"Il sindacato rischia di diventare espressione dei fannulloni", aveva detto Luca Cordero di Montezemolo, e quanto appare sulla discussione sullo scalone e sulla opposizione alla riforma degli enti previdenziali fa ben capire che la dura ed pittorica affermazione di Montezemolo è condivisibile al duecento per cento, cioè è addirittura stato gentile.
Che l’innalzamento quasi improvviso di tre anni per accedere alla pensione di anzianità non sia certo una casa gradevole per chi si trova in quegli anni è sicuramente un fatto vero (n.d.r le dice uno che sta ancora soffrendo per l’innalzamento dell’età pensionabile di vecchiaia fatto da Dini). Ma esistono ben altre situazioni gravi da sistemare nel trattamento pensionistico e comunque non si può pensare di ricorrere all’indebitamento pubblico per far fronte a queste necessità.
È perfettamente inutile che sindacalisti e demagoghi pretendano di sottrarre a gli altri cittadini risorse per farsi belli e contenti, loro.
Il sistema pensionistico deve essere messo in riequilibrio: questa è una esigenza primaria di tutti, anche se questo fa soffrire qualcuno.
Il problema della svalutazione strisciante delle pensioni è quello immediatamente successivo.
Oggi si devono riportare il più possibile al livello giusto le pensioni rivalutando le contribuzioni. Troppi pensionanti non sono più auto sufficienti e questo, aggiunto ai “dolori” della vecchiaia, può portare a emarginazioni e problemi psicologici gravi, con una ricaduta sul benessere sociale non da poco, oltre ad oneri per la comunità.
Vi è poi la “truffa” dei versamenti dei parasubordinati.
I parasubordinati per avere diritto alla pensione devono raggiungere i 60 mesi di versamenti, cosa non facile quando si tratta di lavori occasionali. Mi sapete dire dove vanno a finire i soldi, non pochi, di quelli che a 65 anni non hanno raggiunto il minimo per avere diritto alla famosa pensione del 6% annuo del versato? E così si può dire per i lavoratori dipendenti che non arrivano a venti anni.
Non vengono restituiti, ma “rubati” alle loro tasche dall’INPS che se ne appropria. Così questi tapini vanno a contribuire a titolo personale alla pensione di altri.
Ma di questa profonda ingiustizia i sindacanti se ne fregano, perché a loro, che hanno in mano le gestioni degli enti previdenziali, fa comodo.
Ma la cosa che più fa infuriare è che non si riescono a sapere i costi di questi enti. Provate a cercare nei vari siti ufficiali, non si trova minimamente quanto costa l’erogazione di 1€ di pensione, quanto costano le sedi, quanto i dirigenti, quanto la gestione degli uffici.
La proposta di razionalizzare il sistema riunendo in un unico ente tutti i vari enti, ha evidentemente trovato forti opposizione in tutti i presidenti, consiglieri di amministrazione e non, dirigenti, ecc... ma è una via giusta, da percorrere per mandare al diavolo la terna dei sindacalisti troppo implicati con loro interessi di lobby, che non coincidono con quelli dei lavoratori e dei pensionati.
I politici sono stati eletti dai cittadini, non dai sindacati. Va bene la concertazione, ma sono i cittadini che devono essere rispettati, non i sindacalisti o i capipopolo con qualche per cento di voti.
Per prima cosa da abolire sono le varie casse dell’INPS con i rispettivi presidenti e consigli di amministrazione; il trattamento pensionistico obbligatorio deve essere identico per tutti i cittadini italiani, non possiamo pensare di avere un trattamento per i dipendenti dell’industria diverso da quelli del commercio diverso ancora da quello degli artigiani.
Se poi una categoria vuole accedere a forme pensionistiche migliori le potrà fare, ma non possono essere considerate obbligatorie ed imposte dalla legge.
Ma fare questo o non è possibile perché si “perderebbero” le risorse per pagare le poltrone occupate da gente inutile ai cittadini, ma che parla tanto e sempre.
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