REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno IV n° 9 SETTEMBRE 2008 TERZA PAGINA


Una favola per voi
La pietra maestra
Di Cricio



La pietra stava lì ficcata nel prato da millenni. Su di lei c’erano molte leggende, perché aveva una caratteristica: al mattino e alla sera, “suonava”. Chiamarli suoni è limitante, erano a volte lamenti, a volte canti, a volte borbottii, sempre diversi così che intimidivano la gente.

Stava lì ficcata in un prato e attorno ad essa non c’era una casa, né una stalla. La gente non si fidava. Non aveva mai fatto male a nessuno, ma chi aveva mai sentito parlare di pietre parlanti? Nessuno! Allora come si poteva fidarsi di lei? Era anche grande e grossa, tutta rosso granato e doveva pure essere pesante! Se per caso si fosse mossa? Se a un certo punto avesse avuto nascosta da qualche parte una bocca con cui sbranarti? No! Meglio non fidarsi... i bambini erano tenuti distanti da essa, ma l’erba era buona, era ritenuta la migliore e veniva data agli animali che pativano. Quando una vacca doveva partorire veniva alimentata con quell’erba, ed ecco che il parto diventava facile e il vitello che nasceva era vispo e gioioso.

Così la pietra era temuta e rispettata nello stesso tempo, ma nessuno poteva dire di amarla.

...


Giovannino era partito all’alba, con lo zaino sulle spalle. Pensava di raggiungere a sera un rifugio, ma un fitta nebbia gli aveva fatto perdere l’orientamento. Al mattino quando era partito il cielo era limpido e il sole nascente illuminava le vette. Si era incamminato su un sentiero che non conosceva, ma sapeva che era ben segnato. Voleva vedere nuovi paesaggi e scoprire cose nuove, così, passo dietro passo, era salito in quota. Doveva superare un crestone, poi ridiscendere verso un laghetto alpino, dove pensava di fermarsi per pranzare. Da quel punto, passato un bosco, avrebbe dovuto vedere il rifugio dove pensava di fermarsi qualche giorno per esplorare quei posti a lui sconosciuti. L’ambiente del rifugio è caldo e si fa presto amicizia, non temeva di restare solo.

Invece, passato il laghetto ed entrato nel bosco, si trovò in una nebbia fitta. Raro trovarle, ma quando ci entri non vedi più nulla e i rumori vengono amplificati. Era quello che era successo a Giovannino. I rumori lo avevano forse tratto in inganno e gli occhi non servivano più.
Le ore passavano e non capiva più dove stesse andando, quando lo colse la sera.
Giovannino non aveva paura della natura, ma era stanco e sentiva il bisogno di trovare un posto dove dormire sicuro, quando, superato un passo, la nebbia svanì improvvisamente come avviene in montagna. Nel cielo, attraverso i rami degli alberi si intravedeva la luna piena. Era ora di trovare un posto dove dormire, nel bosco è meglio non addormentarsi: ci si sveglia poi col mal di testa.
Ecco che apparve una grande prato, chissà se c’era un fienile o una stalla. Giovannino cercò inutilmente, il prato era ampio, ma non c’era nessuna costruzione. La stanchezza vinse sul desiderio di trovare un posto per dormire. Giovannino si fermò, appoggiò lo zaino per terra, ne estrasse un maglione e una la giacca a vento, si sdraiò e, coprendosi con quegli indumenti, cadde in un sonno profondo.

...


La lattescente luce del mattino illumina il prato. Giovannino la percepisce, ma quello che lo sveglia è una specie di sinfonia: vibrazioni mai sentite, provenienti da strumenti sconosciuti. Quando Giovannino si sveglia normalmente è nero, intrattabile e apre con difficoltà gli occhi stropicciandoseli. Questa volta, malgrado abbia dormito sul prato, è invece sereno e allegro. Che sia merito della strana musica?

Improvvisamente percepisce delle parole, ma non dette da una voce umana:

-  

Buon giorno, gli uccellini sono svegli da tempo. Dormito bene? Se vuoi fare colazione qui c’è un cespuglio di more mature, ne puoi prendere in abbondanza.

