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I problemi dell’Est asiatico Lo sgelo tra le due Coree e tra Pechino e Taipei, rilancia il problema geopolitico dell’equilibrio nel “Mar Giallo” dimenticato dalla fine della guerra al 38° parallelo Di Giovanni Gelmini
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L’equilibrio nell’Asia è solo apparente.
Troppe sono le potenze mondiali che insistono in questa area: India, Cina Russia e Giappone, oltre ad una presenza territoriale degli USA a Okinawa (N.d.R. oltre alle basi militari in Giappone), per pensare che tutto sia tranquillo. I problemi si sono acuiti con lo sviluppo veloce delle economie di Cina e India, che hanno incrementato la necessità di materie prime e di vie commerciali sicure. Questo comporta, come sempre, la necessità di disporre di uno “spazio vitale”. Tra Russia e Cina gli spazi sono da tempo chiari; anche se sui punti di confine possono sorgere problemi, questi restano delimitati. Tra Cina e India i problemi sono un poco più delicati e vengono ammortizzati dagli stati che fanno da confine. Forse è questo il motivo per cui il Tibet è strategico per la Cina. Il paese che invece crea difficoltà è il Giappone, per molti motivi. La sua posizione geopolitica è compressa. A nord la Russia ha occupato nel 1945 le «quattro isole», una parte dell’arcipelago delle Curili, che attualmente sono ancora amministrazione russa, malgrado il Giappone abbia più volte chiesto al suo principale alleato, gli Stati Unti, di dirimere il problema, ma gli Usa hanno sempre fatto orecchie da mercante. Gli stessi americani occupano a sud Okinawa. Le isole Senkaku sono contese con la Cina e sono importanti per i giacimenti di gas naturale. Al Giappone non dispiacerebbe inglobare nuovamente Taiwn, come gli indipendentisti taiwanesi, guidati da Li Denghui magari vorrebbero. E anche la Corea è considerata dal Giappone un paese nella sua possibile sfera di influenza. Ultimo fatto, non particolarmente grave, ma non da sottovalutare è che la popolazione cinese vive i Giapponesi come “invasori” non avendo dimenticato l’occupazione fatta dall’Impero del sol Levante delle loro terre nel primo mezzo secolo del ‘900. br> Nell’ultimo anno abbiamo assistito prima a un riavvicinamento tra la Corea del Nord, sotto l’influenza di Pechino, e la Corea del sud, filo occidentale, e ora ad un disgelo dei rapporti tra Taiwn e Cina. Questi eventi, che noi viviamo emotivamente come segni di pace, è evidente che portano ad uno squilibrio della situazione geopolitica nell’area di interesse di Tokyo ed è opportuno preoccuparsene. In particolare è delicata la posizione di Taiwan che, per la sua collocazione geografica, ha riflessi sull’intera strategia dell’area del Pacifico asiatico e si lega anche al controllo dell’isola di Diaoyu ( vicina a Okinawa), nel bacino compreso tra Cina, Giappone e Taiwan. Gli equilibri nell’est asiatico sono praticamente rimasti congelati dalla fine della belligeranza al 38° parallelo (guerra di Corea) e riflettono ancora le posizioni stabilite da Jalta. Non hanno risentito del crollo dell’impero sovietico, perché in quell’area la potenza dominante era la Cina, che allora era chiusa e relativamente statica, concentrata sui problemi interni; ma oggi Pechino si muove. Se la caduta del muro di Berlino è stato un fatto principalmente europeo, con effetti liberatori, ma che ha generato tutta una serie di problemi legati alla necessità di riequilibrio tra aree contigue e simili, la stessa cosa sta avvenendo nel sud-est asiatico. Il fallimento del sistema totalitario comunista è ancor meglio dimostrato dalla Cina che ha intrapreso una via intermedia, smantellando l’ideologia centralista in economia, ma non nella gestione sociale e politica. Questo porta ad una serie di squilibri interni, che potranno essere controllati fino a quando la crescita del reddito permetterà di mantenere realizzabili le speranze di chi ancora “non ha”, poi ci sono i problemi ambientali e dell’inquinamento. I paesi che sono rimasti indietro, come la Corea del Nord, sono però spinti a seguire l’esempio di Pechino, per evitare di essere travolti Se la riunificazione tre le due Coree non può viaggiare a gran velocità, perché i rapporti tra i due paesi sono limitati, non è così per le due Cine. Gi scambi economici, industriali e di turismo sono già intensi al punto che è fortemente sentita l’esigenza di voli diretti tra Taipei e le principali città cinesi. Segni di distensione tra Pechino e Taipei . Un’integrazione con Pechino porterebbe all’economia tawianese un enorme mercato per svilupparsi e sappiamo che l’interesse economico è sempre una potente molla per i cambiamenti. D’altra parte avere il controllo della posizione geografica di Tawan è fondamentale per lo sviluppo navale della Cina e chiuderebbe le mire giapponesi a sud e renderebbe più sicuro tutto il Mar Cinese Meridionale. Cosi se cadono le preclusioni ideologiche e le paure è possibile che in tempi abbastanza veloci Taipei entri nella sfera di influenza di Pechino, anche se è possibile che mantenga una posizione di privilegiata autonomia. Ma questo andrebbe evidentemente a modificare tutto l’equilibrio geopolitico dell’ Asia dell’Est: un equilibrio instabile, estremamente delicato che è anche uno degli ultimi residui di Jalta. Per evitare contraccolpi è quindi necessario trovare soluzioni pacifiche prima che possa nuovamente far iniziare un surriscaldamento dell’area verso un conflitto armato: cosa improbabile per ora, ma sempre possibile. Argomenti: #asia , #cina , #comunismo , #corea , #est asiatico , #geopolitica , #giappone , #india , #russia Leggi tutti gli articoli di Giovanni Gelmini (n° articoli 506) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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