- Ciao Tati, come mai così contenta? Cosa stai guardando cosi attentamente?
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Guarda, sono cataloghi di giocattoli...
- ... E quello cos’è? Mi sembra un giocattolo enorme!
- Che bello! Sarei Impazzita se avessi ricevuto un regalo del genere! È una cucina vera e propria con tanto di "marca", la stessa di quella che produce le cucine vere.
- Emozionante sì, ma ti ricordi come si giocava con padelle e padellini? Sai che era uno dei miei giochi preferiti?
Si preparava la torta con la terra...
- ... Sì, usavo le foglie e le bacche per fare da mangiare...
- ... Si impastava con l’acqua, qualche volta la signora Elvira ci dava un poco di farina, allora si facevano piatti alla grande,
i fornelli erano disegnati su un gradino e il forno era una scatola di cartone...
- E poi si sgattaiolava in cucina e si prendeva qualche attrezzo della mamma, anche un piccolo coltello che diventava un utensile–tesoro per prelibate pietanze...
- ... Quando il pranzo era pronto si apparecchiava in tavola...
... Si facevano accomodare introno le bambole... e si chiacchierava, come a tavola avveniva in famiglia...
-
.... Ma mi sai dire se avevamo bisogno di un giocattolo così ingombrante e così costoso per giocare?
- Certo no!
La nostra fantasia era sufficiente, arrivava ovunque; il bello era inventare i piatti, con bacche nuove con colori nuovi. Far finta di cucinare ci permetteva il contatto con la natura, di esplorare il giardino e i prati circostanti alla ricerca di qualche ingrediente nuovo e curioso per arricchire le nostre pietanze magiche: non è forse una magia mescolare varie pozioni di acqua, terra e bacche rosse e creare a torte di cioccolata con canditi?
Poi c’era tutta la libertà di muoversi senza dover stare attenti a non sporcarci i vestiti, al massimo la mamma ti chiedeva dov’eri finito per esserti ridotto i vestiti così malamente e ti osserva incuriosita. Quindi, mentre ti aiutava a toglierti gli abiti per pulirli, accennava un sorriso ed ascoltava meravigliata le tue incredibile scoperte tra la natura e i prati a caccia. Ora invece mi sembra tutto già pronto, come in questa cucina, i cibi già ci sono con tutti gli ingredienti... tutti lindi e perfettamente di plastica!
- Tati, guarda qui che sogno! Uno spazio per giocare con i soldatini!
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- Caro Cricio, hai proprio ragione: sono dei “soldatini moderni”, sono dei mostriciattoli divisi in categorie a seconda dei quattro elementi: fuoco, terra, aria, acqua ed ognuno ha particolari poteri.
Nascono come
giocattolo da un fortunato cartoon che narra i loro combattimenti. Questi che vedi sono per così “dire” dei “fortini”: uno di fronte all’altro per poter combattere con catapulte e passaggi segreti !
- Ci fossero state queste cose ai miei tempi!
Noi dovevamo costruirci tutto con la carta, la colla ed il gesso. L’erba la si faceva con segatura colorata con “l’anilina verde”, la pietra con la pittura, poi si usava il muschio e rami di pungitopo che andavamo a cercare in vari posti.
I soldatini erano di gesso, e quando si rompevano venivano messi in “infermeria” dove con colla e tanta pazienza si riparavano.
- Anch’io mi ricordo, io mi ricordo che giocavo con i miei amici delle elementari, ma erano semplici pezzetti di plastica verdi uguali se non nelle forme; li trovavamo all’interno di sacchetti di plastica trasparente, cose che costavano poco. Questi pezzi di plastica riproducevano le tende, carrarmati, aerei, camion.
Ciò che differenziava quel pezzi di plastica era la nostra fantasia; trovavamo luoghi adatti, sassi, e le catapulte fatte con pezzi di legno e un sassolino sotto un po’ piatto. Incredibili le ore trascorse a giocare; passavano sempre troppo in fretta, così mancava sempre un po' di tempo per concludere qualche avvincente battaglia.
Lo stesso era per le bambole, le prime Barbie, che non avevano poi tanti accessori come ora.
Il bello era proprio inventare i vestiti e gli accessori con la fantasia. Si utilizzavano fazzoletti, pezzi di stoffa avanzati per fare nuovi vestiti, un recipiente di plastica pieno d’acqua diventava la piscina e una poltrona grande l’appartamento. La cosa che ci avvinceva era creare delle storie da far vivere alle nostre Barbie o viverle direttamente noi con bambolotti come figli. Tutte trame degne di una sceneggiatura di qualche telefilm americano, ma, come ti dicevo prima, mi divertivo anche con i soldatini, gioco da maschietti, purché in compagnia di amici.
