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Art Déco, cosa è?

Pochi sanno identificarla, ma ha cambiato nella sostanza lo stile del ‘900. Fu la creatività di stilisti e designers, ma tutto partì... dalle nuove tecnologie: acciaio ed elettricità: un esempio per i problemi di oggi

Di Giovanni Gelmini


Art Déco, cosa è? È la domanda che mi è stata posta quando è arrivato il comunicato stampa della mostra che si terrà a Rovigo.
La conosco bene, perché la mia infanzia è stata circondata da “cose” di questo stile, ma non ho le idee chiare. Ricordo che quando chiedevo a mia madre: “ma che stile è questo?” Lei rispondeva: “...ma non so... noi lo chiamavamo ‘moderno’”.
Ho chiesto in giro, ma ho scoperto che la maggior parte delle persone confonde l’ Art Déco con la Art Nouveau, che invece è antecedente, diversa, quasi opposta nelle linee stilistiche, anche se hanno evidentemente in comune una cosa: la rottura decisa con il passato.

Allora ho cercato sui libri e ho trovato quasi nulla! Molte cose, che ho letto, si contraddicono fra di loro; quello che riporta l’enciclopedia di internet Wikipedia mi sembra essere il più completo e sicuro.

Sintetizzo i punti salienti, tratti dal confronto delle varie fonti:
  • L'etichetta Art Déco deriva dalla sintesi dalla dizione “Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes”, tenutasi a Parigi nel 1925, mostra tenutasi quando questo stile era all’apice della sua diffusione in Europa;
  • Non è un movimento identificatosi con un manifesto e con una linea ideologica definita, ma è una risposta complessa ed articolata alle esigenze di un’epoca;
  • Il termine Art Déco nasce negli anni ’60, quando questo stile aveva esaurito la sua influenza, come identificazione “di un gusto che aveva segnato nelle diverse arti il periodo compreso tra i due conflitti mondiali.;
  • Investe inizialmente la moda, l’oggettistica e l’immagine pubblicitaria, allargandosi poi all’urbanistica; la pittura ne resta meno coinvolta:
  • Il suo sviluppo copre il periodo compreso tra le due guerre mondiali, ma con differenze di tempo nel mondo:
    • inizia in Europa nel 1909 e alla fine degli anni ’30 esaurisce la sua spinta innovativa;
    • negli Stati Uniti, se si esclude la moda e l’oggettistica, prende piede invece solo negli anni 30;
    • in India arriva più tardi, ma prosegue fino agli anni ’60.

Leggendo questo schema, ben si comprende come sia difficile identificare in modo preciso i contenuti della definizione “Art Déco”. È infatti evidente che l’evoluzione in tempi molto diversi in luoghi diversi, porta anche a espressioni molto differenti; quindi come Déco possiamo trovare cose che hanno effetti di stile molto diversi e mi sembra alla fine più corretto Argan che,in “L’arte moderna 1770-1970”, identifica il periodo fra le due guerre mondiali come “L’epoca del Funzionalismo”, dizione che identifica proprio come motivo conduttore di tutto i cambiamenti di stile nell’enfasi posta alla funzionalità delle opere.

Per la mia formazione culturale, è balzato subito evidente il legame, sia per durata, che per le tecnologie usate, tra l’espressione stilistica di questo periodo e il ciclo economico lungo, detto “dell’acciaio” ed è proprio l’acciaio, l’alluminio e il cemento armato che meglio rappresentano questo periodo nell’oggettistica e nell’edilizia.

 
   Servizio da tè in acciaio nichelato;
Proviamo a identificare questo spazio di tempo: come dicevo, è dominato dall’acciaio, che nelle sue varie composizioni entra in tutti i manufatti possibili e nei macchinari che, mossi da potenti motori elettrici, permettono facilmente le lavorazioni e quindi le prime vere produzione di massa. La scoperta dell’acciaio inox è del 1913 e la si deve all'inglese Harry Brearly di Sheffield. Questo prodotto è flessibile, resistente, malleabile e facilmente lavorabile. L’acciaio può essere abbellito ricoprendo la sua superficie con altri metalli per elettrolisi o per placcatura. Utilizzata molto nel periodo dell’Art Déco è la nichelatura.

A questo si affianca un altro nuovo metallo: l’alluminio, prodotto che era, molto noto come allumina, ma praticamente sconosciuto nella sua forma metallica fino al 1889, quando quasi contemporaneamente in Francia Heroult e in America Hall scoprirono un metodo di produzione industriale per via elettrolitica, partendo da allumina fusa. La sua grande disponibilità lo fece diventare un altro pilastro dello sviluppo di oggetti. L’alluminio è infatti molto duttile, buon conduttore di calore ed elettricità, leggero e, a differenza del ferro e dell’acciaio, non si corrode, perché, ossidandosi, forma una sottile pellicola di allumina, che blocca l’ulteriore ossidazione.

