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Forlì può definirsi con orgoglio città “canoviana” Scritto per: CANOVA L’ideale classico tra scultura e pittura Forlì, Musei San Domenico Di Fernando Mazzocca
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Forlì può definirsi con orgoglio città “canoviana”. Il grande scultore ha infatti eseguito –fatto davvero eccezionale- tre capolavori per personaggi forlivesi. Prima di tutto la nuova versione della Ebe, una delle sue opere più popolari, realizzata tra il 1816 e il 1817 per la contessa Veronica Guarini, arrivata nella prima metà del Novecento, dopo avventurose vicissitudini, nei Musei Civici di Forlì. Era stata preceduta nel 1814 dalla Danzatrice col dito al mento destinata, per interessamento del piacentino Pietro Giordani, uno dei più grandi amici e certamente il maggiore interprete critico di Canova, al banchiere Domenico Manzoni e andata dispersa dopo la morte del proprietario in un atroce fatto di sangue, il cui mistero rimane ancora insoluto. La vicenda verrà sublimata dallo stesso Canova nella bellissima Stele funeraria di Domenico Manzoni ancora conservata nella chiesa della Santissima Trinità, inserita nella sezione della mostra dedicata allo “scultore filosofo e il tema della morte”.
L’ Ebe viene esposta accanto alle due statue antiche, l’Arianna con la pantera allora agli Uffizi, e la ellenistica Danzatrice di Tivoli, ma anche, in un paragone davvero strepitoso, con il Mercurio di Giambologna con cui Canova si è misurato nel rendere il difficile motivo della figura in volo. Ma il significato dell’Ebe di Forlì viene chiarito confrontandola con la prima rappresentazione del tema, l’Ebe sulla nuvola dell’Ermitage.
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