Cammino a passo veloce. Distratta o quasi dalle macchine e dai clacson, dalla gente. E la rivedo.
Per ripercorrere il passato a volte basta un niente, un profumo, o una giornata di sole, una via o un pacchetto di biscotti, una città o un mercato, un quartiere.
A me, è bastato un portoncino in legno verde. Sono passata davanti alla casa della mia infanzia, in quel marciapiede dei giochi felici, delle risate, delle campane disegnate con il gesso, dei salti con la corda e dei nascondino di noi cugini. Quella casa indimenticabile, cosi viva ancora nei ricordi dei miei parenti….Se ne parla spesso, mia madre specialmente con sua cognata, la mia zia prediletta. Quella che consideravo, credevo una mamma..
La casa dicevo, una casa enorme, 10 stanze e forse più, la cucina grandissima, capace di contenere al centro due grandi tavoli, quello della mia famiglia e quello degli zii e cugine. Cucine come non se ne vedono più ormai. E poi l’ingresso, che paragonato alle case che costruiscono oggi, sarebbe un vero salone. Abitavamo a due passi da S. Pietro, appena dietro una magnifica e famosa via.
In quella casa vivevamo in molti, i nonni, gli zii, i miei genitori, sorelle e cugine, come una grande famiglia allargata. Tant’ è che io non facevo differenze se dormire nel lettone con i genitori o nel lettone degli zii. Non facevo differenza tra sorella e cugine. All’epoca credevo che eravamo tutte sorelle e fratelli.
A “ capo” di tutto e tutti c’era la nonna, nulla si poteva o si muoveva senza il suo permesso. Donna energica e tenace, carattere duro, capace di mettere in riga con uno sguardo tutti, dal marito ai 5 figli tra cui mio padre. Poche coccole e poche carezze. Un forte temperamento, una “donna manager” come si direbbe ora.
Mia nonna proveniva da una ricca e facoltosa famiglia e si era sposata con mio nonno contro il volere dei suoi. Ma mio nonno, persona di estrema bontà e dolcezza, umile di carattere e proveniente da una normale famiglia come tante all’epoca, mai le aveva potuto dare il benessere e il lusso a cui era abituata. Non c’erano più ne tate ne cuoche….E lei, non si era mai adattata…
Mio nonno invece, stravedeva per noi nipoti... Ed eravamo tanti. Lo ricordo bene, quel suo bel viso dai lineamenti delicati e dalle mani lunghe affusolate, molto belle, le stesse che ha mio figlio oggi...lo ricordo in un gesto, quello di darci dei soldini per andare a comprare al negozio vicino i pescetti di liquirizia o le golia sciolte o il gelato. Era diversa Roma allora, pochissime macchine e noi a giocare sempre fuori dal mattino alla sera. Non c’erano pericoli allora. I vicini buttavano sempre un occhio ai bambini, a tutti, non solo ai propri.
Ma la mia casa ora non è più una casa, ormai da anni ci sta un laboratorio di analisi, di quelli che vai e ti fai tutto, convenzionato e non. I bambini non giocano più in strada e chissà mai se ci sono ancora in questo quartiere, un tempo per famiglie, ora invece pieno zeppo di studi notarli, avvocati, medici, agenzie, call center, Pippo Baudo e Maurizio Costanzo, D’Alema e molti altri politici, attori, magistrati.
Ed io che non riconosco più dove sono nata e cresciuta. Dove ora è tutto diverso.
E forse, chissà…forse è meglio non passare nei luoghi cari al cuore, forse è meglio conservarli e ricordarli come erano.
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