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Il mito della velocità Noi corriamo, per cosa? Dove andiamo? Il mito nasce forse un secolo fa col Futurismo, ma oggi è diventato una “necessità” comune Di Serena Bertogliatti
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La velocità è il nostro presente, la nostra conquista.
Dalla diretta televisiva senza scarto di tempo alla connessione ADSL che elimina ogni ritardo; l’umanità ha atteso per secoli che qualcosa avvenisse, ma noi non siamo fatti per attendere: la velocità corre per noi. O forse no? "Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità." Manifesto del movimento futurista, 1909, Italia – ricordiamoci che il futurismo, corrente artistica così tanto slanciata verso il domani, è nato nel nostro Paese. Non esistono periodi storici “lenti”, ma esiste il trovarsi a vivere in un Paese che – rispetto all’Europa – è importante più per il proprio passato che per il proprio presente. "Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie." prosegue il Manifesto, mostrando di voler tagliare nettamente i ponti con tutto ciò che è stato, a favore di ciò che sarà. Non esisteva la fantascienza, allora: H.G. Wells ci stava lavorando, Asimov e le sue tre leggi della robotica dovevano ancora nascere. C’era forse già nel sentimento collettivo l’esigenza di proiettarsi in un luogo in cui tutto potesse essere migliore; il positivismo aveva piantato i propri semi da abbastanza tempo, e ora la pianta cresceva, rigogliosa, fiduciosa nell’apporto che l’evoluzione tecnologica poteva portare all’umanità, ma priva di un muro a cui appigliarsi. "Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita." dice ancora il Manifesto, anelando disperatamente una frenesia che – oggi – non avremmo più bisogno di richiamare a gran voce. A novantotto anni dal Manifesto Futurista pare che il disagio più rappresentativo della tecnologicizzata, evoluta e civile fetta di mondo, sia lo stress. Non è epidemico, né endemico, ma è costante. Non è mortale sulle brevi distanze, ma può far vivere una lunga vita in cui si è sempre in ritardo. Noi siamo il mito della velocità, bianconigli sempre in movimento e mai in dirittura di arrivo. La tecnologia, la moderna scienza, le libertà costituzionali e tante altre conquiste con cui contraddistinguiamo il nostro tempo sembrano averci, in effetti, portato a essere ancor più vicini ai sogni dei nostri antenati, con la piccola postilla per cui siamo sempre a un passo dall’obiettivo. Passi lunghi quanto l’upgrade di un programma, l’uscita di un nuovo modello di cellulare, una connessione ADSL ancor più veloce. Non c’è il tempo di comprare un laptop che già i depliant, che vengono infilati nel sacchetto dell’acquisto, reclamizzano la versione successiva. Esiste sempre un “di più”, proiettato in uno spazio-tempo proibito, e per ciò prezioso. Le automobili vantano velocità massime da Formula Uno, mentre le strade percorribili vengono tracciate da autovelox: la salata multa, né il ritiro della patente, sono bastanti a far demordere il mito della velocità. Se possibile, anzi, lo esaltano, rendendolo ancor più proibito e perciò prerogativa di pochi fortunati. Il Mondo Ideale, dipinto dalle pubblicità, ci vuole frenetici come una nottata in discoteca, liberi da ogni freno che possa rallentarci. “Chi non sa correre rimane indietro”, dice la morale, e i messaggi promozionali ci domandano: perché mai dovresti passare ore della tua giornata pulendo il pavimento? Usa i nostri prodotti, e le tue domeniche non saranno più spese sulle piastrelle del bagno! Il tempo è scandito da caffè e sigarette: il tempo di un sorso, il tempo di accenderne una – e non importa che per ciò ci troveremo a correre, poiché noi abbiamo fregato Mister Tempo rubandogli cinque preziosi minuti. Altri quindici li recuperiamo ordinando cucina d’asporto anziché metterci ai fornelli, e, se proprio ciò dovesse accadere, possiamo sempre velocizzare la cottura: tre minuti in microonde, ed ecco che la cena è pronta; nessun piatto da lavare, e un’altra vaschetta di plastica nell’immondizia. Ore e ore della giornata “salvate” dai prodigi della tecnologia: l’automobile, cara ai Futuristi, la lavatrice, che sciacqui il bucato per noi; SMS per le comunicazioni ordinarie, tra cui possono rientrare anche “ti amo” o “non voglio mai più vederti”. L’era del “tempo libero” ci ha lasciati senza tempo libero. Corriamo, ma la meta ci precede sempre. Divoriamo i passi compiuti, ma non vogliamo invecchiare. Nell’era della Globalizzazione, in cui Pechino è dietro l’angolo, tutti hanno il diritto di avere tutto; tutti hanno il dovere di avere tutto, anche se ciò significa smettere di respirare. «La meta è il cammino», dice un detto fin troppo famoso. Il cammino, non la corsa stremante. Argomenti: #cultura , #futurismo , #mito , #società , #velocità Leggi tutti gli articoli di Serena Bertogliatti (n° articoli 43) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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