La cucina profumava di zucchero e cioccolato.
Una torta stava cuocendo nel forno da circa venti minuti, rilasciando il suo gradevole aroma caramellato
tra le quattro accoglienti pareti di quella piccola stanza colma di pentole,
posate e piatti di porcellana.
La piccola Neve si
trovava in piedi accanto al vetro della finestra, osservando il giardino
nascosto da un gelido manto candido che lo ricopriva completamente, nascondendo,
sotto di esso, i rovi del roseto e le chiome appuntite degli abeti.
Aveva appena aiutato la
mamma a preparare la torta e le sue manine erano tutte impiastricciate di
farina, zucchero e burro.
“Neve, su, vieni
qui a lavarti le manine”, la richiamò dolcemente la mamma, invitandola accanto
al lavandino dove aveva già lasciato scorrere l'acqua calda.
Neve non si mosse da
dove si trovava, restando con lo sguardo stupito rivolto oltre il vetro della
finestra.
“Mamma,
guarda....è tornata un altra volta la signora che ieri era seduta sulla panchina
del giardino”, le disse scrutandola con un espressione stupita sul viso,
indicando con il ditino paffuto la panchina dipinta di verde che si trovava
sotto un salice piangente che il peso della neve aveva fatto ripiegare su se
stesso.
La mamma s'avvicinò alla
finestra, passando un panno asciutto sul vetro per riuscirvi a vedere bene
attraverso, ma il giardino apparve ai suoi occhi completamente
deserto.
“No, Neve, in
giardino non c'è nessuno. Su, smettila d'inventare tutte queste scuse e vieni
qui a lavarti le manine!”, la rimproverò guardandola con un espressione severa
sul viso.
“Ma mamma....io la
vedo. E' lì..sotto l'albero. Indossa un vestito tutto bianco che luccica sotto
la luce del sole. Ha gli occhi dello stesso colore del ghiaccio ed i capelli biondi e lisci, ornati da un nastro dello stesso colore dell' abito. Guarda, ora mi sta salutando. Dai , mamma! La facciamo entrare in casa? Deve avere freddo lì
fuori con tutta quella neve...”.
“Su, Neve,smettila con questa storia. Quella donna non esiste! Ora lavati le manine e vieni a sederti a tavola. Tra un po' la cena sarà pronta”.
Neve fece cenno di sì con la testa ma mise il broncio mentre eseguiva, controvoglia, i suoi
ordini.
Prima di allontanarsi
dalla finestra, si voltò di nuovo verso il giardino e rivolse un cenno di saluto
alla strana signora che non aveva mai smesso d'osservarla dalla panchina
giardino.
Neve ebbe la sensazione
che le sorridesse e le facesse cenno d'avvicinarsi.
Per un istante fu
tentata di raggiungerla e chiederle cosa volesse da lei. Sapeva che, però, la
mamma non le avrebbe mai permesso di uscire in giardino con quel freddo, così si
rassegnò ad abbandonare la finestra, voltandole le spalle, andandosi a sedere di
fronte alla tavola apparecchiata e imbandita per la cena.
Quella stessa notte Neve
si rigirò nel suo lettino senza riuscire a chiudere gli occhietti.
Il pensiero di quella
misteriosa signora le ritornò a sfiorare il pensiero, turbando i suoi
sogni.
Scivolò via dalle
coperte calde del suo lettino, s'infilò le ciabattine rosa ai piedini e si
avvicinò alla finestra della sua cameretta, guardandovi attraverso.
Lei non se ne era
andata. Si trovava ancora lì in giardino.
Questa volta era in
piedi e danzava sotto la neve che cadeva copiosa dal cielo buio, alzando le
braccia al cielo e girando diverse volte su se stessa, mentre il suo
abito candido s'apriva attorno alle sue gambe come la corolla di una margherita
coperta dalla neve.
Neve restò
incantata ad ammirare la grazia dei suoi movimenti e la leggiadria della sua
figura.
Quella donna era
bellissima. Era la perfetta incarnazione della Regina delle nevi, la protagonista della sua fiaba preferita che
la mamma le raccontava spesso prima che lei andasse a
dormire.
Neve
non ci pensò su più di due volte. La mamma e il papà stavano dormendo
profondamente nella stanza accanto alla sua e non si sarebbero certamente
accorti se lei fosse sgattaiolata in giardino per andare a fare la conoscenza di
quella donna che tanto l'incuriosiva e l'affascinava.
Aprì
le ante del suo armadio ed indossò, sopra il suo caldo pigiamino blu, un pesante
maglione di lana.
S'infilò un paio di calzette ai piedi e si mise le scarpine, lasciandole
slacciate perché ancora non aveva imparato a farvi il nodo.
Scese cautamente le scale che conducevano al piano sottostante, attenta a
non far alcun rumore per non svegliare i propri genitori.
Afferrò il suo cappottino rosso dall'appendiabiti, che si trovava accanto
alla porta d'ingresso, se lo mise sulle spalle e uscì in giardino.
L'aria gelida la colpì sul viso con la stessa violenza di uno schiaffo.
