La Russa ha “piantato” la sua bandiera sul suolo del Polo Nord.
Da tempo che non si sentivano notizie di questo tipo. Piantare la Bandiera ha sempre significato conquistare. Se la bandiera sventola su un lembo di terra indica che quella è sottoposta all’autorità indicata dallo stendardo.
Così è da secoli e noi siamo pervasi dall’immagine romantica dell’eroe che libera la sua terra piantando il tricolore.
Sicuramente tra questi eventi quello che ha cambiato la nostra storia è quello di Cristoforo Colombo che il mattino del 12 ottobre 1492, scese a terra dalla sua caravella e piantò la bandiera del re di Spagna su quella che lui era convinto fosse una parte avanzata dell'India.
Nel ‘900 le conquiste di nuove terre si ridussero e spesso il “piantare la bandiera” è ora solo un gesto simbolico che indica l’aver raggiunto la meta.
Amstrong nel luglio del 1969 ci ha tenuti tutti con gli occhi aperti attaccati al video per vederlo fare i primi passi sulla Luna e conficcare sul suolo lunare quella a “stelle e strisce”: la prima bandiera piantata fuori dal nostri pianeta (anche se molti dicono che sia una favola cinematografica).
Nei primi decenni del novecento al Polo Nord vennero lasciate molte bandiere, quando varie spedizioni si spinsero a studiare la calotta artica.
Da piccolo mi entusiasmai ai racconti della vicenda del dirigibile Italia e mi ricordo che prima del disastro, quando il dirigibile raggiunse il Polo alle 00:24 del 24 maggio 1928, Nobile fece lanciare una croce benedetta da Pio XI e una bandiera dell'Italia.
Nell’ottica degli ultimi avvenimenti, è interessante anche rammentare che Nel 1909 Robert Peary piantò la bandiera americana, cucita dalla moglie, al polo nord.
Sì, ma tutte queste bandiere erano state lasciate sulla superficie di ghiaccio, non sulla terra ferma.
Quello che invece è successo lo scorso giovedì 2 agosto è che la bandiera è stata posata “sulla terra”, ovviamente a 4300 metri sotto il livello del mare. Due mini sommergibili. il Mir-1 e il Mir 2, hanno raggiunto per la prima volta il fondale dell’Oceano Artico e, quando hanno rilevato la loro posizione esatta al Polo Nord, hanno ancorato al fondale un capsula al titanio contenente la bandiera russa: un segno preciso.
La spedizione ha sicuramente un grande contenuto di prospezione e studio scientifico dell’ambiente marino artico, ma sono forse più rilevanti i significati geopolitici.
Il fondale artico ha sicuramente giacimenti di petrolio, gas naturale e minerali di metalli pregiati come il nichel e quindi fa gola a molti, Russia, Stati Uniti, Norvegia e Danimarca vorrebbero disporre di diritti di sfruttamento di queste risorse.
Ora la spedizione russa riaccende la disputa sulla sovranità sull’Artico. Si pensa che la Russia, con questa spedizione, voglia dimostrare che il fondo dell’oceano è la prosecuzione geologica della piattaforma emersa su cui lei ha sovranità.
Oggi l’Artide, che non è un “continente emerso” e non appartiene a nessuno. Vi è solo una convenzione, firmata in ambito ONU nel 1982, sul diritto marittimo (Unclos), che prevede per i cinque Paesi, USA, Russia, Norvegia, Danimarca e Canada, una “zona economica esclusiva” entro 200 miglia nautiche dalla costa (circa 360 km). Però ogni Stato può chiedere l’estensione del limite territoriale se dimostra che la propria piattaforma continentale si estende oltre le 200 miglia marine, esattamente quello che sta cercando di dimostrare questa spedizione scientifica.
È interessante notare che per l’antartico la situazione è completamente diversa, ma è una terra emersa.
Nel 1959 venne firmato il “trattato di Washington” che ha reso l’Antartide internazionale, con un sistema di controllo su tutte le attività che vi vengono svolte.
Quel trattato prevede che nell’Antartide si possano svolgere solo attività di ricerca a scopo pacifico, sono vietate le azioni militari, esperimenti nucleari o il deposito di materiali radioattivi e inoltre ha sospeso qualunque rivendicazione di sovranità da parte dei vari Paesi che avevano avanzato tali pretese. A quel trattato sono seguiti altri accordi multilaterali quali: per le risorse marine (Canberra 1980), per la protezione ambientale (Madrid 1991) e per le risorse minerarie (Wellington 1988).
Come si può vedere la “conquista dei territori” non la si fa piantando bandiere in terra o in mare (per fortuna che è così perché magari qualche “ben pensate” italiano vorrebbe rivendicare l’italianità dei ghiacci), ma attraverso trattati internazionali che riconoscano i diritti vantati. Il gesto simbolico russo però segna il fatto che loro stanno operando, hanno raggiunto il fondo marino a una profondità eccezionale; questo non lascerà indifferenti gli altri pretendenti.
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