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Tra legge, etica e... tornaconti politici

La proposta di moratoria sull’aborto, perché?

L’iniziativa di Ferrara ci fa tornare indietro di 30 anni. Vediamo la legislazione sull’aborto nei vari Paesi, legge 194 e un poco di statistiche per chiarirci le idee

Di Marina Minasola

Dall’Albania alla Cambogia, dalla Tunisia alla Guyana, dal Messico al Bahrain, dalla Corea del Nord al Kazakistan, proseguendo con Kirgizistan, Mongolia, Nepal, Tagikistan e Turkmenistan fino all’Uzbekistan e continuando con tantissimi altri Stati che attraversano i 5 Continenti. In tutti questi luoghi non solo esiste una specifica legislazione sull’interruzione volontaria della gravidanza, ma questa non è ammessa “solo” per la protezione della vita della madre, per la sua salute fisica o mentale, per il caso di stupro o per le anomalie del feto: è consentita anche su semplice richiesta, sia pure con discipline diverse di Stato in Stato (in qualsiasi momento della gestazione oppure solo durante il primo o anche durante il secondo trimestre). Ad onor del vero però va evidenziato come tutto ciò non sia sempre indice di una civiltà progressista: secondo uno studio del Lancet in India l'aborto selettivo impedirebbe la nascita di 500mila bambine ed in Cina sarebbe riscontrabile una situazione analoga.

Soltanto nel 1978 in Italia sono stati abrogati dal codice penale gli articoli che configuravano l’aborto come reato. Abortire era considerato un modo per violare il diritto alla vita.

Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.” Così recita il prologo della legge n.194 del 22 maggio 1978.

La nostra legge prevede poi la costituzione di speciali strutture, i consultori, al fine di:

- Informare la donna dei diritti garantitele dalla legge e dei servizi di cui può usufruire anche in materia di lavoro
- Suggerire agli enti locali soluzioni circa maternità che creino problemi
- Contribuire a far superare le cause che possono portare all'interruzione della gravidanza

Quando si verificano “circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito” è consentito nei primi novanta giorni di gravidanza il ricorso alla interruzione di gravidanza.

Per minorenni o interdette è poi previsto che “nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le procedure di cui all'articolo 5 e rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui esso opera. Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione della gravidanza.

La legge consente poi l’Interruzione di gravidanza oltre i 90 giorni solo in 2 casi:

- Quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna
- Quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o
malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna

Gli elettori con un referendum hanno confermato tale legge il 17 maggio 1981.

In base ad una indagine demoscopica Istat circa le interruzioni volontarie della gravidanza, effettuata su un campione di 1000 donne in età feconda (15-49 anni) suddivise per classe d'età, residenza e stato civile, si possono rilevare dati interessanti circa il trend degli aborti nella nostra Penisola dal 1994 al 2004. Particolarmente significativo è evidenziare come nel 1994 la percentuale di aborti tra le giovanissime (donne di età compresa tra 15 e 19 anni) era del 25,07 per mille e come sia salita al 58,55 per mille nel 2004.
Tendenza inversa è invece riscontrabile per le fasce di età superiori: nel 1994 abortivano il 13,14 per mille delle donne tra 30 e 34 anni mentre solo per il 12,17 per mille nel 2004. Cosa significa questo? Se certamente l’alto tasso di aborti tra le giovanissime è sintomo di una difficoltà pratica oltre che di accettazione sociale che manca nelle età superiori, è anche vero che l’aumento vertiginoso della percentuale in questione tra i 15 e i 19 anni indica che la legge 194 ha raggiunto almeno parzialmente il suo scopo: ridurre il drammatico fenomeno degli aborti clandestini, per ovvi motivi ancora più frequente nelle fasce più giovani della popolazione.

Ma l’altissima percentuale in questione è indice al contempo anche di un altro fenomeno: l’ancora troppo scarso sviluppo della mentalità della prevenzione e l’eccessiva “facilità” nell’avere rapporti sessuali. Un rapporto Eurispes-Telefono Azzurro ha raccolto i seguenti dati:

- Nel 2002 il 17,4% degli adolescenti non aveva mai avuto un rapporto occasionale mentre nel 2007 questa percentuale è scesa al 7,7
- La percentuale di coloro che non sempre si proteggono dalle malattie a trasmissione sessuale passa dal 46% del 2002 al 47,7% del 2005
- Il 2,7% non utilizza abitualmente contraccettivi e l'1,8% invece non ha mai usato precauzioni
- Per il 22,6% dei maschi il sesso si fa anche senza amore.

