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Giochi di bambina Di Rosa Tiziana Bruno
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Con l’arrivo del caldo, quello vero, mi tornano in mente i miei giochi di bambina. Ogni Estate con la famiglia ci si trasferiva a Paestum, ricongiungendosi al resto della parentela. Fra cugini si creavano strane alleanze, strane quanto le fantasie ludiche capaci di generare. Dopo lunghe mattinate al mare, gli altrettanto lunghi pomeriggi in campagna diventavano la sede dei nostri esperimenti scientifici. A nessuno di noi andava di giocare con bambole o soldatini, troppo noiosi e inanimati. Per non parlare dei robot parlanti che ripetevano sempre gli stessi versi e gesti. No, il nostro campo di applicazione preferito erano gli insetti. Io mi concentravo sulle formiche, probabilmente perché erano i soli esseri dai quali non dovevo temere una reazione, quindi si può dire per manifesta viltà. Con animaletti un po’ più grandi non si sa mai come può finire. Per esempio mio cugino Franco mozzava le code alle lucertole, ma questo richiedeva una certa dose di coraggio, che io non possedevo. - Frà… e se quella si gira e mi morde? - Ma le lucertole non mordono, fifona. - Non mordono… Sicuro? E come fai? - Guarda, la prendi così… Ecco. Visto? -Ah… meglio di no Dunque mi restavano le formichine, soprattutto nei momenti solitari. Le trovavo affascinanti da osservare, con tutti quei movimenti coordinati, con le cose strane che facevano oppure quegli assembramenti mostruosi all’ingresso del formicaio o i trasporti pesanti in cui sono abilissime. A volte prelevavo un insetto di specie diversa e lo trasportavo alle porte di un formicaio e restavo a guardare la reazione delle guardiane. Oppure rubavo loro una mollica di pane e restavo a guardare il comportamento smarrito e meravigliato delle trasportatrici. Per non parlare di quando inserivo una formica rossa in un formicaio di nere. Immediatamente scattava l’allarme! L’agitazione e la guerra che si scatenava era divertente. Naturalmente immaginavo i pensieri delle poverette, ipotizzavo i discorsi delle guardiane e il tentativo di difesa dell’involontaria intrusa. - Giuro che mi sono trovata qui per caso - Seeeeeeee a chi vuoi darla a bere? - Ma no, stavo lavorando nel mio formicaio e all’improvviso sono capitata qui - Tu sei una scansafatiche, forse ti hanno cacciata e vuoi infilarti a casa nostra per rubarci il cibo - Macché, ero intenta a trasportare una mollica di pane quando mi sono voltata e ho visto voi - Vuoi vedere che adesso è colpa nostra se sei qui, spiona! - No scusate, volevo dire… - A morte l’intrusa! Ovviamente nessuna di quelle formiche poteva notare la mia mano, troppo grande e veloce, troppo fuori da ogni logica per essere immaginata. Fonte insospettabile di un destino bizzarro. Quando ci ripenso mi scappa un sorriso di nostalgia e una domanda, sempre la stessa. E se fosse stata una gigantesca mano a portarmi qui dove sono? Magari una mano sadica e illogica come la mia. Azz… come lo spiego agli amici che quando arrivo in ritardo è colpa della manona? Per non parlare di quando dimentico il bagaglio a mano sull’aereo o quando mi scontro distrattamente con qualcuno sul marciapiede. Sono quasi certa che è colpa della manona. Anche se ovviamente non ho prove. Ancora non so se questa spiegazione può essere conveniente o se è deprimente. Devo pensarci. L'unica cosa certa è che devo giocarmi bene la mia parte. In fondo, nonostante la mano sadica, anche la formica rossa aveva una possibilità di scelta e così pure le nere. Difatti a volte capitava che il formicaio accoglieva l’involontaria intrusa senza litigare, altre volte perfino dividevano con lei le provviste. Ecco forse il segreto è l’accoglienza. Dovunque ci troviamo, possiamo scegliere se accogliere o meno qualcuno e come accoglierlo. Se frequentare persone con cui andiamo d'accordo o se fuggire via da chi ci opprime, prima di essere condannati a una morte lenta. Non è una scelta da poco. E’ il segreto della vita, forse. Mah… Argomenti: #racconto Leggi tutti gli articoli di Rosa Tiziana Bruno (n° articoli 19) |
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