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Anno IV n° 8 AGOSTO 2008 MISCELLANEA |
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“La camera dello scirocco”: una soluzione antica alla calura
Di Chiara di Martino
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“ROMA - Non accenna a diminuire il caldo torrido di questi giorni e adesso per otto città italiane scatta l'allarme rosso di "livello 3", che indica un'ondata di calore che fa aumentare…” NO!! No, no, no, nooooo...basta con queste notizie, basta con l’emergenza caldo, con l’emergenza buco dell’ozono, con l’emergenza effetto serra a causa dei condizionatori che 24 ore su 24 ci (mi ci metto dentro anche io) rinfrescano le cervella… ero stanca di tutte queste news fresche fresche anzi calde calde, e così tanto per ammazzare il tempo ho interpellato Gedeone “il mio unico neurone” chiedendogli come facesse la gente nei secoli precedenti a non morire letteralmente dal caldo… Oggi il ministro della sanità invita gli anziani a farsi una passeggiatina al banco dei surgelati per sfuggire alla canicola…ma prima?? Cosi decisi di spegnere la mia sete di conoscenza e con il fedele Gedeone armato di ventaglio che refrigerava il mio lobo frontale, ho cominciato una ricerca e … click dopo click sono approdata sulle rive di una piattaforma web che narrava la storia delle “camere dello scirocco”: ecco svelato il mistero. In Sicilia sfuggire al caldo torrido era diventata un’arte nei secoli scorsi. La morfologia del territorio, mutata nel tempo a causa delle innumerevoli invasioni che hanno caratterizzato la storia della mia terra, era particolarmente incline alla realizzazione di un tanto semplice quanto efficace meccanismo in grado di rinfrescare gli ambienti. Le città siciliane non si limitavano ad estendersi orizzontalmente, ma i vuoti sotterranei erano utilizzati per vari scopi, sempre però collegati alle attività di superficie: cripte, catacombe, pozzi, cisterne esprimono questo rapporto secolare tra l'uomo e il sottosuolo che, sotto la città di superficie, ne ha costruito un'altra nascosta. Queste architetture del sottosuolo avevano ciascuna il proprio ruolo sul quale poi nel tempo vennero ricamate storie leggende e “cunti” siciliani. La nobiltà Palermitana, stanca della calura portata dal vento caldo di Sud-Est, lo Scirocco, si rifugiava in alcuni di questi ambienti, più particolari e rifiniti rispetto agli altri, per trarne beneficio dalla frescura dovuta alla sua particolare struttura. Le camere dello scirocco erano spesso presenti nelle ville e nelle case di caccia durante la cosiddetta “grande villeggiatura” che raggiunse la massima diffusione nel XVIII secolo. Piccoli corsi d’acqua, che seguivano il perimetro della stanza, spesso sfociavano in piccole cascate dal notevole effetto scenico, ma create principalmente per far abbassare la temperatura di qualche grado. Ambienti intagliati ad arte nella roccia calcarenitica, decorati da piastrelle finemente decorate, tipica eredità araba, attraversati e resi freschi dai corsi d’acqua, creati artificiosamente e detti qanat, che si ramificano nel sottosuolo: erano l’unica ma significativa risposta all’afa che attanagliava Palermo. Il sottosuolo a riparo dal tempo meteorologico e anche al riparo dal tempo storico era l’ideale per tutti quei pellegrini che in cerca di refrigerio si fossero affidati alle sue pareti imperlate di acqua fresca. Impercettibili pendenze e semplici soluzioni logistiche permettevano all’acqua di essere sempre in movimento per evitarne il ristagno: scale con passamano realizzati in tegole concave all’interno delle quali scorrevano freschissimi torrenti in miniatura nonostante le elevate temperature esterne. Piante arbusti e rampicanti chiudevano il cerchio di elementi naturali che facevano da padrone in queste stanze. Alcune presentano una vera e propria “torre del vento”, di forma tronco-conica che racchiude alla base una camera con sedili, il cui compito era quello di veicolare la circolazione dell’aria fresca all’interno dei palazzi, espellendo quella calda. Di queste meraviglie e di molte altre Palermo e la Sicilia in generale ne è piena, ma molte volte il caldo dà alla testa e ci si scorda troppo facilmente delle potenzialità di questa terra… Ad occhi chiusi riuscivo ad immaginarmi in quei luoghi, riuscivo ad avvertire l’armonia tra gli elementi che senza essere costretti o violati partecipavano alla vita quotidiana di quello che si sarebbe rivelato il loro peggior nemico: l’uomo. Dopo una ventina di secondi di pseudo-meditazione stacco le pupille dal monitor. Uno strano ronzio mi aveva riportata alla realtà: il condizionatore, la mia camera dello scirocco in miniatura era lì che mi fissava con tutti i suoi led accesi… Guardai sconsolata Gedeone che per la tristezza aveva anche smesso di sventagliare… La poesia era finita, i colori accesi della vegetazione quelli duri e forti delle rocce e quelli evanescenti dell’acqua avevano lasciato il posto al bianco e al nero di un parallelepipedo di plastica… |
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