Giovannino si alza di scatto. Chi ha parlato? Si guarda intorno, non vede nessuno, ma non ha paura: la sensazione che lo pervade è di sicurezza, dolce e tranquilla. Mai provata una dolcezza così. Vede il cespuglio che è carico di frutti maturi, ne prende qualcuno e li prova, sono ottimi, dolci e saporiti. Sono quello che ci vuole dopo la faticata del giorno prima. Ecco che nell’armonia della musica arriva di nuovo la voce:

-  

Sono buone? Giovannino grazie per avermi tenuto compagnia questa notte.

-  

Ma chi sei? Non ti vedo...

-  

Sono Lita, la pietra maestra di questa valle, quella a cui hai appoggiato la testa per dormire questa notte; sono sempre sola e i tuoi capelli riccioluti questa notte mi hanno fatto un poco solletico, ma è stato un immenso piacere vegliare sul tuo sonno.

-  

Vegliare?

-  

Si, sai ci sono gli animali notturni e può essere pericoloso. Ma una mia vibrazione li ha tenuti lontani, per fortuna che non hai avuto paura di me e mi hai scelto come compagna di questa notte.

-  

Grazie, così alta ed appuntita metti soggezione, ma invece sei dolcissima...

-  

È mio dovere aiutare chi mi sta vicino, sono stata creata per amare e amare mi rende felice. Questa mattina ho salutato il sole piena di felicità: finalmente qualcuno non ha avuto timore di me e si è affidato completamente alla mia massa.

Giovannino è un poco stupito e molto curioso di sapere. Una cosa però nota: lì sente la felicità scorrere a fiotti, cosa che non aveva mai provato in vita sua. È un sentimento limpido, una vibrazione dolce invasiva a cui non può sottrarsi; la dolcezza gli dà serenità e sicurezza. Forse per quello ha scelto quel posto per riposare.

Il prato attorno alla pietra è forse più verde?
Le more che ha prima assaporato sono forse più dolci?
I fiori che si vedono abbondanti, sono forse più belli?


Queste domande trovano sempre un sì per riposta. Non solo l’aria è più profumata, gli uccelli cinguettano e si ricorrono con gioia. Ogni cosa da sola non è straordinaria, ma è il tutto straordinario.

-  

Lita, ma questo è un posto meraviglioso!

-  

No Giovannino questo è un posto che vive nelle regole della natura, è la natura che è meravigliosa!

-  

Il sole è già alto. Ḗ ora che tu riprenda il cammino. Scendi lungo il sentiero e presto troverai delle case.

-  

Ma perché devo lasciare questo posto? Ho cercato per tanto la felicità e questo mi sembra il suo tempio, perché devo andare?

-  

Anche tu devi seguire la natura, se ti fermassi qui disturberesti l’equilibrio che c’è, tu devi tornare alla tua casa. Hai dei compiti da svolgere laggiù, non qui.

-  

Va bene, parto, ma tornerò perché questo è troppo bello

-  

È facile tornare ed è difficile nello stesso tempo: per arrivare devi superare le nebbie che ti avvolgono, ora vai...

Giovannino ripone le sue cose nello zaino, se lo sistema sulle spalle e inizia la discesa seguendo un sentiero tracciato nel prato. Il sole lo riscalda e la suo cuore batte secondo una armonia nuova, ma il suo pensiero torna a Lita: cosa è? Perché è sola? Mentre pensa così, scende a salti lungo il sentiero, che, lasciato il prato dove stava la pietra, si snoda ripido su un costone verso il fondo valle.

Superato un piccolo dosso, appare un gruppo di case grigie come è la loro pietra. I tetti sono di pietra, i muri di pietra, la mulattiera passa tra le case ed è grigia anche quella. Orti recintati da steccati spessi, porte sprangate, finestre con inferiate robuste e fitte che coprono gli spazi bui delle case. Solo qualche fiore spunta selvatico, da qualche angolo dimenticato. Giovannino ha una brutta sensazione, ma non si ferma. C’è qualcosa di anomalo in quello che vede.
Giovannino entra nell’abitato, con circospezione,guardandosi intorno. I suoi scarponi fanno scricchiolare i sassi della strada e nel silenzio il rumore rimbalza tra i muri delle case. Un grido lo fa sobbalzare.

-  

Ehi tu!