Sentì il sangue gelarsi immediatamente nelle sue vene e le dita delle manine le
iniziarono a formicolare, diventando subito blu per il freddo.
Neve
fu tentata di rientrare immediatamente in casa, ma quella donna si trovava ad un
passo da lei e pensò che se avrebbe perso quell'opportunità di parlarle, non ce
ne sarebbe stata un altra per farlo.
Le
si avvicinò timorosamente, sfiorandole con la manina la veste candida,
rendendosi contò che, in realtà, essa era fatta di ghiaccio.
“Ciao, bella signora”, la salutò, mentre lei si voltava nella sua
direzione, rivolgendole un sorriso algido.
“Ciao, Neve. Finalmente sei venuta da me”, le rispose la donna,
accarezzandole il visino con la punta gelida dei polpastrelli, fissando il suo
sguardo trasparente negli occhi di Neve che avevano gli stessi riflessi freddi
dei suoi.
“Come...come fai a sapere il mio nome?”, la interrogò la bambina, stupida
e spaventata allo stesso tempo.
“Lo so perché io sono la tua mamma, Neve, e sono qui per portarti via con
me....”.
“Non è vero! Tu sei bugiarda! Non sei la mia mamma. Lei è in casa che sta
dormendo!”, esclamò Neve, mentre la paura iniziava a farla tremare più del
freddo.
“Ma lei non è la tua vera mamma. Tu sei mia figlia, Neve. Non lo vedi
anche tu quanto c'assomigliamo, piccolina?”, le domandò la donna, mentre lei la
scrutava attentamente, rendendosi conto che aveva ragione, perché oltre il
colore degli occhi avevano in comune anche gli stessi capelli biondi e la
carnagione diafana.
“Quando, sei anni fa, venisti al mondo, io ero troppo piccola e povera per
prendermi cura di te, così ti abbandonai sulla porta di casa della donna che ti
ha fatto da madre per tutto questo tempo. Le lasciai un biglietto chiedendole
che ti chiamasse Neve, perché quella notte di novembre aveva nevicato
così tanto che la neve mi arrivava oltre le ginocchia", le spiegò la donna,
mentre un raffica di vento più fredda delle altre colpiva Neve, facendola
rabbrividire ancor di più.
"Mentre cercavo di tornare a casa, purtroppo, mi sorprese una terribile
tempesta di ghiaccio ed io rimasi per sempre prigioniera dell'inverno...ma ora,
Neve, sono tornata per portarti via con me e non ti lascerò mai più sola”, la
rassicurò la donna posandole un bacino gelido sulla fronte, afferrandole la
piccola manina ghiacciata tra le sue dita, lunghe e rigide.
Entrambe le loro mani, ora, erano due blocchi di ghiaccio e Neve non
avvertì più alcun fastidio al suo tocco.
“Vieni con me, Neve”, le ordinò, abbracciandola a se, mentre lei si
rendeva conto che il formicolio che avvertiva alle mani, adesso si stava
dilagando lungo tutto il suo corpo e che si sentiva fluttuare al di sopra del
giardino, come se l'anima la stesse abbandonando.
Neve
avrebbe voluto opporsi alla volontà di quella donna sconosciuta che diceva di
essere sua madre e tornare al calduccio sotto le coperte del suo lettino, ma non
ci riuscì.
La
regina della neve vinse su ogni sua volontà e Neve non poté fare
altro che abbandonarsi tra le sue braccia fredde, seguendola al di fuori del
giardino, avventurandosi, con lei, nel fitto bosco, dove le aveva raccontato
d'abitare in una piccola casetta di legno tra gli alberi della
montagna.
Il
mattino dopo, quando la mamma andò nella cameretta di Neve e non la trovò più
nel suo lettino, avvertì il cuore mancarle un battito.
La
cercò in ogni angolo della casa, pensando che avesse voluto farle uno scherzo,
come spesso accadeva.
Neve
si divertiva a nascondersi sotto il letto o dietro le ante dell'armadio per
vedere l'espressione preoccupata del suo viso, quando veniva a svegliarla perché
si vestisse ed andasse a scuola, ma quella mattina, la mamma non trovò Neve in
nessun nascondiglio in cui era solita celarsi.
Fu
solo quando s'affacciò dalla finestra della sua stanza e vide il cappottino
rosso della bambina abbandonato sulla neve, che comprese che doveva essere
successo qualcosa di grave alla sua piccola.
Sveglio suo marito ed insieme scesero a perlustrare il giardino alla
ricerca di Neve, ma di lei non trovarono più alcuna traccia.
Da
quel giorno non smisero mai di cercarla senza, purtroppo , riuscire a
trovarla... anche se in realtà, la loro Neve era più vicino di quando
immaginassero.
Non
si resero mai conto della presenza della misteriosa donna di ghiaccio e della
bambina vestita di neve che, ora, le camminava accanto tenendola per mano.
Una bambina che, spesso, si sedeva sulla panchina del giardino e
guardando oltre il vetro della finestra, illuminata dal fuoco che bruciava nel
cammino mormorava mestamente e con gli occhi colmi di cristalli di ghiaccio la
parola mamma...
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