Tutta l’attività del bambino è un gioco che ha un valore pedagogico e psicologico enorme. Perché attraverso il gioco si sviluppano la mente e il corpo: dal momento della nascita, dove lo sviluppo mentale è legato quasi esclusivamente al movimento degli arti e agli stimoli sensori, per culminare nell’attività motoria organizzata in ambito scolastico. Soprattutto nelle prime fasce d’età quando deve sviluppare la fantasia attraverso la psicomotricità.
Ogni gioco aiuta a maturare fisicamente, intellettualmente, motoriamente e sul piano sociale con prevalenza di una delle peculiarità a seconda del tipo di gioco e in base all’età del soggetto.
Se nei primi anni di vita l’attività ludica deve essere spontanea e il bambino deve essere lasciato libero di giocare, seguendo i propri istinti, con il passare del tempo il gioco assume una valenza educativa. Per cui l’adulto deve limitarsi a suggerire i vari modi di realizzare il fine del gioco, pur lasciando il bambino libero di scegliere.
Con l’avvento dei giochi collettivi l’adulto deve anche suggerire la strategia, aiutando il bambino a trovare le soluzioni più idonee attraverso numerosi e differenti tentativi.
Dopo tali premesse generali che sono comuni a tutti i giochi infantili (e non solo), va senz’altro detto che la differenziazione delle attività ludiche si manifesta attraverso l’età cronologica, ma soprattutto fisiologica. Infatti ogni bambino segue uno sviluppo personalizzato che non necessariamente viaggia in modo parallelo in tutte le sue potenzialità: fisica, emotiva, motoria, intellettuale, sociale.
Il loro sviluppo appare assai complesso essendo legato al DNA, all’ambiente in cui cresce (più o meno stimolante), alle esperienze portate avanti, al comportamento dei genitori e degli insegnanti che lo hanno seguito. Quindi il gioco deve essere adattato al soggetto e non viceversa. E non vi sono limitazioni ai tipi di giochi. Persino quelli al computer e alla play station andrebbero bene se non avessero un grave handicap: la sedentarietà che favorisce il soprappeso o l’obesità in bambini già costretti a stare sui banchi di scuola per troppe ore.
Per ciò che concerne i giochi di tipo motorio i recentissimi studi in questo campo hanno evidenziato l’importanza dell’attività motoria: non solo per sviluppare le aree notorie del cervello, ma per incrementare anche lo sviluppo delle aree limitrofe e dei nervi. Ciò è legato al progressivo allungamento dei dendriti che vanno a generare un numero progressivo di sinapsi tra i vari neuroni costretti ad attivarsi, ma anche alla migliore ossigenazione del cervello generata dal potenziamento della circolazione sanguigna dovuta all’attività motoria sistematica.
Ecco perché l’educazione motoria deve viaggiare di pari passo con quella mentale.
Nell’arco dello sviluppo del bambino i giochi di movimento dovranno essere sempre variati, tenendo ben presente il valore formativo dei giochi: perseguire sia finalità psico-motorie, che socio culturali.
Sin dai primi anni dovrà essere sviluppata la lealtà e controllata l’aggressività attraverso il rispetto delle regole, l’autocontrollo e l’eliminazione dell’antagonismo; dovrà essere migliorato il senso di collaborazione, sviluppata l’attenzione (assai limitata nei più piccini) e la reattività agli stimoli esterni.
Dal punto di vista prettamente motorio, inizialmente i giochi dovranno favorire la conoscenza del proprio corpo per poi passare allo sviluppo della coordinazione oculo-manuale, a migliorare l’agilità e la destrezza, a realizzare la lateralizzazione.
Più avanti dovranno prevedere lo sviluppo di schemi motori sempre più complessi attraverso il potenziamento della percezione spazio-tempo, il miglioramento della coordinazione dinamica generale, il senso di orientamento e di equilibrio.
I giochi a matrice sportiva quali il minibasket, il minivolley, i giochi acquatici contribuiscono, più di altri, allo sviluppo delle numerose potenzialità sopra descritte.
Ciò che più importa è il fatto che l’educatore abbia ben presenti gli obiettivi da raggiungere attraverso una metodologia didattica che tenga conto dell’accrescimento fisico e neuro-endocrino.
Soprattutto, non consideri i suoi allievi alla stregua di “atleti in formato ridotto”.
Infatti l’obiettivo principe è quello di divertire. Se un bambino non si diverte quando gioca non riceve stimoli sufficienti a sviluppare le sue qualità e non potrà raggiungere i prerequisiti richiesti per accedere allo sport vero e proprio negli anni successivi. Del resto l’unica motivazione che muove il bambino ad impegnarsi nell’attività motoria durante l’infanzia è il divertimento.
Che pena mi fanno quei bambini lasciati quasi sempre in panchina durante le partitelle tra coetanei per far posto ai loro compagni momentaneamente più “svegli”!
L’altro errore che limita lo sviluppo motorio dei bambini italiani è la mancanza di polisportività di base che ha rilevanza nello sviluppo motorio e mentale. Più i gesti sono diversificati e spaziano in discipline sempre nuove, maggiore sarà lo sviluppo psico motorio e, al raggiungimento della maturità, sarà possibile attuare un vero e proprio salto di qualità nella disciplina sportiva che verrà scelta in modo definitivo.
Esattamente il contrario della situazione italiana dove è sempre più diffusa la specializzazione precoce che, oltre a non consentire salti di qualità in proiezione futura nei soggetti maggiormente predisposti, causa danni irreversibili già dalla tenera età.
Continuate a giocare, bambini! E fatelo per più tempo possibile, cambiando il più possibile i vostri giochi: da quelli ludici a quelli pre-sportivi!
Sarete più intelligenti, più sani, più longevi, più tolleranti. Buon divertimento!
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