REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N 8 |
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Anno IV n° 3 MARZO 2008 - PRIMA PAGINA Lo sbuffo |
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Ben ha fatto il ministro Fioroni a strappare il velo che evitava all’opinione pubblica di vedere il disastro della nostra scuola: ha tolto la promozione quasi garantita e ha introdotto nuovamente gli esami a settembre, una “conquista” fatta qualche decennio fa dal lassismo imperante.
Anche le nicchie dei “migliori”: i licei, presentano un’elevata quota di alunni che hanno avuto almeno un’insufficienza e questa diventa enorme per le scuole professionali. In tutti gli indirizzi la materia che crea più difficoltà è matematica: mediamente il 62 % degli alunni è insufficiente senza distinzione. Solo due dati appaiono strani: infatti i valori minori di ragazzi insufficienti si rilevano al Liceo Classico (52,9%) e al Liceo Linguistico (58,5%), sapendo che chi ha problemi in questa materia si indirizza proprio verso questo tipo di studio; c’è da credere che il dato basso sia dovuto ad una valutazione dei risultati meno rigida e a programmi molto più facili. L’altro insegnamento in grande difficoltà è quello delle lingue. Questo fatto impone una riflessione: perché questi due insegnamenti? La matematica non è qualcosa che si possa studiare a memoria: si deve solo capire e esercitarsi. Ecco questa è la cosa più difficile da far fare agli studenti oggi: capire vuol dire impegnare il cervello; fare fatica e anche esercitarsi impegna. Ma impegnarsi è una cosa che i giovani oggi non sono più abituati a fare. L’abuso, nelle scuole di qualunque grado, di prove fatte con i quiz o con sistemi “avanzati” di semplificazione e standardizzazione ne è la diretta conseguenza. Queste prove sono veloci da valutare ed è facile attribuire un punteggio. Le interrogazioni invece sono difficili, pesanti da svolgere e sgradite ai ragazzi, anche se sono le uniche, per quasi tutte le materie, che permettano veramente di valutare le capacità e le conoscenze acquisite. Il risultato è che quando si tratta di ragionare i ragazzi non sono capaci di farlo. Troppi di loro sono solo capace di vomitare in faccia all’insegnante nozioni ingurgitate velocemente qualche ora prima in un ripasso estemporaneo. Per le lingue, invece, un grave problema è il numero di allievi per classe: troppo alto. Le lingue vanno usate e parlate: in 60 minuti di lezione in una classe di 25 allievi, tolto l’appello, le altre comunicazioni e le spiegazioni, quanto resta ad ogni ragazzo per esercitarsi? Forse neanche 60 secondi a testa per lezione: in questo modo non si insegnano le lingue. Le classi non dovrebbero essere composte da più di 10 ragazzi per avere un buon insegnamento per ogni allievo. Forse invece di fare il bilinguismo male, sarebbe opportuno sdoppiare le classi e fare una sola lingua, ma farla bene. Infine c’è il gravissimo problema della qualità degli insegnanti, questo vale ovviamente per tutte le materie, ma per matematica si sa che è difficile trovare insegnanti, anche pessimi, figuriamoci per quelli di qualità. Per lingue si deve ricordare che la cattedra di lingue è stata coperta da docenti poco preparati, magari laureati in legge e che, se è il caso, non avevano neanche mai studiato la materia che erano chiamati ad insegnare; inoltre c’è sempre stata la mancanza di un aggiornamento linguistico continuo: chi lo fa è solo per propria volontà e a proprie spese. È quindi evidente che tutto ciò ha prodotto una classe di docenti che può avere oggettive difficoltà ad insegnare. Ora gli “esami a settembre” misurano con precisione una realtà brutta; purtroppo forse, quella che si legge nell’indagine è più rosea della realtà vera, perché si sa che le valutazioni risentono della preparazione media della classe e nessun insegnante avrebbe mai il coraggio di dare l’insufficienza a tutti. Meditate gente.
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