- Si giocava in casa, ma anche in giardino. Ricordo che a Torre de Busi, dove vivevo d’estate in una casa da favola, mi piaceva giocare con i soldatini nella parte del giardino roccioso. Li facevo arrampicare sulla roccia e preparavo per loro postazioni militari nella piccole nicchie dei ciclamini, oppure li facevo nascondere tra i capelvenere; era comunque un gioco che facevo essenzialmente da solo; solo con la mia fantasia.
- Anche oggi si trovano soldatini, anzi tutte le forze armati del globo terreste! Soldatini colorati, veicoli super accessoriati con luci e suoni, tutto è perfettamente riprodotto anche nelle divise che indossano questi omini, ma chissà perché, dopo neanche 20 minuti, i bambini si stancano e abbandonano il tutto.
Forse il meglio di quei tempi era proprio che ci si doveva costruire tutto da soli, aguzzando l’ingegno su come creare ciò che si aveva in mente.
- Cricio, guarda qui che razza di motoretta super accessoriata: frecce, clacson e quanto d’altro si possa desiderare; sembra una motoretta vera e propria...
- ... Fammi vedere, ma che bolide!
- ... Certo che il bambino qui si diverte ad emulare l’adulto ed impara solo a girare una manovella e spingere con il piede un pedale...
- ... Sul viso del bambino però c’è stampato un bel punto di domanda, non mi sembra particolarmente felice!
- Non so alla fine quanto possa essere divertente giocare con queste moto o con le macchinine sempre più realistiche e simili a quelle dei genitori. Tra l’altro alcune costano tantissimo e sono anche piuttosto complicate da usare tra marce, retromarcia, stereo... Sembra quasi che occorra un corso di guida. E poi alla fine dove possono corre con queste macchine o moto: in piccoli spazi o giardini angusti?
Ti ricordi tu quando hai imparato ad andare in bicicletta?
- Quanto tempo fa... era una biciclettina nera di ferro pesante, nel giardino della casa, su quello che in tempo di guerra era stato usata come “gioco delle bocce”: una lunga striscia di terra a fianco della casa.
Trepidante tenevo il manubrio, Anna, una ragazza più grande, teneva la bicicletta per il sellino per non farmi cadere e pronti... via a pedalare, sempre più veloce, mentre gridavo: “Non lasciarmi”. Ma la voce di Anna alle spalle disse “Ma stai già andando da solo!”. Ecco, da quel momento via con gli altri ragazzi a girare in bicicletta nel giardino.
- Anche ora ci sono le biciclette, sono ispirate a qualche personaggio dei cartoon. Sembra quasi che i genitori abbiano paura che i propri figli le rovinino tanto sono belle: non le lasciano quasi usare e non hanno mai tempo per fare qualche facile gita in bici coi propri figli.
Mi ricordo che ho iniziato ad interessarmi alla bici "vera", da grandi, all’incirca ai 6 anni: una bici tutta rossa; i primi giri fatti con le rotelle, poi quelle mi furono tolte, ma non riuscivo proprio a mantenere l’equilibrio e mia madre mi incitava ad imparare, ma quante cadute e sbucciature di ginocchia.
Alla fine non volevo che nessuno mi vedesse cadere di nuovo e così in gran segreto l’estate successiva decisi coraggiosamente di prendere la bici di mia madre, grande, molto più grande di me anche se ero già abbastanza alta per la mia età. Ho imparato su quella bici, pensa: non arrivavo neanche ai pedali e per pedalare dovevo rimanere in piedi e così anche per frenare, non potevo mai sedermi sulla sella. Ma da lì in poi la bici è diventata la mia compagna di avventure.
- Sì, la bicicletta, e prima il triciclo, sono stati i cavalli di battaglia di tantissime avventure.
- Forse oggi i bambini non vogliono più andare in bicicletta, né tanto meno di pedale per il gusto di farlo e far fatica. Si dà la colpa alle strade, sono diventate pericolose...
- Ed è vero!
- ... Ma anche i genitori non hanno più il tempo di portare i loro figli in giro per le piste ciclabili, che ci sono oggi e allora non c'erano, al massimo portano fuori il cane alle otto di sera per far pipì.
