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Problemi apparentemente irrisolvibili Università e Ricerca: una confusione perniciosa Tutti dicono che l’Università deve essere rifatta, che dobbiamo sostenere la Ricerca, ma per fare questo si deve ribaltare il sistema universitario; Qui, Quo e Qua ne sono un esempio Di Giovanni Gelmini
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Quando parliamo di cose che non vanno, ci riempiamo la bocca di parole e frasi che spesso sono slogan e nascondono i veri problemi. Uno di questi casi è il problema dell’Università e della Ricerca in Italia. Qui la confusione regna sovrana.
Emblematica è l’affermazione di un Docente universitario al termine di un famoso talk-show che tentava di affrontare l’argomento: “Per risolvere il problema si dovrebbe valutare il Docente per i risultati della sua ricerca e....” Senza scomodare grandi sapienze si capisce che questa frase è fasulla: infatti quello che i cittadini chiedono ai docenti universitari è di saper insegnare, docere per intenderci, cioè saper condurre in modo corretto la funzione docente dell’Università, funzione che è importantissima per il sistema economico e sociale della nostra società. La Ricerca, perché sia fattanecessita di specialisti di questa attività, cioè i “ricercatori”, invece da noi i ricercatori sono dei poveri ragazzi, a volte non più giovani, precari, che aiutano il docente a fare... di tutto, ma in genere il loro obbiettivo non è fare ricerca, ma diventare docenti e così si perpetua la gran confusione. Infatti le due carriere hanno nella realtà, volutamente ignorata delle università, percorsi ed esigenze diverse. Il Docente deve saper spiegare, in genere non le ultime scoperte della scienza, ma quello che serve a svolgere correttamente il ruolo di specialista di un argomento, ed è questo che si attendono studenti e le imprese. La sua caratteristica principale è avere la capacità logica di inquadrare i problemi, schematizzarli e saperli rendere facili agli altri toccando tutti i punti fondamentali. In Italia, la sua carriera è valutata sulle pubblicazioni realizzate. Il Ricercatore deve sapersi concentrare sui problemi, avere una alta velocità di ragionamento e saper giungere a sintesi di tanti elementi che incontra nella sperimentazione. Spesso la velocità con cui percorre i percorsi logici è tale da far sembrare che faccia dei salti; in effetti non salta, ma sintetizza i passi in un modo che restano incomprensibili alla maggioro parte delle persone. Ecco quindi che un buon Ricercatore non sa spiegare se non ai suoi colleghi: è quindi un cattivo docente per gli studenti. Vi è ancora un altro punto essenziale, che riguarda il finanziamento dell’Università. All’estero una delle fonti di finanziamento dell’Università è il gettito proveniente dai risultati della ricerca, cioè dalle royalties provenienti dai brevetti, in Italia le Università realizzano pochi brevetti e questi spesso non trovano sbocco applicativo. Tra le tante cause di questo vi è il fatto che se un docente è valutato sulla base delle pubblicazioni che fa non può brevettare; infatti se una cosa viene divulgata in una pubblicazione non può più essere brevettata perché diventa “arte nota”, anche se su questa logica qualcosa sta cambiando. Un esempio: nel 1964 la Basf propose per un brevetto un sistema per il recupero di navi affondate, il sistema prevedeva di riempire lo scafo con palline di polistirolo espanso che, scacciando l’acqua lo avrebbero reso nuovamente galleggiante, ma... il brevetto venne negato perché era già stato inventato da, udite, udite, Qui, Quo e Qua, e venne spiegato un un’avventura pubblicata nel 1949 su Topolino. Ecco che quindi le carriere dei Docenti e dei Ricercatori dovrebbero essere disgiunte, non necessariamente isolate da mura. Infatti i ricercatori si dovrebbero occupare della docenza ai dottorandi e i docenti si dovrebbero occupare di far conoscere e rendere applicabili le scoperte dei ricercatori, una funzione questa importantissima a cui troppo poche università oggi si danno in modo sufficiente. Questo li porterebbe inoltre ad avere un contatto continuo e fattivo col modo delle imprese e permetterebbe loro di passare agli studenti informazioni reali sul modo in cui dovranno andare a lavorare. In effetti tra Docenti e Ricercatori si dovrebbe instaurare un rapporto di stretta collaborazione a livello paritario, senza supremazie di una carriera sull’altra, ma con carriere assolutamente separate perché diversi e contrastanti sono i requisiti richiesti. Questa è l’Università italiana oggi, dove troppi docenti universitari non sono né dei buoni Docenti né dei buoni Ricercatori e così l’Università è diventata spesso una perdita di tempo per gli studenti e non attira redditizie commesse dalle industrie. Argomenti: #ricerca , #università Leggi tutti gli articoli di Giovanni Gelmini (n° articoli 506) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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