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 Anno IV n° 1 GENNAIO 2008    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi



Ecco il Trattato Europeo, ma non si parlava di “costituzione”?
Sicuramente un gran passo avanti, ma restano perplessità sulle prospettive future
Di Marina Minasola


13 Dicembre, Lisbona: 27 Paesi membri dell’UE hanno ratificato il nuovo Trattato di riforma delle tradizionali istituzioni europee. Non si parla più di inni e bandiere, non si parla più neanche di Costituzione. Si richiama la Carta dei diritti fondamentali proclamata solo il giorno precedente a Strasburgo.

I punti maggiormente innovativi introdotti dal progetto di Costituzione che si era arenato con i no referendari di Francia e Olanda sono rimasti:
- Voto a maggioranza, benché qualificata, anche in materie in cui tradizionalmente si richiedeva l’unanimità
- Presidente del Consiglio europeo
- Riduzione del numero dei membri della Commissione
- Introduzione di un legame diretto tra elezione del Presidente della Commissione ed Elezioni europee
- Chiara ripartizione di competenze tra singoli Stati membri e UE
- Un Alto Rappresentante per affari esteri e sicurezza eletto dal Consiglio che siede sia lì che in Commissione e che avrà suoi funzionari e diplomatici
- Rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo (competenza anche in materia di bilancio e accordi internazionali) e più spazio alla co-decisione
- Clausole a favore dei Paesi euro-scettici come la Gran Bretagna

Alla cerimonia di Lisbona da segnalare l’assenza del Primo Ministro britannico, Gordon Brown… iniziamo bene!

Il Consiglio Europeo firmatario a Lisbona ha anche deciso di dare il via, nell’ambito della “Politica europea di sicurezza e difesa” (PESD), di dare avvio ad una missione civile in Kosovo nonostante i timori di piccoli Stati membri come Cipro e Romania: che sia un primo passo?

In occasione dei 50 anni dalla firma del Trattato di Roma, cui ha fatto seguito il prevedibile silenzio mediatico dopo l’esplosione di “notizie” iniziale, avevamo pubblicato su questo giornale uno speciale contenuto nel numero di Aprile. Rileggendolo dopo queste “novità” si può notare come già nei 3 articoli dello speciale avessimo previsto praticamente tutto, non perché fossimo dotati di chiaroveggenza ma perché da una analisi dei “punti storicamente più deboli” dell’Unione Europea nonché del testo bocciato nei referendum francese e olandese la via effettivamente oggi imboccata era l’unica attuabile affinché l’UE smettesse di essere un “gigante economico ma un nano politico sullo scacchiere internazionale”.

Rispetto ai punti deboli che avevamo individuato a seguito dell’excursus storico che dalla CECA e dall’EURATOM ci aveva portato alla situazione odierna passando per i trattati stipulati da Maastricht in poi in particolare, uno ancora non appare risolto: quello concernente la politica monetaria. Dal crollo dell’impero bolscevico l’UE sembrava dover diventare insieme agli USA la grande forza economica mondiale ma le economie emergenti asiatiche di Cina, India e Iran sembrano attualmente essere un forte ostacolo al raggiungimento di tale obiettivo. Come si potrà mai raggiungere il traguardo se la Banca Centrale Europea non smetterà di dover sottostare ai pareri dei singoli Stati membri?

Ancora un nodo irrisolto rimane quello della creazione di un sentimento d’Europa nonostante l’allargamento a paesi tanto culturalmente eterogenei, la mancata esistenza di una sfera pubblica in senso tecnico.

La politica estera e politica di sicurezza comuni, il principio maggioritario al posto della pericolosa unanimità che comportava la possibilità di veto paralizzante in materie di rilievo enorme quali “politica estera di sicurezza comune” e “cooperazione nella giustizia e affari interni”, il rafforzamento del Parlamento e maggiore efficienza per la Commissione nonché l’istituzione della Presidenza del Consiglio e l’elezione diretta di alcuni organi importanti sono senz’altro elementi che lasciano sperare che l’UE finalmente smetta di essere un’entità esistente solo nei libri e nei trattati diventando soggetto politico attivo in senso proprio.

Ma questi obbiettivi erano già previsti nel Progetto di Costituzione cui avevano portato il “Trattato di Nizza” prima (2000) e la “Dichiarazione di Laeken” poi (2001) dando vita alla Convenzione Europea, organo straordinario che avrebbe dovuto di fatto donare all’Europa una Costituzione che desse inoltre valore giuridico alla Carta dei diritti fondamentali. Cosa è cambiato da quel tentativo fallito?

Solo qualche compromesso in più: più autonomia ai Paesi euro-scettici e l’abolizione del termine fastidioso per molti “Costituzione”: come avevamo già detto ad Aprile però per Kelsen, massimo filosofo del diritto, la Costituzione è la “norma fondamentale” per il suo stare alla base (fonda e sta a fondamento) di tutte le altre norme.
Potrà continuare al esistere un’Europa senza “Costituzione”?
Questo processo andrà avanti o si arenerà come successo in passato?
Esiste l’effettiva volontà politica di ridurre il ruolo dei Governi nazionali per accentuare l’importanza dell’UE?

Anche questa volta possiamo solo stare a guardare.



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