripercussioni negative sul ruolo di pacificatore internazionale. In seguito, con la presa di distanza dagli attacchi in Iraq dettata dal tradizionale motore comunitario franco-tedesco, stridette, la cosiddetta lettera degli otto in favore dell'intervento, fu così persa una preziosa occasione per influenzare gli avvenimenti internazionali attraverso una voce unica dell'Europa.

Oggi una incisiva politica estera comunitaria è possibile solo grazie alla volenterosa azione di qualche governo all'interno Consiglio europeo in grado di coagulare consenso ed evitare veti basati su interessi particolari. La missione di pace in Libano ne è la prova più recente: grazie all'iniziativa politica dei governi francese e italiano, a cui è stato riconosciuto il comando internazionale dell'intera missione, l'Unione Europea è stata in grado di raccogliere l'invito dell'ONU ed essere forza di pace e di interposizione nel sud del Libano. La realizzazione del principale obiettivo e cioè la cessazione delle ostilità è stata quasi immediata. La metà dei caschi blu impegnati è composta da contingenti europei e ciò ha dato prova che l'Unione Europea può essere un attivo soggetto costruttore di pace e di dialogo tra le sponde del mediterraneo.

Il possibile successo del nuovo approccio multilaterale voluto dall'ONU, guidato sul terreno dall'Europa e con il coinvolgimento diretto di alcuni paesi musulmani, potrebbe divenire il modello d'intervento in tutte le aree di crisi, ad iniziare da quella storica Israelo/Palestinese. Un Medio Oriente pacificato avrebbe enormi ripercussioni nell'ambito della sicurezza globale. Ciò potrà essere possibile solo con azioni coordinate di diversi soggetti internazionali, secondo il modello multilaterale adottato in Libano.

Tuttavia nonostante si affermi che il conflitto Arabo/Israeliano è una priorità e che è necessario continuare a cooperare con i paesi del Mediterraneo ed in generale con il mondo arabo, nessuno strumento operativo viene indicato. È evidente che, al di là delle enunciazioni di principio, non vi è una presa d’atto seria del possibile uso di strumenti civili come principale mezzo per il perseguimento di una politica di sicurezza condivisa nell’area.

Se si dice che la sicurezza può essere potenziata attraverso regimi di controllo delle armi e di una politica di riavvicinamento e subito dopo si afferma che la qualità della società internazionale dipende dalla qualità dei governi che ne sono il fondamento, si dimentica che la costruzione della fiducia non passa solo per i rapporti fra governi ma deve coinvolgere tutta la società ai diversi livelli di aggregazione sociale e quindi il lavoro che molte Ong fanno per ricostruire la fiducia dal basso. E qui citare il caso di Emercency viene automatico.

Da notare che in Medio Oriente il nuovo protagonismo iraniano sta mettendo a dura prova le residue capacità d’aggregazione europea. Si assiste in questi giorni ad uno spettacolo inconsueto, da un lato il colpo scena dell’annuncio, fatto dal presidente Ahmadinejad durante una conferenza stampa a Teheran, della liberazione, unilateralmente decisa, dei 15 marinai britannici arrestati il 23 marzo nella regione dello Shatt el Arab, che potrebbe fare il paio con le avances Bush pronto a trattare nel caso di un cambiamento d’atteggiamento da parte del governo iraniano. Dall’altro l’atteggiamento commerciale dell'Iran verso l'Italia è molto negativo e in via di peggioramento in questi giorni mentre è quasi nella norma verso la Germania. Tutto ciò fa pensare che per l’Iran e gli Stati Uniti l'Europa non esiste

Argomenti:   #estero ,        #politica ,        #ue



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