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 Anno III n° 12 DICEMBRE 2007    -   TERZA PAGINA



La ragazza dell’albero di Natale

Di Adriana Di Mauro


Tutto quello che Maia aveva mai desiderato si poteva racchiudere in una sola parola: affetto.

Non era patetica e detestava essere commiserata per il fatto di essere cresciuta sola, senza genitori, persi, quando era bambina e allevata da un vecchio nonno morto troppo presto… in ogni modo era riuscita a diventare adulta senza eccessivi traumi, certo era venuta su un po’ stramba, certamente al di sopra le righe, ma questo la rendeva una creatura deliziosa, oltre che simpaticissima.

Sin da piccola adorava scrivere storie fantastiche ed illustrarle, tanto che questo era diventato il suo lavoro.
Il suo mondo era popolato di tanti animaletti giocosi, fatine, principi e principesse, streghe e anche orchi cattivi, ma i soggetti che più amava erano gli animali.
Era una trentenne con l’animo candido di una dodicenne. Tutto questo si rifletteva anche nella vita quotidiana.
Ultima arrivata nel palazzo, era la più benvoluta, l’unica che tenesse rapporti con tutti in perfetta armonia, sempre disponibile, generosa e simpatica.

Conosceva tutti, tutti tranne Sergio, anzi, nessuno lo conosceva nel condominio, nonostante vi abitasse da 5 anni, nessuno aveva la più pallida idea del lavoro che svolgesse, mai visto in compagnia di una donna, mai che avesse dato una festa… un uomo-ombra. Strisciava lungo le scale in silenzio, quasi a non voler essere notato, diventare invisibile.
L’esatto opposto di lei, rumorosa, calorosa, sempre pronta a dare una festa, ad aiutare gli altri a coinvolgerli in qualche singolare iniziativa, come quella di montare un albero di natale nell’androne del palazzo e di addobbarlo con qualsiasi cosa i condomini desiderassero.

La coppia del secondo piano aveva appena avuto dei gemelli e vi avevano appeso i ciucci e le prime scarpine per esempio. Un addobbo anomalo, ma quantomeno simpatico, ma, soprattutto, carico delle cose che avevano un’anima o una storia, che desse un significato d’amore al natale, oltre che ad uno commerciale. Come Clotilde, la vecchina dell’ultimo piano, ex ballerina classica, che vi aveva appeso le sue scarpe consumate da anni d’amore per il balletto.

L’albero di natale era bellissimo, e per tutti aveva un significato molto profondo, sicché il giorno dell’epifania, quando avrebbero dovuto smontarlo, Maia ebbe un’idea tipica delle sue: lasciarlo tutto l’anno.

Non era giusto togliere quello che per lei era un simbolo d’affetto e comunione tra tanta gente così diversa tra loro, così l’albero di natale divenne l’albero della befana, poi di primavera decorato con farfalle e con tutto quello che i condomini desideravano, in seguito di primavera con uova variopinte e coniglietti e pulcini… poi pian piano, l’albero era diventato anche dei desideri, ognuno vi lasciava un biglietto con sopra scritto quello che avrebbe voluto per sé e per i propri cari, in forma anonima, sia che si trattasse di desideri affettivi, sia che fossero materiali… un giorno si trovò un biglietto con sopra scritto: “Vorrei avere degli occhi nuovi”… ovviamente tutti sapevano di chi si trattasse, di Oscar, il signore cieco del pianterreno, beh, a turno i condomini da allora leggevano al vecchio maresciallo in pensione il giornale, o un libro o quello che lui desiderava.

C’erano state anche richieste più materiali, qualcuno aveva avuto bisogno di un frullatore, beh, l’indomani mattina eccolo lì!

Era straordinario come un albero di natale ecologico, un po’ di fantasia e solidarietà potessero creare tanta armonia tra dei perfetti sconosciuti.
Da allora Maia era conosciuta da tutti come “ La ragazza dell’albero di Natale”.



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