Ecco che questi due metalli forniscono nuovo oggetti, poco costosi perché producibili facilmente in grande serie; ma non solo, gli attrezzi e i macchinari costruiti proprio con acciaio ed alluminio rendono facile anche la produzione di oggetti in legno, vetro, ceramica, ecc.: la società trova così un nuovo assetto di possibilità di gestire la propria vita.
Questa disponibilità si allarga poi con la possibilità di viaggiare: treni e vapori forniscono ormai una rete che porta quasi in ogni angolo del mondo e il telegrafo, a cui si aggiunge più tardi il telefono e la radio, permettone di avere e di scambiarsi notizie in tempo reale superando enormi distanze. La ricchezza si diffonde e anche per le famiglie borghesi viene il momento di poter disporre di una servitù domestica.

A questo punto credo che si possa vedere bene il legame tra tecnologia disponibile, cambiamenti sociali e i nuovi stili che vengono creati per soddisfare la moderna esigenza della velocità del movimento.

Le linee diventano geometriche, arrotondate e addolcite, per superare il mero “funzionalismo”, ma mai eccessivamente cariche, abbellite magari da riferimenti ricavati dalle culture in cui ora è facile entrare in contatto, specialmente quelle dell’Africa e dell’Asia.

 

 LEONETTO CAPPIELLO - 1923-litografia a colori per “La Merveilleuse, confezioni per signora”. Raccolta Bertarelli

Quella che misura con maggior velocità il cambiamento nel gusto è sicuramente la moda, ma il cambiamento della moda implica anche il cambiamento in tutto il mondo che la circonda.
Lo descrive bene Bruno Zevi che, sulla genesi dell’architettura moderna, scrive: “osserrvate come vestiamo oggi e come vestivano i nostri antenati; comprenderete che le notre case devono essere diverse dalle antiche... cioè più comode, più sane più semplici. Chi avrebbe il coraggio di andare in giro in una automobile truccata nelle forme di una carrozza settecentesca? E non vedete che se una poltrona rococò metteva in risalto una dama addobbata nel fastoso costume dell’epoca, oggi la stessa poltrona soffoca esteticamente una signora vestita di un abito moderno? Non capite che ad accentuare la sobria linearità di un dell’abbigliamento contemporaneo val meglio una poltrona moderna svedese o fillandese?1Bruno Zevi, <i > Storia dell’architettura moderna</I>, Giulio Enaudi editore, 1950, pag 19
Gli stilisti quindi vanno immediatamente ad incidere sul gusto della società che, con la nuova ricchezza, ridistribuita dal lavoro delle fabbriche, va ad incidere sul “come” dell’oggettistica e dell’arredamento, cose che le produzioni di massa rendono oggi abbordabili ad un ampio numero di persone.

 
 MARCELLO DUDOVICH -1925 - realizzato per ”La Rinascente”. Raccolta Bertarelli
Ma la produzione in serie e il forte incremento del commercio implicano un altro cambiamento strutturale: l’esigenza di pubblicità. La pubblicità trova il mezzo per il suo sviluppo alla fine dell’’800, con l’invenzione della tecnologia cromolitografica applicata alla monotype.
Nel suo periodo iniziale è ispirata dalla Art nouveau, anche se quelle erano ancora produzioni limitate, fatte da grandi artisti, come primo il manifesto artistico-pubblicitario importante, una creazione di Edouard Manet del 1868, intitolata Les Chats, commissionata dal libraio Rothschild per pubblicizzare un libro sul comportamento e la cura dei gatti.
È solo con l’Art Déco che si sviluppa la professione di pubblicitario con grafitismi dinamici e la ricerca della strutturazione geometricamente significativa dei campi, il gusto della pubblicità non può che essere quello della gente. Maestro di questo nuovo stile è il francese Cassandre.

 

 Credenza italiana 1930

Anche in Italia si sviluppa questa professione e, come in tutta Europa, gli oggetti della pubblicità sono innanzitutto l’abbigliamento, i primi centri commerciali, l’auto e i prodotti di prestigio, anche industriali, come la “macchina da scrivere Olivetti”, che evidentemente allora non interessava la famiglia 2L’argomento è illustrato in: Cricio, Mostra al Castello Sforzesco a Milano dal 15 luglio al 16 ottobre -ERA DI MODA ... eleganza in Italia attraverso i manifesti storici della raccolta Bertarelli - I manifesti della Raccolta Bertarelli ripercorrono dalla fine dell.

Anche la produzione del mobilio risente ovviamente di entrambi i fattori: da una parte i macchinari, potenti, perché mossi da motori elettrici, e gli utensili prodotti con l’acciaio permettono la preparazione di mobili più sofisticati, dall’altra la domanda si espande ed è il desiderio di tutti avere una casa “moderna”, secondo il gusto imperante.

Quale stile troviamo nel mobilio?
Lineare, addolcito da curve: gli spigoli non sono graditi. I materiali sono ovviamente il legno, spesso impiallacciato con essenze preziose; di moda è la radica, le maniglie sono in acciaio nichelato o cromato o di ottone e vengono rese speciali da inserti fatti con i primi prodotti plastici o con il vetro su questa linee pulite; però spesso il gusto di allora vuole anche delle modanature intagliate, che rendono abbastanza pesante questo stile e poco gradito alla nostra idea di casa.