Dati che parlano da soli e che certamente costituiscono la vera base del problema. Cambiare mentalità sarebbe certamente già di per sé un passo avanti.

Ma se tutti possiamo essere facilmente concordi nell’affermare che prevenire una gravidanza indesiderata piuttosto che abortire è senz’altro preferibile, a quanto pare quella libertà di scelta che, nei limiti della legge, è stata riconosciuta ormai in pressocché tutto il mondo come un vero e proprio diritto della donna, oggi viene da qualche impensabile voce messa in discussione.

Dal Teatro Dal Verme di Milano il direttore de Il Foglio, Giuliano Ferrara, ha lanciato la sua moratoria sull'aborto indirizzata al segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon, raccogliendo il particolare apprezzamento di Bondi e Formigoni: “Le interruzioni di gravidanza sono un omicidio perfetto. (…) Sottoponiamo una richiesta di moratoria per modificare l'art. 3 della dichiarazione universale. Chiediamo ai capi di Governo che si esprimano a favore di un emendamento, bisogna aggiungere: la vita va tutelata dal concepimento fino alla morte naturale.

Senza parole. Incredibile. Se una proposta come quella di Ferrara venisse accolta probabilmente la disoccupazione diminuirebbe (pensiamo a quelle povere mammane rimaste tanto a lungo senza nulla o quasi da fare…) e si potrebbe realizzare il sogno, oltre che della Chiesa più ortodossa, di moltissimi uomini e donne di mezza età: si potrebbe fare un bel balzo indietro a prima del 1978!

Indignazione è l’unico sentimento che molti di noi possono provare a riguardo. Come ha fatto notare Marco Travaglio, Ferrara appare un tantino “smemorato”… Si è scordato che Donna Veronica, sua editrice, ha dichiarato nel 2005 che la malformità del feto da lei portata in grembo l’aveva indotta ad abortire al settimo mese? L’integerrimo Ferrara pubblicherebbe forse presso un’omicida? Si è scordato di essere stato anche lui uno strenuo difensore dell’aborto nel non poi così lontano 1981? Si è scordato di aver definito reiteratamente “papa laico”, “guru azionista”, “moralista giacobino da strapazzo” etc etc quel Norberto Bobbio che adesso loda per essersi in passato coraggiosamente pronunciato contro l'aborto insieme a Pier Paolo Pasolini? Il difensore del diritto alla vita ha dimenticato di aver sostenuto senza posa la guerra in Iraq?

Ma la tesi di Travaglio sull’alzheimer incipiente di Ferrara visto il personaggio non sembra così convincente… e se avesse ragione Emma Bonino quando sostiene che “La moratoria mi pare una provocazione strumentale. Un dato di disonestà intellettuale che distoglie l'attenzione da temi come il testamento biologico e la pillola Ru486 (per l'aborto farmacologico)”?

Si sa che il problema della determinazione del momento in cui si può parlare effettivamente di nascita della vita e non più di una semplice unione di cellule è estremamente controverso e che possiede implicazioni socio-politico profonde, oltre che uno spiccato connotato religioso. Eppure i limiti temporali e causali imposti all’interruzione di gravidanza insieme al riconoscimento dell’obiezione di coscienza fino ad ora avevano costituito un incontestato punto di incontro, un compromesso consolidato.

È eccessivo pensare che l’attacco su un tema tanto delicato sia stato una manovra per distogliere l’attenzione dai veri problemi del Paese e aggiungere un ulteriore causa alla potenziale crisi di Governo ormai fatalmente verificatesi? Io penso di no, ma forse sopravvaluto Ferrara.

Argomenti:   #aborto ,        #adolescenza ,        #cina ,        #contraccezione ,        #costituzione ,        #ferrara ,        #indagine demoscopica ,        #italia ,        #legge ,        #mondo



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