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Favola di Neve Di Eleonora Rossi
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La cucina profumava di zucchero e cioccolato. Una torta stava cuocendo nel forno da circa venti minuti, rilasciando il suo gradevole aroma caramellato tra le quattro accoglienti pareti di quella piccola stanza colma di pentole, posate e piatti di porcellana. La piccola Neve si trovava in piedi accanto al vetro della finestra, osservando il giardino nascosto da un gelido manto candido che lo ricopriva completamente, nascondendo, sotto di esso, i rovi del roseto e le chiome appuntite degli abeti. Aveva appena aiutato la mamma a preparare la torta e le sue manine erano tutte impiastricciate di farina, zucchero e burro. “Neve, su, vieni qui a lavarti le manine”, la richiamò dolcemente la mamma, invitandola accanto al lavandino dove aveva già lasciato scorrere l'acqua calda. Neve non si mosse da dove si trovava, restando con lo sguardo stupito rivolto oltre il vetro della finestra. “Mamma, guarda....è tornata un altra volta la signora che ieri era seduta sulla panchina del giardino”, le disse scrutandola con un espressione stupita sul viso, indicando con il ditino paffuto la panchina dipinta di verde che si trovava sotto un salice piangente che il peso della neve aveva fatto ripiegare su se stesso. La mamma s'avvicinò alla finestra, passando un panno asciutto sul vetro per riuscirvi a vedere bene attraverso, ma il giardino apparve ai suoi occhi completamente deserto. “No, Neve, in giardino non c'è nessuno. Su, smettila d'inventare tutte queste scuse e vieni qui a lavarti le manine!”, la rimproverò guardandola con un espressione severa sul viso. “Ma mamma....io la vedo. E' lì..sotto l'albero. Indossa un vestito tutto bianco che luccica sotto la luce del sole. Ha gli occhi dello stesso colore del ghiaccio ed i capelli biondi e lisci, ornati da un nastro dello stesso colore dell' abito. Guarda, ora mi sta salutando. Dai , mamma! La facciamo entrare in casa? Deve avere freddo lì fuori con tutta quella neve...”. “Su, Neve,smettila con questa storia. Quella donna non esiste! Ora lavati le manine e vieni a sederti a tavola. Tra un po' la cena sarà pronta”. Neve fece cenno di sì con la testa ma mise il broncio mentre eseguiva, controvoglia, i suoi ordini. Prima di allontanarsi dalla finestra, si voltò di nuovo verso il giardino e rivolse un cenno di saluto alla strana signora che non aveva mai smesso d'osservarla dalla panchina giardino. Neve ebbe la sensazione che le sorridesse e le facesse cenno d'avvicinarsi. Per un istante fu tentata di raggiungerla e chiederle cosa volesse da lei. Sapeva che, però, la mamma non le avrebbe mai permesso di uscire in giardino con quel freddo, così si rassegnò ad abbandonare la finestra, voltandole le spalle, andandosi a sedere di fronte alla tavola apparecchiata e imbandita per la cena. Quella stessa notte Neve si rigirò nel suo lettino senza riuscire a chiudere gli occhietti. Il pensiero di quella misteriosa signora le ritornò a sfiorare il pensiero, turbando i suoi sogni. Scivolò via dalle coperte calde del suo lettino, s'infilò le ciabattine rosa ai piedini e si avvicinò alla finestra della sua cameretta, guardandovi attraverso. Lei non se ne era andata. Si trovava ancora lì in giardino. Questa volta era in piedi e danzava sotto la neve che cadeva copiosa dal cielo buio, alzando le braccia al cielo e girando diverse volte su se stessa, mentre il suo abito candido s'apriva attorno alle sue gambe come la corolla di una margherita coperta dalla neve. Neve restò incantata ad ammirare la grazia dei suoi movimenti e la leggiadria della sua figura. Quella donna era bellissima. Era la perfetta incarnazione della Regina delle nevi, la protagonista della sua fiaba preferita che la mamma le raccontava spesso prima che lei andasse a dormire. Neve non ci pensò su più di due volte. La mamma e il papà stavano dormendo profondamente nella stanza accanto alla sua e non si sarebbero certamente accorti se lei fosse sgattaiolata in giardino per andare a fare la conoscenza di quella donna che tanto l'incuriosiva e l'affascinava. Aprì le ante del suo armadio ed indossò, sopra il suo caldo pigiamino blu, un pesante maglione di lana. S'infilò un paio di calzette ai piedi e si mise le scarpine, lasciandole slacciate perché ancora non aveva imparato a farvi il nodo. Scese cautamente le scale che conducevano al piano sottostante, attenta a non far alcun rumore per non svegliare i propri genitori. Afferrò il suo cappottino rosso dall'appendiabiti, che si trovava accanto alla porta d'ingresso, se lo mise sulle spalle e uscì in giardino. L'aria gelida la colpì sul viso con la stessa violenza di uno schiaffo. Sentì il