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Visto per voi

Per filo e per segni

La mostra a Bergamo, aperta fino al 29 giugno 2008, è molto interessante per chi si chiede “come eravamo e dove andremo”. Dall’analisi della storia dell’industria tessile in bergamasca emergono i collegamenti tra industria, finanza, infrastrutture, vita sociale, innovazione e futuro

Di Cricio


L’industria tessile è stata la prima forma di organizzazione complessa, la rivoluzione industriale nasce proprio dal passaggio della attività tessile da artigiana a industria.
La mostra “Per filo e per segni” che abbiamo vistato per voi al Museo Storico di Bergamo è importante perché, pur utilizzando solo la realtà bergamasca, mostra uno spaccato di un secolo di storia che ha una validità che trascende il territorio analizzato.

img1.jpgL’esposizione si articola in distinti spazi i documentari, che permettono differenti approfondimenti a diversi livelli di interesse e conoscenza. Possiamo trovare documenti interessanti esposti in teche, ma anche un tavolo dove si trovano vari tipi di tessuti da toccare e poter conoscere al tatto, cosa che non sempre è nota alle persone adulte, ma lo è ancora meno alle numerose classi di scuole superiori che vistano questa mostra.

Troviamo anche dei telai tessili, di cui uno perfettamente funzionante, che per motivi di sicurezza non viene posto in movimento, ma può essere ammirato nella sua operatività in un filmato proiettato su uno schermo gigante.

In una sala successiva possiamo sfogliare con sistemi multimediali album storici di macchinari e attrezzature, alcuni documenti di Giovanni Battista Franzini che ha svolto un ruolo fondamentale di raccordo tra Cina e Bergamo alla fine dell’800, lasciata la sua barberia, realizzò uno scambio di prodotti serici: dalla Cina portò in Italia i loro tessuti e in Cina importò parti di macchinari italiani per la tessitura serica, che i cinesi consideravano all’avanguardia

Il tessile per Bergamo è cotone e seta.
La seta è ha una lunga storia in bergamasca (N.d.R. la ritroviamo perfino ei Promessi Sposi, quando Renzo Tramaglino si rifugia in a Bergamo per sottrarsi alla persecuzione), e presenta varie vicissitudini che vengono ben descritte nella mostra.

L’industria del cotone viene invece portata a Bergamo da imprenditori svizzeri che, per vari motivi, si spostano dalla loro patria e trovano nella bergamasca il posto adatto dove insediarsi: la principale sicuramente è la sua disponibilità di acqua che a questa attività serve sia nella fase di lavorazione, sia per produrre energia per muovere le macchine. L’acqua è una ricchezza della bergamasca.

Questi passaggi storici vengono analizzati anche nei risvolti socio-economici e possiamo vedere due interessanti spazi in cui vengono proiettati in continuo due filmati

Il primo filmato parla della situazione economica del popolo nel periodo a cavallo tra ottocento e novecento, dei movimenti sindacali, in particolare dei sindacati “bianchi” che ebbero in Bergamo il loro centro e la loro roccaforte.

Il secondo filmato si occupa della organizzazione urbanistico-sociale delle fabbriche. Troviamo la presentazione di tre casi molto interessanti di villaggio – fabbrica, con diverse impostazioni filosofico concettuale: il villaggio Honegger di Albino, l’insediamento Legler di Ponte San Pietro, e il villaggio Crespi nell’omonimo villaggio costruito ad hoc.

Il Villaggio Honegger è forse quello che meglio si raccorda con la realtà culturale della zona mantenendo richiami alla vita legata all’ambiente agricolo.

La realtà sorta attorno all’insediamento Legler invece mostra una separazione importante tra le abitazioni della proprietà, dei dirigenti e degli operai, ma si è integrato nella realtà del paese e ha dato vita alla “cooperativa”, che esiste tutt’oggi, dove gli operai potevano spendere i loro buoni per l’acquisto dei beni a prezzi agevolati.

Per finire il villaggio Crespi (vedi anche Spaziodi Magazine anno I numero 8 / del 13/10/2005: Il Villaggio Crespi ) si può definire una realtà abitativa nata attorno alla “fabbrica” alla fine dell’800, secondo l’ideologia illuminata dell’industriale Crespi. A differenza delle altre realtà questo villaggio, con la cessazione dell'attività della fabbrica, sembra destinato a morire malgrado abbia ricevuto il riconoscimento di “patrimonio dell’umanità” da parte dell’UNESCO.



