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“Aldo Moro - Lettere dalla prigionia” - Einaudi negli Struzzi 2008

Riflessioni indotte dalla lettura del libro

Di Giacomo Nigro



“Io ci sarò ancora come punto irriducibile di contestazione e di alternativa” una frase di Aldo Moro, che, in copertina, fa da presentazione al libro a cura di Miguel Gotor “Aldo Moro - Lettere dalla prigionia” edito da Einaudi negli Struzzi 2008, che pare assolutamente in contraddizione con quanto accade in questi giorni, gli stessi di quel triste periodo di prigionia da cui ci separano oramai trent’anni.

E’ infatti recentissima la notizia dell’archiviazione da parte della magistratura romana della settima, ultima in ordine di tempo, inchiesta sul sequestro e successivo omicidio di Aldo Moro, mentre la figlia Maria Fida Moro si batte a causa della fiction Mediaset: “Aldo Moro, il presidente”, che andrà in onda il 5 e 6 maggio su Canale 5. Ella avrebbe infatti voluto visionare il lavoro (e pare le fosse stato promesso) in anteprima privata senza pubblicità alcuna “per schivare eventuali strumentalizzazioni politiche” ma la casa di produzione, la Taodue film, si è resa responsabile, secondo la signora Moro dell’annullamento della visione privata in favore di un vernissage con le autorità: “Di tutta questa vicenda ci rimane solamente l'amaro in bocca di essere stati usati solo a fini pubblicitari, quando l'intento iniziale, in maniera lodevole, era stato quello di dare una visione senza giornalisti e senza rappresentanti politici, un gesto di accortezza nei nostri confronti. Ma evidentemente quanto da noi sofferto non è bastato a fra comprendere le ragioni di riservatezza".

Addirittura a “Markette”, la trasmissione di Piero Chiambretti su La7, Maria Fida Moro ha dichiarato: “I brigatisti, con i quali non condivido nulla, però ci hanno trattato - quando sono incappati in noi - con estremo, assoluto, totale, rispetto. E aggiungo anche con, e devo necessariamente mettere le virgolette, affetto. Per cui se mi dovessi trovare in una situazione estrema di dover chiedere aiuto a qualcuno, io potrei forse chiedere a qualcuno di questi che ho conosciuto. Mentre i cosiddetti amici di mio padre penso non ci siano mai stati, visto che gli amici si vedono nel momento del bisogno...”. Sul palco di Grillo al v2 del 25 aprile ha annunciato l’intenzione di voler lasciare l’Italia, un Paese, a suo dire che ha dimenticato Aldo Moro definitivamente.

Pare quindi il caso di ricordare rapidamente che Aldo Moro dopo essere stato rapito il 16 marzo 1978 in via Fani a Roma, evento durante il quale morirono cinque uomini della scorta, al numero 8 di via Camillo Montalcini, sempre a Roma. Al primo piano, interno 1, fu interrogato e “processato” per 54 giorni, prigioniero in un locale di un metro per quattro, ricavato con una parete di cartongesso nel doppio salone che dava su un piccolo giardino. La mattina del 9 maggio i suoi carcerieri lo fecero vestire con gli stessi abiti di marzo. Lo costrinsero in una cesta e, dopo due rampe di scale, giunsero in garage. Nel box, la Renault 4 amaranto era parcheggiata con il muso verso l'esterno. Entrarono. Lo sistemarono nel bagagliaio. Il corpo di traverso appoggiato sul fianco sinistro. Gli coprirono il volto con il lembo di una coperta di colore rosso bordeaux. Mario Moretti e Germano Maccari gli spararono con una Walter Ppk silenziata, che si inceppò subito, e due raffiche definitive di una Skorpion.

Da allora l’Italia è mutata. Non c'è più la Democrazia cristiana, partito a cui apparteneva Aldo Moro. Non c'è più il Partito comunista. Non ci sono più quelle Brigate rosse. Quel mondo è scomparso. I morti sono sottoterra. Gli assassini sono liberi. Dopo trent'anni, abbiamo soltanto la nostra memoria a confondere ogni differenza. Non siamo riusciti a fare i conti con la nostra storia, con un assassinio che ha chiuso alle nostre spalle, come un cancello di pietra, i primi tre decenni della Repubblica.

Possiamo però ricordare l’uomo attraverso le appassionate e umanissime parole scritte in quei lunghi ma in fondo maledettamente pochi 54 giorni, ad esempio le parole dell'addio alla moglie “Norina”: “Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo”.

Dolci parole di un uomo che aveva teorizzato e scritto che la democrazia italiana era “una democrazia speciale” a causa della mancanza di alternanza nella gestione del potere: la Democrazia Cristiana costretta a governare e il Partito Comunista costretto all’opposizione.

A questo stava provando a rimediare (non certo da solo), egli fu infatti rapito il giorno stesso in cui dopo molti sforzi stava portando in porto il suo progetto politico più importante: coinvolgere il PCI nella gestione del potere. Il rapimento fermò quel processo di allargamento democratico.

Rimando alla lettura del libro, da cui hanno preso le mosse queste parole, chi vuole rendersi conto attraverso gli ultimi scritti di Aldo Moro, puntualmente annotati dal curatore, di quel che accadde e farsi una propria idea per provare a non “confondere ogni differenza”.


Leggi la presentazione del libro sul sito Einaudi

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