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Fauci terribili
di tigre, di pantera, di leopardo
ancor dilaniano l'antico tuo tormento d'uomo rifiutato.
Sospira,
accarezzando il tuo rimpianto
d'esser senza pace,
il flauto del pastore
che riposa nell'assurdo colore dell'agreste incanto.
Qual furia d'Inferi la verde
orrenda serpe stritola
il disprezzo, compagno infido dell'impaurito vagare
a cercare te stesso
e d'una donna il bacio
ed il sorriso.
Canta, prepotente, gioioso il gallo,
l'iridescente cristallo del misconosciuto
estro qui prorompente
sfavillando m'affascina.
Atterrisce l'enorme nero ragno
dell'alida giovinezza
incubo, angoscia, affanno
vanno brune formiche in fila
come cupi pensieri sui tratturi
sconvolti d'ancestrale terrore.
Squarcia,
la gialla folgore della repressa ira,
il cielo plumbeo della tua tristezza incalza la bufera e in fuga volge l'lnfradiciato carro
dello scherno. Sempiterno,
come il solenne strèpere
del fiume amico,
l’'anelito del genio distempera
la matura violenza, l’infantile candore.
Dalle pupille del gatto,
con fissità umana torna assillante l'enigma del tuo sguardo.
Ma le tue dolci seppur algide aurore,
i tuoi tramonti accesi
come febbricitanti gote,
l'innaturale luce che sui campi
irrompe
e accende l'orizzonte e i casolari,
i tuoi voli d'uccelli
nell'inconcepibile azzurro
dischiudono lo scrigno
arcigno del tuo sembiante
donandoci tenerezze infinite.
Ora, che l'eterno algore t'accoglie,
l'esacerbato cuore, il rustico talento
riposano, nell'urna d'avorio e d'alabastro
che l'Arte, a te grata, ha scolpito.
Entro di noi l'insonne tua fatica ha scavato
una culla d'arcobaleno per il tuo ricordo.
Ora riposa, Antonio, riposa.
Guido
Dorotina di Mozzo, 1983
Tratto da “Le buonecose” – Comunità della Dorotina 1984
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