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Spiderman III


Di Daniela Losini

Entusiasti della salda mano registica di Sam Raimi, giungiamo al terzo episodio di Spiderman (alias Peter Parker/Tobey Maguire che da sempre sosteniamo esserne la perfetta incarnazione) tenendo conto delle promesse mantenute cui siamo abituati. Gran mestiere e capacità, controllo della sceneggiatura, cura dei dettagli, fantasiose incursioni nei generi (dall'horror alla commedia) sempre corredate di smagliante freschezza, inventiva e humour. Sin d'ora.

Il nostro amichevole Spiderman di quartiere è alle prese col sedimentoso e colossale Sandman/Flint Marko (il monoblocco Thomas Haden Church, ah quella maglietta in stile Freddy Kruger ecologico - ma è così abbigliato anche nel fumetto originale) qui trasformato all'occorrenza nell’opportuno grimaldello per scatenare l'aggressività di Spiderman e renderlo ospitale al parassita alieno simbionte. Tana per lui: adorabile, sublime antipatico tracotante sia nei panni – meglio, tuta – del nero alter ego di Spidey sia in quelli dentiferi di Eddie Brock/Topher Grace.

Appaiono: l’attore feticcio Bruce Campbell versione maitre, l’indimenticata vedova nera degli anni ottanta Theresa Russel (la moglie di Sandman), la garrula e marginale Gwen Stacy (Bryce Dallas Howard), Mary Jane (Kirsten Dunst) dotata di favella più petulante del solito e il livoroso amico Harry/James Franco. Rismaltato e vitaminizzato di rivalsa, svolazza a tutto spiano nei cieli di New York abbigliato stile ninja e col piglio che vorrebbe essere crudele ma risulta bonario.

Il nostro amichevole Sam Raimi from Hollywoodland, sdrucciola sul terreno della moralina del perdono facile che salva da ogni punizione/fisima, inciampando nella tagliola dell’eccesso. Alcuni passaggi sono scuse per cavarsi di torno l’impiccio della trama e non svolte plausibili (né tantomeno necessarie), solo lungaggini che fanno comodo al dilatarsi dei tempi. Citiamo per tutte l'improbabile proclama dell’altrettanto improbabile maggiordomo di casa Osborn che avalla la verità del buon Peter sulla morte di Green Goblin/Willem Dafoe.

La sensazione generale è di mancata coesione e compattezza. Prese come compartimenti a sé stanti, alcune scene sono spettacolari, grandiose, divertenti, ironiche: dalla drammatica sequenza della nascita dell'Uomo Sabbia, alla comparsa del venerabile Venom, dalla versione (migliorata?) di Peter senza l'ossessione di far la cosa giusta (con deriva estetica discutibilissima: la frangetta), sino agli scontri a corpo a corpo. Non ci barricheremo spulciando noiosissime pignolerie da maestrini, ma più cura all'insieme, una revisione al montaggio per ritmare il magma e meno caciara avrebbero spedito il terzo episodio lassù, dove piroetta l'emozione e stanno appollaiati sornioni i primi due capitoli. E di diritto, Venom.


GIUDIZIO GENERALE **
RITMO **
IMPEGNO **
COINVOLGIMENTO **
Legenda : * scadente ** sufficiente *** discreto **** buono ***** ottimo


Argomenti:   #cinema ,        #film ,        #recensione



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