Fredda notte sulla laguna. I palazzi dalle fondamenta bagnate avvolte in una nebbia densa, dal sapore amaro.
Alberto stava fermo, in piedi, stretto nella sua divisa consunta dalle notti passate accovacciato nelle trincee. Era in libera uscita dopo anni e non gli sembrava quasi possibile di trovarsi nella sua amata Venezia. Le luci che filtravano timide dalle imposte chiuse non riuscivano a fendere la coltre nebbiosa. Era buio e silenzioso, solo il fluire delle acque gli faceva compagnia e il canto lontano di un gondoliere.
Era strano che una gondola navigasse a quell'ora di notte per il Canal Grande, con il freddo e la desolazione... ma anni di guerra gli avevano mostrato spesso il lato insolito della vita, come quello crudele e spietato.
L'uomo cantava con voce incredibilmente intonata l'inno ad un amore e questo gli mise tristezza. Anche lui aveva avuto un amore che si era perduto nel tempo.
-... sventoeava i so cavei e faseva che dai veei sconto el sen non fusse più... contemplando fisso, fisso e fatesse del mio ben, cuel viseto cussì slisso chea boca e che bel sen, me sentiva dentro el pèto, una smania, un smissiamento, una specie de contento che non so come spiegar..."
-Qui, per favore!- gridò al gondoliere, il quale si fermò presso di lui, che batteva i piedi coperti dai vecchi anfibi.
-Un giovane soldato in licenza?- chiese sorridendo.
-Sì- confermò Alberto muovendosi per salire sulla gondola.
-Eh, no! Prima butta 1 lira sul fondo della barca!
-Che bizzaria è questa?- gli chiese il ragazzo.
-Prima si paga per salire sulla gondola del Toni, detto...
-Va bene!- lo interruppe il soldato spazientito. Guardò l'imbarcazione, era vecchia e portava due lumi accesi, attaccati a delle aste, che rischiaravano quel tanto che serviva per una navigazione sicura.
Gettò le 1 lira sul fondo della gondola e salì.
-Dove ti porto?
-Vorrei un po' di compagnia...
-Ho capito- sorrise malizioso e s'avviò.
Continuava a cantare con una voce incredibilmente melodica. Il soldato guardava la sua Venezia dall'acqua e lo spettacolo era unico al mondo. Sorrise. L'aveva sognato ogni notte e adesso, finalmente, era lì. Il freddo gli tagliava il volto e le mani gli si erano arrossate, quasi non riusciva a muoverle per il dolore... eppure era felice come mai.
Qualche minuto dopo imboccarono un canaletto secondario e lo strano gondoliere si fermò presso l'uscio di un palazzo, i cui gradini davano direttamente sull'acqua.
-Qui vive Andreina, la più bella tosa di Venessia- gli disse.
-Grazie
-La porta è sempre aperta.
Agilmente il giovane superò i quattro gradini ed entrò nel palazzo. L'androne era scuro, illuminato malamente da un lumino affisso al muro e molto umido, puzzava terribilmente di muffa. Dovette trattenere il fiato mentre risaliva i gradini che conducevano direttamente al primo piano, dove l'aria si presentò più respirabile. C'erano solo due porte che davano sul pianerottolo, una era sigillata con due assi e l'altra era verde, con un battacchio a testa di leone. Bussò. Nessuna risposta. Bussò ancora e stavolta gli aprirono. La porta cigolava per i vecchi mari arrugginiti.
Dentro l'aria era pulita e odorava di varechina.
Una donna secca e ricurva lo accolse con un sorriso sdentato.
-Chi cerchi, ragazzo?
-L' Andreina.
La vecchia annuì e gli fece segno di seguirla. Lo introdusse in un salottino dai mobili in stile settecento, molto antichi e all'apparenza preziosi.
-La chiamo.
-Grazie.
Alberto studiò l'ambiente. Un grammofono faceva bella figura sul tavolo a tre piedi coperto da una vecchia tovaglia tricot avorio. Un servizio da tè sdentato stava sulla credenza, l'oro zecchino delle sue decorazioni brillavano sotto la luce della lampada posata sul comodino accanto. Un canapè molto elegante troneggiava al centro della stanza. Su tutte le pareti erano affisse vecchi ritratti fotografici in bianco e nero e dai contorni sfocati. Questo lo inquietò un poco, sembravano immagini cimiteriali. Molte piante ossigenavano l'aria e la carta da parati a fiori dava la sensazione di trovarsi più immersi in un giardino che nel salotto di un fatiscente palazzo veneziano.
