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La decisione della Moratti: censura o attenzione alla spesa dei soldi pubblici?

La mostra “Arte e omosessualità”, mai inaugurata a Milano, è una perdita per la cultura?


Di Giovanni Gelmini

Vittorio Sgarbi è sicuramente un grande artista che crea, attraverso l’arte degli altri, sensazioni forti come oggi troppa gente richiede.
È esattamente quello che è successo alla mostra “Arte e omosessualità”, sottotitolata ‘Vade Retro’ che con grande clamore è stata annullata a Milano.

Censura? Mostra indecente?
Chi lo può sapere, per ora pochi hanno avuto modo di vedere cosa doveva esserci e farsi delle idee, ma anche vedendola credo sia difficile tagliare il tutto con un coltello, di qui il giusto e di là l’ingiusto.
Certo che quando si sentono parole come “censura” è facile sollevare gli scudi in difesa della libertà di espressione artistica. Mi metto certamente in prima fila a sostenere questa libertà, ma... essere liberi non vuol dire avere diritto di usare i soldi pubblici. Credo che questo sia il punto: quella mostra era a spese del Comune di Milano e chi paga ha ben ragione di preoccuparsi delle critiche che poi arrivano dai chi le tasse gli fornisce i soldi e magari si attende altri tipi di spesa.

Questa mostra, parlo int ermini generali perché non ho visto nessuna opera e quindi non è una valutazione dei contenuti, si presenta in modo non positivo perché viene proposta in un momento sbagliato, cioè dopo una serie di grandi discussioni politiche e confronti serrati, dopo una full immersion sulla trasgressione sessuale fatta per vari motivi dai mass- madia, senza che questa peraltro approfondisca le problematiche sociali legate al problema omosessualità, ma facendone solo una “esposizione d’arte”, una provocazione in definitiva. Sicuramente l’arte ha anche lo scopo di “provocare”, ma questo non è detto che sia necessariamente arte.
Forse era effettivamente in questo momento la mostra non era opportuna e questo può essere il motivo della richiesta di eliminare delle opere che potevano a creare problemi e critiche serrate da parte di chi ha diritto di criticare il modo di spendere i suoi soldi: i cittadini di Milano. Forse di questo non ne ha tenuto conto Sgarbi (o forse maliziosamente ne ha tenuto fin troppo conto).

Anche nel nostro piccolo, la responsabile della nostra terza pagina, qualche tempo fa, mi aveva proposto di pubblicare la presentazione di questa mostra ed io, senza assolutamente voler fare della censura, avevo ritenuto inopportuno insistere sull’argomento omosessualità di cui avevamo già parlato abbondantemente.

Non credo sia una gran perdita per la cultura, tanto la vedremo a Napoli dove, dopo il battage pubblicitario, farà sicuramente un grande successo di cassetta. Oggi, dopo il problema dell’immondizia, Napoli ha bisogno di un forte richiamo turistico e quindi ben venga il trasferimento di questa mostra nella città partenopea. Che sarà un successo di cassetta è ora un fatto garantito, pensate che su eBay possiamo già trovare il catalogo della mostra ritirato e censurato con un prezzo di partenza di partenza, 100 euro.

Resta il forte dubbio che tutta questa operazione di eccitazione comunicatoria sia stata proprio voluta.
L’arte non ha bisogno di gran cassa per il richiamo, l’arte vera si fa avanti con l’accettazione del pubblico, accettazione minuta e non di massa, ma Sgarbi è per la grancassa sempre e ovunque.

Argomenti:   #arte ,        #arte contemporanea ,        #omosessualità ,        #sgarbi



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