REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno III n° 7 LUGLIO 2007 vol II° TERZA PAGINA


Racconto di fantascienza
Il tempo degli Argonauti è morto
Di Serena Bertogliatti


La medaglietta cozza contro le grate della pavimentazione.
La navetta sibila stridente piegata dai colpi accusati; il sedile del pilota, vuoto, gira su se stesso di novanta gradi e si blocca.
Un’altra scossa, e la medaglietta cozza di nuovo, metallo contro metallo; il laccio che la tiene si tende sul collo di Nguyen, unghie piantate nelle giunture arrugginite, viso sollevato e occhi puntati alla console: miriadi di punti verdi lampeggiano sullo schermo.
Il tempo dei viaggi è finito.
Sono mezzi di pattuglia, decine di termiti che si riuniscono. Pod come insetti che si avventano su un residuo organico.
Il residuo organico è lui, Nguyen, Messaggero per le Gilde.
Il tempo degli Argonauti è morto.
Da tempo.


Prima di essere un messaggero, era stato un pilota.
Prima del pilota era venuto il traghettatore, prima ancora il prigioniero, che era una spia.
La spia era un ragazzo qualunque, pronto a mettere la sua vita su uno dei due piatti della bilancia. Sull’altro, l’Idea avrebbe dovuto fare da contrappeso, e mantenere il perfetto equilibrio.
Quel che Nguyen sa è che a un certo punto la bilancia era vuota, e lui era stato scaraventato via. Quale dei due piatti avesse ceduto non l’ha capito allora, né può capirlo oggi. Quando crolla qualcosa, e ci sei dentro, è difficile fare una stima obiettiva. Era decisamente troppo impegnato dai tentativi di salvarsi la pelle per poter analizzare freddamente in quale modo l’Idea lo avesse catapultato all’inferno.
L’Idea si chiamava “la guerra con cui le Gilde distruggeranno la tecnocrazia oppressiva”; l’Idea era che, finché sarà vivo, un essere umano cercherà di non farsi soppiantare dalle macchine e da chi vuole dare loro diritto di vita e di morte.
Un’idea tutto sommato vecchia, Nguyen ne era cosciente, ma ciò non gli aveva mai vietato di crederci. Tentarla. Fallire, essere imprigionato e tradire le Gilde in cambio della propria salvezza. Madre Macchina è clemente con i nemici. Farsi ridare un pod e fare l’unica cosa che sa fare veramente bene: pilotare. Madre Macchina perdona i nemici che divengono amici.
Non importava per chi.
Ciò che importava era rimanere saldamente ancorati a una speranza – effimera, forse, ma molto più tangibile di un’Idea.

I pod sono un cerchio rovente che si stringe su di lui, spire fagocitanti, corde di violino pronte a stritolare la navetta.
Sopra: il cielo. L’universo che accoglie Terra, primo e ultimo pianeta. Dicono che gli esseri umani siano nati su Terra, quando questa era una superficie e non un magma di nubi tra una base orbitante e l’altra.
Dicono che gli esseri umani, prima che venisse il tempo degli Argonaut, camminassero sulla roccia anziché fendere le nuvole. Dicono che una volta le nuvole fossero singole entità in continuo spostamento, e non un oceano impenetrabile a occhio nudo.
Dicono.
Sotto: il Grande Nulla.
Non c’è parola che sia stata spesa su ciò che si staglia al di sotto della navetta; il nulla non è mai accompagnato da descrizioni, semplicemente non è. Non ha origine, non ha morte, non ha direzioni.

Non è una direzione.