Giovannino sussulta. Chi lo chiama. Cosa ha fatto mai? Si volta e alza gli occhi e vede un viso femminile, incorniciato di riccioli d’oro: è una giovane affacciata alla finestra della casa che ha appena superato. Giovannino si chiede cosa succeda perché negli occhi della giovane legge sentimenti contrastanti: timidezza, curiosità, ma non paura. Un sentimento che invece si legge sui muri e sulle porte delle case.

-  

Dici a me?

-  

Sì, a chi se no? Vedi nessun’altro in giro?

-  

No! Hai bisogno di qualche cosa?

-  

Chi non ha bisogno di qualcosa... certo, scusa se sono curiosa, ma da dove vieni così di primo mattino? Ti ho visto scendere dal prato della pietra...

-  

Sì vengo da lì.

-  

... ma... da dove arrivi?

-  

Arrivo da.... – e Giovannino dice il posto da cui era partito

-  

Ma è lontano! E la mulattiera che arriva là non passa dalla pietra

-  

È vero, mi sono perso nel bosco e quando è venuta notte mi sono addormentato appoggiando la testa alla pietra di granito rosso...

-  

Cosa? E non ti ha mangiato?

-  

Nooo! Come vedi sono qui in perfetta forma, anzi mi ha offerto un’ottima colazione.

-  

Ma come, qui tutti la temono, la considerano una strega, ne hanno paura, ma se hanno bisogno di qualcosa vanno tremando a raccogliere le erbe che crescono in quel prato, perché sanno che quelle risolveranno i loro problemi. Vieni qui sotto che non mi va di urlare... sai anche i problemi amorosi, anche chi vuole un figlio o non lo vuole: le sue erbe risolvono sempre i problemi di tutti.
- Davvero? Ma perché allora ne hanno paura?

-  

- Perché... perché, non capiscono perché! È una pietra che parla e... hai mai visto tu una pietra che parla? Come si fa a non averne paura! Uhm aspetta che scendo, non mi piace farmi sentire in questi discorsi...

Giovannino resta in mezzo alla strada con il sole ormai alto che lo illumina come se fosse un eroe rientrato dalla lunga permanenza in Terra Santa. Sente un catenaccio scivolare nella sua sede e un usciolo si apre. Dalla fessura vede gli occhi luminosi della ragazza di poco fa e si avvicina.

-  

C’è nessuno che vede?

-  

No!

-  

Allora entra alla svelta, sai le male lingue qui sono sempre al lavoro.

La porta di apre furtivamente Giovannino entra, l’uscio si richiude e si sente nuovamente il rumore del il catenaccio che ferma la porta. Giovannino è stupito, non riesce a vedere nulla quando sente una mano che prende dolcemente la sua: è una mano dolce, ma sicura, che lo guida verso un’altra stanza.

-  

Scusa se mi comporto in modo strano, ma forse... ti aspettavo.

È la voce della ragazza che mentre parla ha stretto ancora un poco di più la mano, come a dare conferma di quello che sta dicendo. Ora, guidato dalla ragazza Giovannino si trova in una grande cucina, il buio è rotto da raggi di sole che passano dalle fessure degli scuri. La ragazza lo guida verso un grande tavolo al centro della stanza.

-  

Sono Rosalba, posso offrirti qualche cosa intanto che ti racconto? Non c’è molto: della frutta del nostro orto, è buona sai... o dell’acqua della nostra sorgente: è fresca e leggera. Siediti...

E così dicendo, sposta una sedia affinché Giovannino si sieda comodo, prende un cesto di vimini con mele, pesche e albicocche e lo mette davanti a lui, va verso il fondo della cucina dove da una pentola, con un mestolo di rame, prende dell’acqua e la versa in un bicchiere di vetro. Giovannino non sa cosa pensare, non gli è mai capitato nulla di simile, ma non sente tensioni nell’aria, solo dolcezza ed eccitazione, come quando si sta per avverare una cosa attesa da tempo.

-  

Mi chiamo Giovannino, non credo di essere mai stato da queste parti, ne di averti mai conosciuto...

