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I disastri della scuola in mezzo secolo di riforme

Fioroni e la scuola: un’utopia?


Di Giovanni Gelmini

Leggiamo nel comunicato stampa:Il Vice Ministro alla Pubblica istruzione Mariangela Bastico esprime grande soddisfazione per l'entrata in vigore del regolamento sull'obbligo di istruzione a 16 anni.
"Si tratta - dice il Vice Ministro - del più grande investimento, formativo e culturale, per elevare i livelli di istruzione dei giovani, dopo quello realizzato nel 1962 con l'introduzione della scuola media unica... "

Il Vice Ministro fa bene a ricordare la riforma Bosco del 1961-1962: infatti i provvedimenti presi hanno le stesse caratteristiche di quelli presi allora dal “Ministro Riformatore” (in quel momento per le strade si cantava “dopo i buoi anche la scuola rifrormar tu vuoi” durante il primo sciopero studentesco che nella storia italiana ha bloccato l’attività scolastica per molti giorni).

Entrambi i provvedimenti sono presi troppo tardi: questo a pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico e quello del ’61 addirittura a scuola iniziata, ma non è solo questa mancanza di tempestività a rendere simili i provvedimenti. Il fatto più grave è che in entrambi non si tiene conto delle risorse disponibili.

Non parlo delle risorse monetarie, che forse, se fossero meno sprecate in “attività” inutili, potrebbero essere sufficienti, ma delle risorse umane che sono il vero handicap della nostra scuola. Entrambe le riforme toccano argomenti giusti e da condividere, ma l’esempio di quanto sia negativo non tener conto dello stato di indigenza della “classe insegnante” ci arriva proprio dalla riforma Bosco.

La creazione della “Media unica” (allora c’era la Scuola Media per chi voleva proseguire gli studi alle superiori e le scuole professionali di avviamento al lavoro per chi voleva apprendere un mestiere) ha generato una gravissima carenza di insegnanti e, per coprire tutte le cattedre nuove; si è dovuto così ricorrere in modo massiccio a studenti universitari, assolutamente impreparati, introducendo così i famigerati “precari a vita”: una massa che ha dequalificato il metodo di insegnamento e ha dato il via al degrado della scuola; loro malgrado, perché nessuno si è preoccupato di dare loro la formazione necessaria. Ne sono usciti dei mostri culturali: convinti di essere i detentori del sapere, come lo erano i loro predecessori, ma invece nella maggior parte dei casi erano solo dei pozzi di ignoranza, con la conseguente arroganza che l’accompagna. Da lì nasce culturalmente la “generazione del’68” e questa, entrata successivamente nella docenza della scuola, ne ha generato il definitivo deterioramento.

Questo è a tutt’oggi il punto più dolente della Scuola Italiana: l’arroganza e l’ignoranza della classe docente.

Non tutti sono così ovviamente, ma è quella massa che produce quello che è il vero assenteismo: l’assenza della voglia di verificarsi, di migliorare continuamente, di porsi sempre in gioco e quindi dare il meglio di sé in quello che è il maggior tempo della propria vita: il lavoro.

Ecco che gli insegnanti rifiutano sistematicamente le critiche, ritengono il “prossimo” ignorante e incapace, solo loro “sanno”. Sanno cosa? Sanno inalberarsi quando qualcuno mette in dubbio il diritto al loro feudo: la cattedra. Quella l’hanno conquistata con il sacrificio di 4 o 5 anni di università e anni di precariato: guai a chi gliela tocca, “è un loro diritto costituzionale”, ma, di conseguenza, il diritto degli studenti a ricevere un insegnamento adeguato non esiste.

Certo ci sono anche gli assenteisti veri, i veri fannulloni, ma è anche vero che questi non sono la maggioranza ed è assolutamente opportuno rimuoverli dall’insegnamento. Mi piace ricordare che tra questi, ci sono si persone ammalate che non sono più in grado di insegnare, e qualche opportunista, ma ci sono anche tanti politici che occupano i posti “di lavoro” senza essere mai presenti.

Fioroni segnala la necessità di non disperdere il sapere in rivoli e di, invece, metterne in rilevo l’unitarietà ed i collegamenti tra le varie materie, ma gli insegnanti sono capaci di collaborare fra di loro? Sono capaci di modificare il modo di educare? Credo che la maggior parte di chi ha avuto a che fare con la classe insegnate dica di NO!

È necessario riportare la scuola agli insegnamenti di base tra cui il primo è quello di “capire e farsi capire”; giusto quindi mettere in primo piano Italiano e Matematica, ma dove sono ora i docenti che sanno insegnare? Si sono persi! Si sono abituati al sistema dei quiz e delle prove scritte anche dove non dovrebbero esserci, non sanno interrogare, valutare e aiutare i giovani a imparare il metodo di studio. Il sistema dello “scritto” porta a studiare a memoria degli slogan, delle frasi fatte e a fare i furbi per organizzarsi per le “copiature”; tutti quelli che sono stati studenti lo sanno bene.

Ministro Fioroni, come pensa di rinnovare allora la classe docente? Solo se sa dare una risposta a questa domanda la sua idea di scuola diverrà una realtà positiva, ma per fare questo non dovrà ascoltare critiche e consigli dei rappresentanti di quella grande lobby degli insegnanti.
Non posso che augurarLe un sincero Buona Fortuna e sperare che abbia tempo e coraggio per mettere mano a questo dannosissimo pantano.

Argomenti:   #fioroni ,        #riforma ,        #scuola



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