I pod sono esseri senzienti di un’unica alveare mente: è Madre Macchina la loro madre. Madre Macchina perdona i nemici che divengono amici. Nguyen l’ha servita per due anni – ora ne ha ventiquattro, di anni, e qualcosa gli dice che non gliene basterebbero altri ventiquattro per smaltire quelli vissuti – fedele come un samurai senza padrone da tradire, ha lavorato per lei senza mettere in dubbio i suoi ordini, le sue regole, le sua giustizia. A lei doveva la vita, quella che gli aveva risparmiato e quella, nuova, che gli aveva donato con una navetta. Domande semplici richiedono risposte semplici.
Vuoi vivere o morire?»)
La vita di Nguyen, in quel momento, senza ombra di dubbio, aveva risposto: «.» L’Idea, in Nguyen, in quel momento e senza ombra di dubbio aveva risposto: «Morire.» L’Idea era morta, e Nguyen era sopravvissuto divenendo un messaggero di Madre Macchina. Così docilmente l’aveva compiaciuta da convincerla, e convincersi, di non poterla tradire.
Un cane che impara a tradire il padrone è condannato a non avere più padroni.
Il cane è libero.
Il cane non sopporterà le bastonate per compiacervi.

Madre Macchina non aveva calcolato che l’essere umano, illogico, pur avendo imparato da un errore lo ripete. Con indicibile precisione e senza sbavature, ora.
La muraglia rovente che lo minaccia dallo schermo, ora, è progenie della Madre che Nguyen ha tradito con coscienza. Le ha voltato le spalle, oh Grande Macchina che curi il nostro destino, per tornare tra le file delle Gilde. Per l’Idea? No, l’Idea è morta anni fa. Per la Vita?
Nguyen flette le braccia per sollevarsi; il legaccio della medaglietta, rimasta incastrata nella grata, gli solca la nuca. Si tende, bloccandolo a terra; si spezza, quando Nguyen si solleva con uno strattone, e la medaglietta scivola in un interstizio della pavimentazione.
Piove, nell’abitacolo; gocce calde pungono la divisa di Nguyen, scivolano sul logo stelliforme delle Gilde, infittendosi. Il colpo deve aver incrinato i tubi dell’impianto di sussistenza vitale; una breccia si è aperta, la pressione preme, i bulloni saltano; la condensa si amalgama con il sudore freddo mentre Nguyen artiglia il sedile e lo rivolge verso la console, sedendosi.
Il canale delle comunicazioni è chiuso, una richiesta in attesa: Madre Macchina lo sta chiamando, Madre Macchina la Misericordiosa; Madre Macchina gli chiede di rispondere, spegnere i cannoni, seguire i pod e andare incontro al proprio destino. Verrà graziato, il traditore?
Un cane che impara a tradire il padrone è condannato a non avere più padroni. Verrà abbattuto, pubblicamente, per mostrare a cosa si va incontro tradendo la Madre? Gli sarà concessa una prigionia a vita, esistenza innocua con un guinzaglio corto? Nguyen impugna i comandi e se stesso, ed espira.

Sopra: l’Universo. Quello delle Gilde e di Madre Macchina, di realtà contrapposte come immagini ai due lati dello specchio; Nguyen ha visto entrambe, conosciuto entrambe, servito entrambe, tradito entrambe. Per entrambe si è condotto nelle pieghe dello spazio conosciuto, Argonauta sempre pronto a partire alla ricerca del Vello d’Oro.
Un Argonauta sa che ciò che conta non è la meta, né la direzione.
Il tempo degli Argonauti è morto.
Un Argonauta sa che ciò che conta è muoversi nel tempo.
Da tempo.
Anche se non esiste più direzione – o se quella che esiste non ha una rotta tracciabile.
Sopra, e tutt’attorno: i pod di Madre Macchina lanciano il loro ultimatum. Che si arrenda, il traditore, o diverrà parte delle nubi inorganiche di cui è fatta Terra.
Sotto: dove Nguyen deve andare.
Abbandonata l’Idea, ripudiata la Vita offerta da Madre Macchina, ora è veramente libero di scegliere.
Libero.
Spegne i cannoni e azzera i comandi. I pod abbassano le armi, le spire si stringono amichevoli. Toglie energia ai motori e va, inerte contro la forza di gravità, incontro al Grande Nulla.

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