|
|
Anno III n° 6 GIUGNO 2007 vol II° MISCELLANEA |
|
Il “roccolo”: una tradizione
Una struttura affinata nel tempo per l’uccellagione, ora usata solo per scopi scientifici
Di Giovanni Gelmini
|
|
La bergamasca è famosa per essere una terra di cacciatori e da questo viene il piatto tipico: “la polenta e oséi” piatto economico, disponibile anche per i più poveri, ma molto gustoso. Nella montagna la caccia è una tradizione consolidata, che corrisponde anche, generalmente, ad un attento uso delle risorse naturali, ed oggi più che mai sono i cacciatori che mantengono un controllo attento del territorio e segnalano alle autorità i problemi che sorgono e evitano spesso disastri che in altro modo non potrebbero essere affrontati in modo tempestivo. Nel tempo si sono affinate molte tecniche di caccia, senza l’uso di armi. Per la caccia agli uccelli migratori sicuramente la più raffinata è quella del “roccolo”. Cosa è il roccolo? È una struttura complessa composta da una “torre” e un “boschetto”. Il roccolo in genere è costruito su un declivio, in mezzo ad un prato, in posizione ben visibile dall’alto e che dia sicurezza agli uccelli. La “torre”, detta Casello, può essere in muratura o una semplice baracca sostenuta da pali ed è generalmente mascherata da rampicanti o piante, spesso sempreverdi. In questa struttura, la parte fondamentale per la caccia è la stanza in posta in cima alla costruzione da cui gli uccellatori controllano e operano l’azione di caccia, vedremo poi come si svolge. Nelle costruzioni in muratura nei piani inferiori vi sono vere e proprie stanze per l’alloggio e in genere anche un locale per cucinare. Il Casello è posto nella parte più elevata del roccolo e nella zona sottostante, a 10-15 metri di distanza, viene mantenuto “il boschetto”, in genere con una forma circolare di una trentina di metri di diametro. Importante e molto curato è un filare di alberi che lo delimita perché oltre questo vengono poste le reti che vengono a circondare il boschetto. Spesso questo filare è fatto con frassini che sono potati in modo da formare una serie continua di riquadri sovrapposti, quasi una rete a larghe maglie, che mimetizzano le reti per la cattura degli uccelli poste dietro di esse. Disegni di Luigi Angelini tatti da "Arte minore Bergamasca" ed. Artigrafiche Bergamo 1947 "Vi sono poi delle gabbie, un gabbione e una gabbia lunga, detta “corridora”, dove gli uccelli di richiamo si possono muovere liberamente. Queste vengono poste tra il Casello e il boschetto. Nelle gabbie vengono messi uccelli sani e ben pasciuti che fungono da richiamo, in bergamasco sono detti sambel ovvero zimbelli. Il meccanismo della caccia è semplice, anche se necessita di attenzione. Gli uccelli da richiamo, magari aiutati da suoni emessi con appositi zufoli dagli uccellatori, invitano gli stormi di uccelli migratori a fermarsi sulle chiome attraenti del boschetto e rifocillarsi con le bacche degli alberi, tra queste è usato spesso il famoso sorbo degli uccellatori. Il tutto è controllato dai cacciatori attraverso le feritoie della stanza posta in cima al casello. Al momento opportuno da una feritoia viene lanciato lo sboradur, in italiano spauracchio. Questo è un ramo (di castagno o robinia) piegato in tondo con un manico, il tutto legato con rafia e decorato con penne d’uccello. Il lancio avviene sopra le cime degli alberi e gli uccelli che sono su di essi vedono questo “oggetto volante” come un rapace in caccia, quindi si “riparano” verso il terreno infilandosi inesorabilmente nelle reti. © Riproduzione vietata, anche parziale, di tutto il materiale pubblicato |