C’è un aggettivo che mi ha sempre ferito: definitivo.
E’ l’aggettivo che accompagna la morte, la sentenza che non ammette appello, tutto ciò che non può essere modificato. Forse è per questo che, al contrario, sono attratta da ogni incompiutezza. Scrivo racconti che non conoscono finale, perché la vita è cambiamento, trasformazione continua. “Ricordate: l’esperienza ha una bellezza propria soltanto perché non finisce mai. Le canzoni più grandi sono quelle rimaste incompiute, i libri più belli sono quelli rimasti incompiuti, le musiche più eccelse sono quelle rimaste incompiute. L’incompletezza ha una bellezza propria”, diceva Osho, mistico e ‘illuminato’ indiano. L’esperienza si muove, c’è sempre qualche nuova porta da aprire. Uno dei miei sogni ricorrenti è il seguente: nella casa in cui abito, all’improvviso scopro stanze segrete, spazi inesplorati.
Gli anni passano e le certezze, anziché consolidarsi, si sgretolano. Non dobbiamo allarmarci se succede così: questo credo significhi, anzi, che stiamo crescendo in consapevolezza. Di recente ho assistito a uno spettacolo teatrale sul tema, “La forma dell’incompiuto”, con Giorgio Albertazzi e Luciana Savignano; nelle parole dell’attore e della danzatrice, ho trovato profonda assonanza, oltre che bravura. Ho ripensato a lungo alle parole di Jacques Brel: il nous fallut bien du talent/ pour ệtre vieux sans ệtre adultes.
Troppo spesso capita di perdere per strada il bambino che esiste in noi e che dovrebbe invece restare sempre, per farci vedere le cose con la stessa curiosità e leggerezza che avevamo da piccoli.
Vi racconto un piccolo aneddoto personale: davanti a un dipinto che a me sembrava compiuto, una volta, la mia insegnante di pittura versò un bicchiere di colore nero: mi sarei messa a piangere. Solo dopo compresi che il suo gesto mi aveva aiutato ad imboccare una strada che non avrei trovato, se mi fossi accontentata subito della forma e dei colori che avevo scelto oculatamente.
Troppo spesso si ripercorrono strade conosciute, per evitare il rischio. La fissità genera solo pregiudizi; è attraverso l’imperfezione, l’incompiutezza, la sperimentazione continua che può nascere davvero la creatività, quindi…
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