Qualcuno si schiarì la voce alle sue spalle e lui si voltò.
Una bella ragazza gli stava di fronte, alta, slanciata, dalla pelle chiarissima e i capelli biondi raccolti in un nodo. Le sue labbra erano rosa e gli occhi neri come la notte. Indossava una veste da camera di seta color crema, con ampie manche bordate di merletto cantù e una fascia legata alla vita che ne risaltava la sottigliezza.
Era bella. Qualsiasi altro aggettivo sarebbe stato superfluo.
-Hai chiesto di me?- gli chiese con una voce discreta.
-Sei Andreina?
Lei annuì, quasi con imbarazzo.
A vederla così, mai avrebbe pensato potesse essere una ragazza... di piacere.
Andreina si accomodò sul canapè e gli sorrise, facendo un cenno elegante con la mano al posto vuoto accanto.
Un po' intimidito, non era mai stato disinvolto con le ragazze, il soldato la raggiunse.
-Sei da molto tempo in guerra?
-Sì.
-Sei di Venezia?
-Sì.
-Hai famiglia?
-Solo una madre anziana.
Con naturalezza cominciò a parlarle della sua casa vicino al Campo San Tomà. Dell'università che aveva dovuto lasciare per combattere una guerra in cui non aveva mai creduto, della differenza tra l'Etiopia e Venezia e il dolore di stare tanti anni lontano. Parlare con lei era liberatorio. Era una ragazza dolce, non commentava, non sorrideva con smorfie di circostanza... non una parola di più, solo il contatto caldo del suo palmo sul dorso della mano provata da privazioni e combattimenti. Alberto avrebbe voluto chiederle come una persona come lei fosse finita a fare la "vita", ma si trattenne, non voleva offenderla o mancarle di rispetto dopo che lei si era mostrata tanto comprensiva e intelligente...
Le dita sottili di Andreina sfiorarono le labbra screpolate del giovane, poi le guance coperte da una lieve peluria e gli occhi segnati anzitempo. Sorrise e poi la sua bocca tiepida si posò su quella tremante di lui. Un bacio dolce. Poi un bacio esplorativo. Infine un bacio esigente.
Con la mente lieve e sgombra di pensieri, conscia solo dei loro due giovani corpi, si lasciò guidare nella camera da letto che profumava di vaniglia e cannella.
La divisa si accasciò sul pavimento. La seta scivolò ai piedi del letto.
-Andreina... è questo il Paradiso?- le chiese molte ore dopo.
-Sì.
Alberto si stringeva a lei, con il viso affondato tra i lunghi capelli, sul petto che generosamente gli si era offerto.
-Sei un angelo?.
-Sì.
Alberto rise e la baciò di nuovo, con gentilezza, sulle guance, poi sulle palpebre e sulle labbra.
-Tornerò, sai? Tornerò - sussurrò perdendosi in quei grandi occhi scuri.
Lei sorrise con triste consapevolezza.
-Non lo farai - disse con un tono che non ammetteva repliche -Ma non ti dimenticherò mai...
Alberto aprì bocca per replicare, ma qualcosa nel suo sguardo lo fece desistere. Lei aveva ragione.
All'alba uscì dalla casa dell'angelo e trovò fuori lo stesso strano gondoliere che lo aspettava.
Alberto lo guardò stupito.
-1 lira per salire sulla gondola del Toni... detto Caronte.
Il soldato ubbidì, e con la pace nel cuore salì sull'imbarcazione, che sparì nella nebbia accompagnata dalla voce melodica del gondoliere, che cantava l'inno al suo amor perduto.
La vecchia spolverò le cornici appese alle pareti. Si soffermò su quella di Alberto e sorrise. Era anche più bello tra i fiori della carta da parati.
"Spiacenti comunicare la scomparsa del soldato Marangon Alberto. Valorosamente caduto sul campo di battaglia di Addis Abeba l'11 Aprile 1939.
Col cuore vicino alla famiglia."
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