Nella mostra non può mancare una visone anche delle “infrastrutture” che sono fondamentali per lo sviluppo delle imprese e della bergamasca in quel periodo. L’elemento essenziale che emerge è la presenza di grandi opere infrastrutturali realizzate in poco tempo: ferrovie, tranvie, strade e l’autostrada, che collega Bergamo con Milano e Brescia, oggi tempi di realizzazione di opere simili sono diventati biblici.

Ma non ci sono solo le infrastrutture, c’è anche la finanza che allora era dinamica e che sostieneva attivamente le imprese che si espandono e non ingessata in procedure burocratiche e costosa per strutture eccessive è come oggi.

In questo periodo le imprese non sono cose anonime, a ogni impresa corrisponde una “famiglia” cosi che nella mostra troviamo documentazione di queste famiglie anche attraverso i grandi ritratti.

Possiamo anche seguire l’evoluzione della moda dagli anni ’50 agli anni ’60 attraverso delle apposite vetrine.

Può sembrare strano e credo che sia sconosciuto anche alla maggior parte dei bergamaschi il ruolo di Bergamo nella moda di questo periodo, ruolo che si lega ovviamente all’eccellenza delle aziende tessili bergamasche. Fredy Legler, riesce a stabilire una collaborazione continua con Hubert de Givenchy,il sarto di Audrey Hepburn, per questo innumerevoli abiti di questa elegantissima diva sono fatti con tessuti di cotone stampati dalla Legler e questa mise in commercio la linea “Sabrina” di tessuti che si ispirano al suo stile.

Ma non solo questo, la Legler produsse anche denim e velluti per le aziende leader del settore come Levis, Rifle, Lee Cooper e Carrera. In questo periodo Bergamo è anche sotto i riflettori per le camicie di qualità, le Cassera.
Tutto questo si può “toccare con mano” nelle vetrine allestite in una apposita sala.

Vi è anche una sala dedicata alla pubblicità, e all’iconografia della donna nei disegni di Antonio Salemme.

Le imprese per espandersi e raggiungere l’eccellenza necessitano di innovazione. Ma cosa è l’innovazione di cui oggi si parla tanto? Saper rispondere alle richieste dei consumatori meglio di altri, magari anticipandole di poco: farle nascere e non attendere che siano nate.

Ecco che nella mostra troviamo come le imprese bergamasche sono state capaci di innovare, e questo si vece coma avvenga partendo dall‘essere non chiuse in sé stesse ma collegate con il mondo intero: una occasione, qui documentata, è stata l’Expo di Milano del 1906. Sapranno i nostri imprenditori sfruttare, come allora, quella che si terrà nel 2015? Speriamo.
Nella penultima sala si parla dell’industria di oggi, attraverso la testimonianza di quattro imprenditori, presenti in modo virtuale talmente bene che sembrano reali. Infine in una saletta viene proiettato un filmato sulle “tecniche del futuro” già oggi disponibili, come lo stampaggio dei tessuti con il sistema digitale che supera le tecniche del “quadro” o del “cilindro” fino ad oggi usate. La tecnica digitale permette un disegno continuo ed infinito con infiniti colori.

Se la storia deve insegnarci qualcosa per il futuro, con questa mostra possiamo riflettere sui motivi per cui un territorio può sviluppare una ricchezza economico – sociale e quelli invece per cui si può trovare in difficoltà.
La mostra è predisposta per essere vistata senza una guida, ma per avere una lettura approfondita dei contenuti in essa presenti è opportuno seguirne una e leggere il numero speciale della Rivista di Bergamo in vendita alla biglietteria, ricco di monografie sugli argomenti presentati nella mostra.

Ancora un consiglio. Il biglietto di ingresso alla mostra permette anche la visita del Museo del Risorgimento e al Campanone di Bergamo; se non pensate di vistare un’altro museo molto interessante, non lasciatevi scappare però la salita al “Campanone”, la torre civica di Città Alta, che permette una emozionate visione della città vecchia e della pianura ai suoi piedi.


PER FILO E PER SEGNI.
Innovazione e creatività dell’ industria tessile a Bergamo tra XIX e XXI secolo

1 marzo - 29 giugno 2008
Bergamo Alta - Museo Storico di Bergamo (ex Convento di San Francesco, Piazza Mercato del Fieno)
Inaugurazione: sabato 1 marzo, ore 17
Orari: tutti i giorni 9.30 – 13 e 14 - 17.30. Chiuso lunedì.
Ingresso: 5 euro (comprensivo di visita a Campanone, Rocca-Museo Storico Sezione Ottocento e Museo Donizettiano). Gratuito sotto i 18 anni e per portatori di handicap.
Informazioni e prenotazioni: tel. 035.247116 o 035226332- Fax. 035 219128
e mail
info@bergamoestoria.it www.perfiloepersegni.it

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