Mi ricordo che dopo essere uscita "ufficialmente" le prime volte con mia madre, poi, con la mia bici rosso fiammante, ho iniziato a "scappare". D’estate scappavo; prendevo la bici, percorrevo qualche stradina tra i campi dietro a casa mia e raggiungevo la casa del mio migliore amico e, da lì, ci spostavamo in qualche altro luogo per esplorarlo e farlo diventare territorio di gioco.
A volte mi avventuravo per le strade più pericolose come per il paese per andare da altre amiche, all’inizio con il batticuore, poi sempre più sicura. Ricordo una salita che non finiva più, ma il bello era poi la discesa: un razzo, con l’aria in faccia. Per me, a 8 anni, la bici ha rappresentato la libertà di andare in giro a zonzo e poter crescere.
- Anche se abitavo nel centro della città, andavo in giro da solo già col triciclo; allora le strade erano quasi vuote, qualche rara auto e pensa che passavano ancora i carretti trainati dai cavalli.
In genere però si stava nel giardino di casa o nel giardino della casa vicina, una villa con un gran parco. Lì facevamo tanti giochi, non sempre con giocattoli giochi di movimento ed abilità come a toc o a nascondino...
Non c’erano solo questi giochi, ma anche altri con oggetti semplici come le biglie, con cui passavamo giornate. Nel giardino si costruiva la pista con la terra e si faceva il “giro d’Italia"; il gioco iniziava nella progettazione della pista che doveva avere la montagna per il “gran premio della montagna” e le gallerie, poi il gioco vero e proprio. Ma se pioveva avevamo in alternativa un gioco simile con i tappi a corona delle bibite; giocavamo su un grande tavolo e, per renderlo più bello, si appesantivano i tappi fondendo al loro interno un poco di stagno dei tubi del dentifricio.
- Io mi ricordo che alle medie facevamo il salto dell’elastico, si proprio l’elastico di passamaneria quello alto, bianco. Due compagne stavano ferme agli angoli e tenevano sulle caviglie l’elastico incrociato e quando loro saltavano tu dovevi cercare di saltare dentro e di riuscire a saltare da una parte all’altra velocemente a cantando un ritornello, se pestavi il filo avevi perso e toccava a qualcun altro...
Dopo un po’ le ragazze ai lati accorciavano il filo e così diventava sempre più difficile, ma... perdonami, non ricordo bene... so solo che a ricreazione per tre anni è stato il nostro gioco preferito e ci divertivamo tantissimo, pensa, solo con un elastico!
- Infatti... mentre parli di elastici mi è venuto in mente che con uno spago fatto ad anello si facevano delle “briglie”, uno faceva il cavallo e l’altro era il cavaliere su una inesistente biga, così si facevano gare e combattimenti. Oppure con un ramo di ligustro o di frassino si poteva costruire un arco o con le assicelle delle cassette delle frutta si costruivano le spade. Quanti giocattoli sapevamo costruirci.
- Caro Cricio, che bella chiacchierata oggi!
La mia mente ha viaggiato tra i ricordi d’infanzia; ho rivisto visi, emozioni, luoghi che avevo lasciato chissà dove. Poi ho ascoltato con curiosità la tua infanzia, vissuta qualche tempo prima di me e ovviamente diversa.
Nella tua, ma anche nella mia, c’erano meno giochi di ora; ho rivisto comunque una manualità che era pilotata dalla nostra fantasia. Quella che oggi credo non ci sia più. Che ne pensi?
- Tati, sai, mi accorgo che, anche se siamo stati bambini in epoche abbastanza distanti, abbiamo giocato nello stesso modo, i giocattoli erano molto simili.
Credo che il giocattolo perfetto non si trovi sui cataloghi o nei negozi. È un oggetto che nasce nell’invenzione del gioco e che viene ad essere tramite per la fantasia perché questa si esprima.
Il giocattolo perfetto può essere scelto solo da chi lo userà poi.
Ecco alcune caratteristiche che credo lo qualifichino: deve poter essere usato in modo flessibile nelle esigenze del gioco, non deve quindi essere “automatico” o troppo complesso e vincolante nel suo uso, non deve essere troppo specifico, cioè non deve essere utilizzabile sono in alcune situazioni prefigurate dal costruttore.
- Lo credo anche io, Cricio!
Quando regaliamo un giocattolo siamo attratti spesso dal “colpo d’occhio”, dallo “stupire”, e questo va bene se teniamo anche conto che ciò non è sufficiente, affinché quello che regaliamo venga poi usato per giocare veramente.
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