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 Anno IV n° 2 FEBBRAIO 2008    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi


La scienza cancella una ipotesi nata 20 anni dopo la sua morte
Napoleone avvelenato a Sant’Elena? No, non è così!
Il lavoro di alcuni scienziati di Pavia e Milano ha potuto accertare che è da escludere l’avvelenamento da arsenico. Un metodo di analisi sofisticato e una metodologia di confronto statistico mettono fine a questa mitica ipotesi
Di Giovanni Gelmini


Chi non conosce la storia della fine di Napoleone?
Sconfitto a Waterloo, venne mandato per la seconda volta in esilio, ma questa volta non nella mediterranea Isola d’Elba, ma in un'isola sperduta nell’oceano Atlantico centro meridionale a quasi 2000 km dalla costa della Liberia e che ancora oggi è raggiungibile con difficoltà.
Lì Napoleone si spense il 5 maggio 1821 all’età di 52 anni. Venne immediatamente eseguita l’autopsia dai medici militari britannici e la conclusione fu che in assenza di segni particolari e di veleni nei succhi gastrici, la morte dovesse essere attribuita ad un cancro.

Questa morte destò subito perplessità e quando la salma fu riesumata 19 anni dopo la morte, in perfetto stato di conservazione, furono in molti a ipotizzare che questo dovesse essere attribuito a un avvelenamento da arsenico. L’ipotesi era che questa sostanza velenosa fosse stata somministrata all’Imperatore in piccole dosi nel tempo.

Arriviamo al 1961, quando un certo Smith, medico legale di Glasgow, pubblicò sulla rivista Nature le conclusioni di una sua ricerca sul contenti di arsenico in un capello di Napoleone: la quantità di questo metallo era ben 13 volte superiore a quella contenuta in un normale capello. Successivamente lo Smith ebbe a disposizione una intera ciocca di capelli e così poté effettuare una analisi più approfondita, così da stabilire che l’avvelenamento era iniziato un anno prima della morte e che la quantità assunta di arsenico era aumentata negli ultimi 3- 4 mesi. Questo sembrava confermare l’ipotesi dell’avvelenamento.

Arriviamo al 1982, 20 anni dopo la formulazione scientifica dell’ipotesi di avvelenamento, quando Jones e Ledingham, nella carta da parati con disegni verde brillante proveniente dalla stanza di soggiorno della casa di Napoleone a Sant’Elena, rilevano una presenza di arsenico di ben 1,5 g/mq. Questo arsenico era nel pigmento verde dei disegni della carta. Napoleone, specialmente negli ultimi mesi, trascorreva la maggior parte del suo tempo in quella stanza e quindi era possibile che avesse inalato l’arsenico in quella stanza, senza che nessuno avesse ordito un piano per ucciderlo in questo modo.

Sempre nello stesso anno Lewin rilevò alcuni errori fatti da Smith nelle analisi, infatti aveva le quantità di arsenico da lui rilevate comprendevano anche quelle di antimonio, metallo simile, ma meno velenoso. Lewin dimostrò che l’arsenico era presente in minima quantità e le quantità rilevate erano da attribuire in gran parte all’Antimonio. Inoltre la quantità presente di antimonio era compatibile con le quantità assunte da Napoleone come tartaro emetico durante la malattia.

Oggi questa tesi viene confermata da un nuovo studio svolto da fisici e chimici dell’Università di Pavia, insieme a colleghi dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) di Pavia e Milano-Bicocca e dell’università degli Studi di Milano-Bicocca.

A differenza degli studi condotti precedentemente, questo ha analizzato non solo un capello di Napoleone, ma anche quelli di suo figlio e della prima moglie Giuseppina. E poi i capelli di Napoleone in varie età, da quelli di fanciullo in Corsica a quelli prelevati nel periodo del suo esilio a Sant’Elena e, per completare l’opera, sono stati analizzati anche i capelli di 10 persone contemporanee a Napoleone, ma che non avevano nulla a che fare con l’Imperatore.

È stato utilizzato un sofisticato sistema di analisi non distruttiva che si basa sul decadimento degli isotopi radioattivi ed è denominata attivazione neuronica. La conclusione è chiara e conferma quanto già individuato da Lewin: i capelli di Napoleone al momento della morte contenevano quantità di arsenico non eccessiva e simile a quella dei capelli di Napoleone bambino. Le quantità di arsenico che si possono ritrovare nei capelli delle persone di allora erano molto più elevate di quelle che si possono riscontrare nei capelli di un uomo di oggi. Si deve sapere infatti che allora l’arsenico era molto usato per pigmenti nella stampa e nelle pitture e quindi era molto facile restarne contaminati.

Finisce così una idea romantica che ha sicuramente attratto l’attenzione di molti, anche se invero è incredibile pensare che ci fosse la necessità di uccidere Napoleone, ormai controllato a vista e sepolto vivo in mezzo all’oceano. Solo l’idea romantica dell’Imperatore “vincitore” di incredibili battaglie poteva sostenere una ipotesi così lontana da una realtà.



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