REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno IV n° 1 GENNAIO 2008 FATTI & OPINIONI


Il fatto sotto i riflettori
Il “Processo a Galileo”
L’invito del Rettore dell’ Università “La Sapienza” al Papa Benetto XVI° ha dato la stura a una serie di proteste e contro proteste, forse strumentali e sicuramente esagerate, ma il vero problema che si dimentica è che la libertà della scienza, quella vera, e la libertà di opinione sono da rispettare in eguale misura
Di Giovanni Gelmini


Eccolo di nuovo: “il processo a Galileo” a tenere accesi gli animi.
Questa volta è stato il Rettore dell’Università “La Sapienza” che, con evidente imperizia, ha risollevato il grande problema del rapporto tra Scienza e Fede, rapporto che, con l’ascesa al soglio di Papa Ratzinger, è diventato certamente più difficile.

Il conflitto non dovrebbe esserci perché Scienza e Fede operano su piani nettamente diversi e non vi è, in teoria, motivo che una voglia essere superiore all’altra, ma nella pratica questo non avviene anche perché in genere non è il livello “fede” a entrare in conflitto con la scienza, ma la dottrina, che è una cosa ben diversa. La dottrina è un prodotto umano e se nelle religioni si definisce la divinità infallibile, i prodotti dell’uomo non lo sono minimamente! Per definizione il prodotto umano contiene molti errori, a volte anche voluti.

Il “Processo a Galileo” nasce proprio dal fatto che le sue affermazioni sconvolgevano la dottrina, dottrina diffusa allora da tanti preti ignoranti a persone sicuramente più ignoranti di loro. Il libro, pubblicato da Galileo in “volgare”, anziché in latino, poteva sconvolgere la scala dei poteri che imperava allora. Processo politico quindi quello a Galileo, non di fede, ma quel processo è divenuto lo stendardo dell’indipendenza della scienza dalle gerarchie ecclesiastiche e dai problemi dottrinari.

Ma allora forse diventa più chiaro il motivo della protesta dei docenti de “La Sapienza”. Dopo l’avvento di Ratzinger, la Chiesa ha svolto molte azioni di pesante interferenza sull’attività della ricerca scientifica, cosa che è assolutamente inaccettabile da qualunque uomo di scienza, anche se cattolico.

Si deve fare una netta distinzione tra ricerca scientifica e l’uso che se ne fa delle sue scoperte. Proviamo a pensare alla più grande invenzione dell’uomo: la ruota. È bene o è male questa invenzione? La ruota serve a portare le derrate alimentari dove ce n’è bisogno, ma serve anche a spostare gli ordigni da guerra, la ruota è usata nelle ambulanze, ma anche dai carrarmati e dai lanciamissili. Come si fa a dare un giudizio morale sulla ruota? È l’uso che se ne fa che può subire un giudizio morale e solo quello. L’etica, quindi la dottrina, può agire non sulla scienza, ma sull’uso che se ne fa delle sue scoperte.

Solo nel caso in cui la scienza usi metodi che vanno ad intaccare la dignità del creato si può accettare che la chiesa sollevi questioni, invece spesso gli interventi sono sugli oggetti della ricerca e non sui metodi.

Una considerazione ancora: la scienza non si può fermare, ci sarà sempre qualcuno che finanzierà una ricerca se un ricercatore è disposto a farla, ma la si può controllare e evitare che l’uso porti danni all’umanità; questo credo dovrebbe essere il vero compito di chi è attento al comportamento etico.

Proviamo ad andare oltre questo problema, che si lega a rapporti da sempre irrisolti tra il potere ecclesiastico e gli scienziati. Nella faccenda generata dalla improvvida decisione del Rettore del “La Sapienza” vediamo in atto un’brutto scontro tra posizioni integraliste, che mal si accordano con il diritto ad essere liberi. Il Papa ha il diritto-dovere di esprimere le sue posizioni, la gente ha il diritto-dovere di dissentire o non ascoltare, i professori hanno il dirotto-dovere di esprimere il loro parere contrario o favorevole che sia, ma nessuno ha il diritto e tanto meno il dovere di far zittire qualcuno, cosa che invece oggi sta avvenendo con una becera strumentalizzazione dei fatti.

Ho già espresso l’opinione che l’iniziativa del Rettore sia stata inopportuna, ma a questo punto penso che sia necessario che il Papa vada dove è stato invitato, dica quello che vuole dire, si pigli applausi o fischi, come qualunque conferenziere mortale e la si pianti lì con questo scontro assurdo; l’umanità credo che abbia problemi ben più grandi da affrontare per sopravvivere.

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