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 Anno III n° 8 AGOSTO 2007    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi



Tony Blair
Il più giovane Primo Ministro inglese; ha dato un nuovo volto alla sua patria, ma esce sconfitto per la scelta di appoggiare Bush in Iraq
Di Giacomo Nigro


Tony Blair è stato il più giovane primo ministro della storia inglese moderna, ma il suo mito appare irrimediabilmente incrinato e il giovane prodigio capace di portare i laburisti a una galvanizzante tripletta elettorale, passerà alla storia come un eroe disperato condividendo in qualche modo la sorte dell'altro più fortunato dioscuro della cosiddetta terza via, il passionale Bill Clinton. Entrambi leader progressisti che hanno oscurato l'eredità dei conservatori Ronald Reagan e Margaret Thatcher.

Clinton seppe creare milioni di posti di lavoro, instillò dinamismo nel continente americano con l'accordo commerciale Nafta e ancora oggi è rimpianto a calde lacrime dagli orfani democratici. Mentre Blair si ritrova il profilo opaco davanti alla storia, egli ha curato troppo l'immagine, finendo per apparire vacuo, i suoi sentimenti e ideali profondi, la religione, la cura per i non abbienti, l'amore per la libertà, sciupati da un atteggiamento finto da talk show televisivo.

Lo smacco più grave gli deriva però dall'adesione alla guerra in Iraq. È l'alleanza con Bush che costa a Blair la fine della simpatia mondiale, i fischi in Libano, il gelo in casa, dove le vignette lo ritraggono da maggiordomo alla Casa Bianca. E, come in una tragedia greca, il fato disfa l'eroe a causa della sua adesione alla guerra nonostante condividesse molte delle riserve degli europei contro l'unilateralismo USA.

Tony Blair ha volontariamente recitato un ruolo secondario e succube in una guerra da cui sarebbe sembrato naturale tenersi lontano. Eppure egli ha perseverato fino al punto di perdere rilievo internazionale e liquidare il suo forte prestigio in Europa a causa della difesa di un'impresa di cui non è autore, non è leader; ma ne condivide, più ancora dell'insuccesso, la falsa pista di motivazioni che ha contribuito a inventare.

Tony Blair è la vittima grande del più clamoroso errore militare e politico degli ultimi decenni. Ma vittima non è la parola giusta, perché è difficile vedere, da fuori, una sola ragione che possa avere indotto il leader inglese alla incredibile, umiliante sottomissione. L'uomo imprendibile e magico come un elfo, capace di incantare discorrendo di riforme che, in genere, hanno sminuito e impoverito l'Inghilterra, è diventato parte di un establishment - il governo di Bush – che, da ultimo, l'America ha cominciato a conoscere come una burocrazia molto potente, male informata e capace di profonde manipolazioni e riorganizzazioni dei fatti.

Passo per passo, Tony Blair ha visto la sua magia stingere nella ottusità della burocrazia di guerra a cui si era sottomesso. Esce lasciando l'Inghilterra non solo impoverita, ma anche secondaria rispetto al traino americano. È entrato in scena come un raro gigante, diceva la stampa inglese al suo esordio; esce da questa scena dopo essere invano invecchiato senza avere accumulato altro merito che una fedeltà mai spiegata alla leadership più discontinua e discussa del suo tempo. Esce, figura di secondo piano, protagonista di spalla di una brutta guerra in cui ha mentito senza un valido motivo.



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