sangue gelarsi immediatamente nelle sue vene e le dita delle manine le iniziarono a formicolare, diventando subito blu per il freddo. Neve fu tentata di rientrare immediatamente in casa, ma quella donna si trovava ad un passo da lei e pensò che se avrebbe perso quell'opportunità di parlarle, non ce ne sarebbe stata un altra per farlo. Le si avvicinò timorosamente, sfiorandole con la manina la veste candida, rendendosi contò che, in realtà, essa era fatta di ghiaccio. “Ciao, bella signora”, la salutò, mentre lei si voltava nella sua direzione, rivolgendole un sorriso algido. “Ciao, Neve. Finalmente sei venuta da me”, le rispose la donna, accarezzandole il visino con la punta gelida dei polpastrelli, fissando il suo sguardo trasparente negli occhi di Neve che avevano gli stessi riflessi freddi dei suoi. “Come...come fai a sapere il mio nome?”, la interrogò la bambina, stupida e spaventata allo stesso tempo. “Lo so perché io sono la tua mamma, Neve, e sono qui per portarti via con me....”. “Non è vero! Tu sei bugiarda! Non sei la mia mamma. Lei è in casa che sta dormendo!”, esclamò Neve, mentre la paura iniziava a farla tremare più del freddo. “Ma lei non è la tua vera mamma. Tu sei mia figlia, Neve. Non lo vedi anche tu quanto c'assomigliamo, piccolina?”, le domandò la donna, mentre lei la scrutava attentamente, rendendosi conto che aveva ragione, perché oltre il colore degli occhi avevano in comune anche gli stessi capelli biondi e la carnagione diafana. “Quando, sei anni fa, venisti al mondo, io ero troppo piccola e povera per prendermi cura di te, così ti abbandonai sulla porta di casa della donna che ti ha fatto da madre per tutto questo tempo. Le lasciai un biglietto chiedendole che ti chiamasse Neve, perché quella notte di novembre aveva nevicato così tanto che la neve mi arrivava oltre le ginocchia", le spiegò la donna, mentre un raffica di vento più fredda delle altre colpiva Neve, facendola rabbrividire ancor di più. "Mentre cercavo di tornare a casa, purtroppo, mi sorprese una terribile tempesta di ghiaccio ed io rimasi per sempre prigioniera dell'inverno...ma ora, Neve, sono tornata per portarti via con me e non ti lascerò mai più sola”, la rassicurò la donna posandole un bacino gelido sulla fronte, afferrandole la piccola manina ghiacciata tra le sue dita, lunghe e rigide. Entrambe le loro mani, ora, erano due blocchi di ghiaccio e Neve non avvertì più alcun fastidio al suo tocco. “Vieni con me, Neve”, le ordinò, abbracciandola a se, mentre lei si rendeva conto che il formicolio che avvertiva alle mani, adesso si stava dilagando lungo tutto il suo corpo e che si sentiva fluttuare al di sopra del giardino, come se l'anima la stesse abbandonando. Neve avrebbe voluto opporsi alla volontà di quella donna sconosciuta che diceva di essere sua madre e tornare al calduccio sotto le coperte del suo lettino, ma non ci riuscì. La regina della neve vinse su ogni sua volontà e Neve non poté fare altro che abbandonarsi tra le sue braccia fredde, seguendola al di fuori del giardino, avventurandosi, con lei, nel fitto bosco, dove le aveva raccontato d'abitare in una piccola casetta di legno tra gli alberi della montagna. Il mattino dopo, quando la mamma andò nella cameretta di Neve e non la trovò più nel suo lettino, avvertì il cuore mancarle un battito. La cercò in ogni angolo della casa, pensando che avesse voluto farle uno scherzo, come spesso accadeva. Neve si divertiva a nascondersi sotto il letto o dietro le ante dell'armadio per vedere l'espressione preoccupata del suo viso, quando veniva a svegliarla perché si vestisse ed andasse a scuola, ma quella mattina, la mamma non trovò Neve in nessun nascondiglio in cui era solita celarsi. Fu solo quando s'affacciò dalla finestra della sua stanza e vide il cappottino rosso della bambina abbandonato sulla neve, che comprese che doveva essere successo qualcosa di grave alla sua piccola. Sveglio suo marito ed insieme scesero a perlustrare il giardino alla ricerca di Neve, ma di lei non trovarono più alcuna traccia. Da quel giorno non smisero mai di cercarla senza, purtroppo , riuscire a trovarla... anche se in realtà, la loro Neve era più vicino di quando immaginassero. Non si resero mai conto della presenza della misteriosa donna di ghiaccio e della bambina vestita di neve che, ora, le camminava accanto tenendola per mano. Una bambina che, spesso, si sedeva sulla panchina del giardino e guardando oltre il vetro della finestra, illuminata dal fuoco che bruciava nel cammino mormorava mestamente e con gli occhi colmi di cristalli di ghiaccio la parola mamma... Argomenti: #favola , #fiaba , #racconto Leggi tutti gli articoli di Eleonora Rossi (n° articoli 5) |
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