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 Anno IV n° 2 FEBBRAIO 2008    -   TERZA PAGINA



Camilo dei baci a vendere

Di Adriana Libretti


C’era una volta un uomo, né giovane né vecchio, né bello né brutto. Viveva in un’isola abbastanza piccola, ma non minuscola. Dall’isola si potevano ammirare ogni sera meravigliosi tramonti, e ogni mattino il respiro del mare lambiva la costa con soffi trepidi, che facevano venire voglia di dare baci a tutti. Anche Camilo aveva voglia di baciare.

Al risveglio stampò sulle guance dei suoi due figli due grossi baci, prese la bicicletta e si avviò verso la bottega. Lungo il tragitto incontrò Eduard, tutto vestito di bianco, col bombardino in mano. Stava andando alle prove. Ci sarebbe stata la festa del paese, tra poche ore, e la banda era il fiore all’occhiello dell’isola. Quanti altri fiori, però! Orchidee, iris, convolvoli, piante dai frutti dolci e dai nomi misteriosi, ortensie blu intorno alla bocca dei vulcani, ortensie rosa a delimitare i pascoli...
Camilo sapeva di dover andare a lavorare, ma il suo sguardo lo portava altrove, i profumi lo estasiavano. Gli sembrava quasi di essere un palloncino in fuga tra le nuvole. - Basta - si disse ad un tratto - è ora di riacchiappare il filo - e con uno sforzo di volontà sovrumano, riuscì finalmente a imboccare la strada giusta.
La bottega era di fronte al mare. Ma in quel punto il frangiflutti era alto, così la luce arrivava a stento. Per prima cosa, entrando, girò l’interruttore. La lampadina illuminò vertebre di balena, che, poggiate a terra, fungevano da sgabelli.

Camilo avrebbe voluto essere amato. Sua moglie morta all’improvviso, i bambini così piccoli... Questo pensava, mentre intagliava pazientemente un dente di balena. A volte si stancava. Allora intagliava gusci di noce, che erano più teneri. Immaginava che nella noce ci fosse una fanciulla, e che, rompendo il guscio, lei sarebbe comparsa per incanto e lo avrebbe baciato. Mai nessuna, in realtà, lo voleva baciare. E neanche fare, dire lettera e testamento... che razza di eredità gli aveva lasciato la sua donna? Due bocche da sfamare, dalle labbruzze fragili e sottili, ecco l’unica ricchezza. E i baci quelle bocche li pretendevano, però ancora non ne sapevano dare.
Camilo si baciò le braccia e le mani, poi riprese a intagliare. Da un frammento di osso bianco ricavò pazientemente un ciondolo, che riproduceva la sagoma di una balena. Ci tenne a inciderle una bocca larga e sorridente, una bocca che era una promessa d’amore. Poi il campanello della bottega suonò. Stava entrando una cliente. Una straniera.

La donna straniera guarda Camilo. Ha gli occhi attenti. Osserva gli oggetti in esposizione, tutti oggetti intagliati e bianchi. Camilo le mostra orgoglioso il suo capolavoro, un veliero a tre alberi, con tanto di scialuppe. C’è un attimo di silenzio, e all’improvviso arriva il rumore del mare. Un sospiro come, un respiro.
Camilo prende fiato e ricomincia a parlare di caccia alle balene, di capodogli e tempeste, poi dalla strada sente chiamare: - Papà! - esce un attimo scusandosi con la straniera, rientra e dice: - Era il mio bambino, il maggiore.
La donna si accorge che l’espressione di lui è cambiata, gli è sceso sui lineamenti un velo di tristezza.

La donna avvicina la mano alla guancia di Camilo, lui è sempre più confuso. La donna lascia cadere la mano, si stupisce del suo gesto, è molto confusa.
Camilo passa la mano dietro la nuca della donna.
La donna sorride. Sorride e basta.
Camilo sorride.
E basta.
I loro sorrisi si confondono.

da “Incontri di stagione”, Zephyro Edizioni



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