-  

Non credo che ci si sia mai visti prima, ma forse sapevo che oggi saresti venuto, se hai pazienza adesso te lo spiego. Non volevo farmi sentire perché è una cosa strana.
Qui tutti dicono che la Pietra è pericolosa, anche se non ha mai fatto male a nessuno. Io non ne sono mai stata convita di ciò e a volte, cercando di non farmi vedere vado al suo prato per vederla.

Mentre mi avvicino a volte la sento cantare, a volte è come si mi chiamasse. Ma non ho mai il coraggio di avvicinarmi. Ieri però mi sono avvicinata un poco di più e, non so come, mi sono trovata tra le mani un ranuncolo giallo ed una margheritina. Come ho visto i fiori ho sentito dentro di me una grande tranquillità; da quel momento sono sempre stata serena, non come la solito che sono preoccupata di tutto: le capre da chiudere alla sera nella stalla, il pollaio da chiudere perché la volpe non entri e tutte quelle incombenze che ho sempre paura di non riuscire a fare in tempo.
Sono tornata a casa e la serenità non mi ha lasciato più, anche se sentivo che qualcosa di nuovo, qualcosa di strano sarebbe successo.
Questa mattina, quanto ho sentito i tuoi passi sul selciato della strada ho capito che dovevo fermarti, che tu mi avresti dato aiuto, per cosa non lo sapevo, ma ora invece so cosa c’è da fare... aspetta un attimo che chiamo mia madre e per favore racconta anche a lei quello che hai raccontato a me....

...

Gli anni sono passati, Giovannino nel suo paese e Rosalba nel suo si sono adoperati per trasmettere a tutti il messaggio delle pietra maestra.

Ora, nella mezza luce della stanza, Giovannino appare come un vecchio rattrappito, ma la sua mente è ancora lucida. Adesso sta ricordando quelle giornate che gli cambiano la vita.
Prima Lita, la pietra, gli insegnò che la felicità viene dall’amore, poi Rosalba, come agire. La forza di quella ragazza che convinse tutto il villaggio ad amare ed essere fiduciosi. In un giorno le case del villaggio, da grigie, chiuse, buie e silenziose cambiarono: si aprirono al sole, al gioco, e la felicità si diffuse. Sì perché gioia e felicità sono contagiose.
Quel giorno capì anche che donare, invece di impoverirti, ti arricchisce e che non devi avere paura di quello che vedi diverso: spesso ha più da darti.

Ora è ricco di tante esperienze, emozioni, ricordi, sensazioni: una ricchezza che nessuno può rubare. Giovannino è soddisfatto della sua vita, ma adesso si sente di peso alla gente che lo circonda, non è più in grado di aiutare nessuno. Ad un certo punto sente una voce che lo chiama; sembra lontana, non si capisce da dove venga... ecco che la riconosce: è la pietra che lo chiama.

-  

Vieni ti sto aspettando!

-  

Un attimo che cerco gli scarponi...

-  

... no, non servono, sei diventato leggero ora e i tuoi piedi sfiorano appena il pavimento...

-  

... prendo il tabarro, è lunga la strada per raggiungerti ed è notte...

-  

... non ce ne è bisogno, la notte è calda, è agosto, vedrai che la strada non è così lunga, ti guido io.

Giovannino di alza e le sue gambe non tremano più, sono tornate sicure come una volta. A passi lunghi inizia il cammino che sale sulla montagna; salite e discese nel bosco, quella strada non l’aveva percorsa più da quel giorno, ma ora la conosce a memoria e finalmente al sorgere del sole vede nuovamente la pietra ficcata nel prato che lo incoraggia:

-  

Vieni hai vissuto secondo natura, vieni ed appoggia la tua testa riccioluta vicino a me, veglierò ancora il tuo sonno... per sempre.

Il sole, che stava spuntando, vide un nuovo cespuglio fiorito di fiori rossi a fianco della pietra.


La foto della "pietra parlante" è di un opera di Pinuccio Sciola presentata a Bologna , vedi gli articoli pubblicati su Spaziodi Magazine Anno II° N°12 22 GIUGNO 2006:
Pinuccio Sciola - Impianto Sonoro Scolpito
A Bologna dal 18 giugno – 16 luglio 2006
di Serena Bertogliatti
Pietre sonanti', ma cosa sono?
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Diario della missione speciale a Bologna
Tra colonne d’auto e ‘pietre parlanti'
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