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 Anno IV n° 8 AGOSTO 2008    -   TERZA PAGINA



Notte di ferragosto

Di Adriana Libretti



C’è un momento in cui Milano si svuota.
Succede in agosto, non è una novità.
In agosto, a Milano, c’è un uomo pigro. E fin qui niente di straordinario.
C’è una donna pigra. E ancora, niente di particolare.
Ci sono un uomo e una donna, pigri, che s’incontrano.
E la cosa comincia a farsi complicata.
La donna si chiama Ester; l’uomo, Elia.
Non hanno comuni ascendenze israelite, sia chiaro. Anche se dai nomi potrebbe sembrare.
Sono cristiani- cattolici- apostolici.
Non si sono conosciuti in chiesa. Sono andati insieme in birreria, quartiere Barona.
Un sola volta, sia chiaro. Trascinati fuori casa da un paio di persone, in una serata afosa come tante. Ecco le uniche premesse.
Questo lo scarno resoconto dei fatti.

Ester, in mutande, sta guardando la tivù. Una coppia di amici va a cercarla. A lei tocca perfino alzarsi, che seccatura!
- Magari un’altra volta! - grida dalla finestra.
Niente, non c’è verso.
- Aprimi, salgo io! - dice Pia, la cosiddetta amica.
Ester sulla porta, mentre Pia la spintona :
- Ma cosa fai eh? Cosa fai?! Tieni giù le mani!
Si ritrova vestita di tutto punto, suo malgrado.
Elia nudo, una specie di straccio bianco intorno alla vita, forse quello che resta di un lenzuolo.
Le pale della ventola scompongono i suoi capelli radi. Poi d’un tratto, il suono del citofono.
Elia finge di non sentire, preme il cuscino sulle orecchie. Silenzio.
Questione di un istante. Ed ecco che riattacca, di nuovo. Ancora e ancora.
Elia si affaccia stremato. Vede Tullio, il cosiddetto amico.
- Preparati e scendi, ti aspetto!
- Neanche per scherzo...
- Sbrigati, poche storie, me lo devi!
- ...Cos’è, siamo ai ricatti?
Ester è là con Pia, dall’alto Elia non aveva notato le donne.
“Manca poco e mi picchia, la cretina! Come si permette?!” rimugina Ester.
Pia e Tullio comunque ce l’hanno fatta, erano mesi che stavano cercando di combinare: finalmente i bràdipi avranno modo almeno di vedersi.

A fine serata, il bilancio è pesante. Molto pesante. Decisamente più del previsto.
Ester torna a casa innamorata di Elia, Elia di Ester.
Nessuno dei due, però, ha intenzione di muovere un dito, nessuno dei due ha la forza di aspettare, nessuno dei due è in grado di mandare un segnale.
Come diavolo è che si sono innamorati da un momento all’altro, proprio loro, lenti per vocazione? La volontà non c’entra, questo è certo, anzi, se lo sarebbero evitato volentieri.
- Guarda tu cosa va a capitare appena si caccia il naso fuori! Se chiudo gli occhi, si chiuderà anche il cuore - dice Ester lasciandosi cadere a peso morto sul letto. Invece sogna di Elia. Sogna di baciarlo e di abitare con lui. Sogna di avere la pancia grossa, con un bambino dentro; il bambino di Elia.
Elia è stanco, non riesce a star fermo; questo sintomo lo preoccupa sul serio.
In corridoio, cammina avanti e indietro.
“Quasi organizzo una partita di pallone” pensa, e si prende la testa tra le mani.
Sono anni che non tocca una palla, anni che non corre, secoli che non chiama qualcuno. In agosto, poi. Che idea. Perché non telefonare a Ester allora?
“No no no, e che diamine, voglio giocare a calcio… Io che faccio il numero di Tullio, da non credere! - A Milano nevica in pieno agosto - . Sento già il suo commento! …Su avanti, rispondi! Eh dai, muoviti!… Lo sapevo. Niente, non c’è”.
Rimanda all’indomani. L’indomani rimanda al giorno dopo e così via. Ferragosto si avvicina. Tullio ormai se n’è andato. Con Pia, ovvio.
“ Semper in gir con la dona adré, lo squallido! Che tristezza, neanche un briciolo di fantasia!”
Tanto meglio. Lui chiuderà le persiane, porterà il ventilatore al massimo, saccheggerà il freezer che è sempre ben fornito; la mamma glielo ha riempito fino all’orlo, prima di partire per il mare. Gli ha chiesto:
- Vuoi venire con me?
- Ehi ma’, non mi conosci? - si è limitato a rispondere.
Ester sta scolando una birra, di fianco al letto ci sono una dozzina di lattine.
“Ma sì, poi le butto tutte insieme” pensa. Senz’accorgersene si passa le dita sulle guance.

“ Ho la faccia bagnata…Oh Madonna, cos’è ? Congiuntivite? Allergia?”
Cerca di capire, sospira e intanto suda, deve smettere subito di pensare. Accende la radio.
Musica africana. Il piede comincia a muoversi a tempo, i fianchi ondeggiano, le mani ruotano...
“E adesso...?”
E’ affannata, Ester. Cerca di darsi un tono, si schiarisce la voce.
- Mi toccherà parlare con qualcuno, Madonna.
Però stasera è il quindici di agosto, in città non c’è anima viva.
Esce, attraversa la strada. Cammina. Cammina. Cammina.
Dall’altra parte, una persona si muove in direzione opposta, sta venendo verso di lei. Si direbbe una figura maschile.
Sempre più vicina, mette quasi paura. Nessuno, in giro. Se solo potesse, Ester si volatizzerebbe.
“ Oh no! Va’ che sfortuna!”
Anche Elia si è accorto di Ester.
“Cercare scampo, via! Salta’ el foss! Cambiare marciapiede! …Troppo tardi!… Che roba, che roba! Mi tremano le gambe...”
Sono a meno di un metro l’uno dall’altra. Inevitabile fermarsi. Fin qui niente di straordinario. Inevitabile abbracciarsi, anzi, sicuramente evitabile.
Baciarsi dappertutto però è davvero eccessivo, e qui le cose si complicano.
Perché è ferragosto, i tram non passano, le rispettive case sono lontane, loro due sono stanchi.
Ester si appoggia ad un portone. Elia si appoggia ad Ester. Per pigrizia, ovvio!
Fanno l’amore, inevitabile.
Forse il sogno di Ester si avvererà. La sua pancia diventerà una specie di ‘open-space’. Nel qual caso sarà inevitabile imparare l’attesa.
Insegnare a parlare.
Parlando, ovvio.
E qui tutto si complica.
Già.
Ma non è detto che le complicazioni siano poi sempre un male.
Un uomo spalanca le imposte. Vuole togliersi di mezzo, ha deciso.
Guarda per l’ultima volta la vecchia strada; guarda dietro di sé, dice addio alla stanza scura e angusta, poi si riaffaccia. Sta per scavalcare...
Vede quei due avvinghiati, ha un travaso di bile, gli girano i santissimi e non si butta più.

(Dalla raccolta di racconti “Incontri di stagione”, Zephyro Edizioni, Milano)



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