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Come è stato scoperto Il primo pianeta extrasolare abitabile Scoperto da poco il primo pianeta extrasolare in grado di possedere acqua liquida in superficie, dimostra che le condizioni adatte allo sviluppo di forme di vita sono ancora più diffuse di quanto si pensasse Di Cesare Guaita (GAT/Planetario di Milano)
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La stella Gliese 581 (ossia la 581° del catalogo Gleise), che si trova a 20,5 anni luce nella costellazione della Bilancia, viene studiata intensamente da alcuni anni da un team di astrofisici guidati da Michel Mayor (Università di Ginevra), colui che per primo, nel 1995, ‘scosse’ letteralmente il mondo degli astronomi con l’annuncio della scoperta del primo pianeta extrasolare attorno alla stella 51 Pegasi. Attualmente M. Mayor e il suo gruppo lavorano al riflettore da 3,6 metri di La Silla cui hanno applicato uno strumento davvero formidabile: lo spettrometro HARPS (High Accurancy Radial Velocity for Planetary Searcher), in grado di misurare (dagli spostamenti Doppler delle righe spettrali) oscillazioni davvero infinitesime (1-2 m/s) che la gravità di eventuali pianeti produce sul moto della loro stella.
Per capire bene l’essenza e l’importanza di questa scoperta va ribadito che le tecnologie attuali non permettono di vedere singoli pianeti, ma solo di intuirne indirettamente la presenza con vari metodi. Il più utilizzato è il già accennato metodo spettroscopico, con cui è stato scoperto almeno il 90% dei circa 200 pianeti extrasolari attualmente conosciuti. Negli ultimi anni gli spettrometri si sono talmente raffinati da rasentare la fantastica risoluzione spettrale di 1m/s: questo ha permesso di scoprire i primi pianeti di taglia saturniana (90 masse terrestri) e nettuniana (15 masse terrestri), e di porre le basi per arrivare finalmente al primo pianeta di taglia terrestre. HARPS, lo spettrometro usato da M. Mayor sulla stella Gliese 581 fa proprio parte di questa ultima generazione di strumenti. Gliese 581 è una stella di classe M2, ossia è una nana rossa con una massa che è solo 1/3 rispetto a quella del Sole: questo fa sì che la sua luminosità sia 80 volte inferiore a quella del Sole e che la sua temperatura superficiale non superi i 2500°C. È importante aggiungere che le nane M (massa compresa tra l’8% e il 50% rispetto al Sole) hanno, a causa della piccola massa quindi della lentezza della fusione interna dell’idrogeno, una vita estremamente lunga, di decine di miliardi di anni. Aver scoperto oggetti planetari attorno ad una nana rossa è un fatto molto importante: siccome queste stelle costituiscono il 70% delle stelle della Via Lattea si irrobustisce ancor più l’idea della estrema diffusione dei sistemi planetari extrasolari.
Il primo risultato relativo alla stella Gliese 581 venne raggiunto nel 2005, quando 20 misure spettrali HARPS ad alta risoluzione permisero di scoprirne il primo pianeta (denominato Gliese 581b): si trattava anche del primo pianeta di taglia nettuniana (17 masse terrestri) situato a 6 milioni di km dalla stella su un’orbita quasi circolare percorsa in 5,4 giorni. In questa posizione, nettamente più interna della fascia di abitabilità, il pianeta gode di una temperatura torrida, non inferiore a quella di Mercurio: diciamo almeno 150-200°C (quindi è da escludere qualunque abitabilità). C’erano però alcune irregolarità nella forma della sinusoide rappresentativa delle oscillazioni di velocità radiale indotte da Gliese 581b sulla sua stella.
Il primo dei nuovi pianeti, denominato Gliese 581d, è piuttosto ‘normale’: ha una massa di 8 volte quella della Terra e presenta un’orbita piuttosto eccentrica percorsa in 84 giorni ad una distanza media di 37,5 milioni di km. Trovandosi al di fuori della fascia di abitabilità, si tratta di un oggetto gelido con una temperatura forse non dissimile da quella di Marte. Ben più interessante il secondo pianeta (Gliese 581c): esso ha infatti una massa minima di 5 masse terrestri (ovvero un diametro di 1,5 volte quello terrestre nell’ipotesi che abbia una composizione rocciosa) e ruota attorno alla stella centrale in 13 giorni da una distanza media di circa 11 milioni di km, quindi ben all’interno della fascia di abitabilità. La massa e le dimensioni di Gliese 581c generano in superficie una gravità di 2,1 volte quella terrestre, quindi permettono l’esistenza di una buona atmosfera: a seconda che essa sia densa (albedo=0,64 come Venere) o meno densa (albedo=0,35 come la Terra) se ne deduce una temperatura superficiale che va da -3°C a 40°C, ovvero una temperatura media di 20°C. Questo significa che se esistesse acqua su quel pianeta, essa si conserverebbe indefinitamente in forma liquida, rendendo quell’ambiente particolarmente adatto alla nascita di qualche forma di vita. Anche perché la stabilità del sistema è assicurato dalla longevità (molto superiore a quella del Sole) della stella centrale.
Non bisogna comunque dimenticare un fatto: che per l’estrema vicinanza, la stella centrale esercita su Gliese 581b un’azione di marea almeno 400 volte superiore a quella del sistema Terra-Luna. Con l’inevitabile conseguenza di una sincronizzazione del periodo di rotazione e di rivoluzione. In altre parole Gliese 581c dovrebbe rivolgere sempre la stessa faccia alla sua stella, con effetti assai vistosi sulle sue condizioni climatiche superficiali. Si avrebbe infatti un emisfero perennemente illuminato e molto caldo e l’altro emisfero perennemente in ombra e molto freddo. Solo sul confine tra i due emisferi, ossia sul terminatore, le condizioni ambientali sarebbero sufficientemente sopportabili per albergare forme di vita. A meno che lo squilibrio termico tra i due emisferi non stimolasse una circolazione di venti impetuosi in grado di ripristinare periodicamente un certo equilibrio.
N.d.R. – Per coloro che non sono molto addentro nei problemi di astronomia e di biologia spaziale, non per smorzare gli entusiasmi assolutamente leciti degli astronomi, vorremmo precisare che il pensare di poter arrivare in tempi relativamente brevi su quel pianeta per verificare la presenza di forme vitali è al momento, e per centinaia di anni ancora, qualcosa di impensabile. Infatti un’astronave a fotoni – o qualcosa di simile non ancora disponibile ma solo ipotizzabile – che riuscisse a viaggiare a velocità non molto lontane da quella della luce impiegherebbe almeno 25 anni per arrivare e altrettanti per tornare. Un’impresa non da poco! Rimane comunque una scoperta interessantissima perché se il metodo di indagine messo a punto permetterà di scoprire molti altri sistemi stella con pianeti situati in zone CHZ tali sistemi potrebbero essere monitorati costantemente per tentare di captare segnali radio che potrebbero provenire da civiltà simili alla nostra o anche più avanzate. E questa sarebbe davvero una scoperta che rivoluzionerebbe il mondo della scienza... non ci vuole molta immaginazione per pensarlo! Roberto Filippini Fantoni Argomenti: #abitabile , #astronomia , #pianeta Leggi tutti gli articoli di Cesare Guaita (GAT/Planetario di Milano) (n° articoli 2) |
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