Ma in questo periodo nascono anche linee di arredamento, ideate dalla Bauhaus, che ancora oggi sono attuali o che daranno poi, nel secondo mezzo secolo del ‘900, con l’introduzione di nuovi materiali come le resine poliestere, i poliuretani e il miglioramento delle tecnologie di lavorazione di legno, acciaio e vetro, il design che oggi conosciamo. Voglio ricordare solo i vari modelli di sedie basati su tubi di acciaio, modelli che hanno aperto uno stile tutt’oggi valido.

 
 Wassily Chair realizzata da Marcel Breuer (1925)
La Bauhaus nasce nel 1919, nel periodo di massima influenza dello stile dell’Art Déco, fondata a Waimar, in Germania, dall’architetto Walter Gropius. Groprius riprende i principi della "Arts and Crafts": l'arte dove incontrare i bisogni della società e non vedeva nessuna distinzione tra "arti belle" ed "arti pratiche", quindi è parallela alle motivazioni, inconsce che hanno sostenuto l’Art Décò. Lo stile della Bauhaus è assenza di fasto e ornamenti, che mettone in risalto in modo armonico le capacità della tecnologia di produrre manufatti utili e piacevoli visivamente.

 
 Il municipio di Asheville, North Carolina 1926-1928 è un classico dello stile Art Déco americano
È da questi concetti che parte il nuovo filone di stile "bello, funzionale e pratico", diffuso dalla Bauhaus e coerente con le esigenze dell’epoca di una società che si doveva confrontare con i cambiamenti dettati dallo sviluppo dell'industrializzazione.

Alla Bauhaus appartengono artisti famosi come i pittori Wassily Kandisky e Paul Klee, architetti e designers come Le Corbusier, M. Breuer, M. Stam, Ludwig Mies Van de Rohe , Eileen Gray e E.T. Rietveld. Se la Bauhaus venne chiusa in Germania dal Nazismo, i suoi principi, che si erano già diffusi in tutto il mondo, proseguirono nel resto del mondo e costituirono le basi per l'arte e l'architettura dominante per molte decadi.

Meno precisa e meno identificabile è la presenza di “Art Déco” nell’architettura, forse per il motivo che l’assorbimento di nuove tendenze in questo campo è più lento che nelle arti e nella moda.

Possiamo identificare due forme di espressione dell’architettura nel periodo del Funzionalismo. una più massiccia, con presenza di richiami classici, come colonne e cornici e che si sviluppa immediatamente dopo la prima guerra mondiale; l’altra che si rifà ai principi rigorosi della Bauhaus e che è “funzionale” fino all’eccesso e la cui influenza andrà oltre la seconda guerra mondiale.


 

 Giò Ponti- Milano: palazzo Montediso  1938

È interessante notare l’opera di Gio Ponti che è un esponente di spicco della cosiddetta architettura dell’Art Déco, ma che già nel palazzo della Montecatini a Milano e successivamente nelle ultime opere, come il Grattacielo Pirelli abbandona gli elementi decorativi, che si ritrovano nella linea classica anni ’20, per uno stile estremamente funzionale. Il palazzo Montecatini, costruito nel 1938, è ancora un edifico per uffici efficiente.

Nei paesi retti da un regime si sviluppa il Monumentalismo; in Italia abbiamo il Razionalismo Italiano, caratteristico delle opere del regime fascista, che male è sopportato dagli ambienti culturali di oggi, ma che nelle “Città di fondazione” in Italia e soprattutto nelle colonie, (Dodecaneso, Libia, Eritrea, Etiopia), può non essere così fastidioso, specialmente nelle colonie, dove questo ingloba elementi della tradizione locale.

L’Argan identifica sei tipi di razionalismo, in cui confluisicono anche gli artisti che si rifanno alla Bauhaus 3 G.C. Argan, “<i>L’arte moderna 1770-1970</i>”, G.C. Samoni Editore Milano 1981 pag. 325:
  1. un razionalismo formale, che ha il suo centro in Francia e fa capo a Le Corbusier;
  2. un razionalismo metodologico-didattico, che ha il suo centro in Germania, nella Bauhaus, e fa capo a W. Gropius;
  3. un razionalismo ideologico, ad es. quello del Costruttivismo sovietico;
  4. un razionalismo formalistico, quello del Neo-plasticismo olandese;
  5. un razionalismo empirico dei paesi scandinavi, che ha il suo massimo esponente in A. Aalto;
  6. un razionalismo organico americano, con la personalità dominante di F. L. Wright.

Questa mi sembra ancora una volta la giusta via per parlare di questo periodo. Infatti tutto è razionalismo. L’escursus che abbiamo fatto è necessariamente breve e certamente incompleto; sperò però che sia sufficiente a delineare le linee evolutive dello stile e del gusto nel periodo compreso tra le due guerre mondiali.

Mi auguro anche che questo appaia ai lettori come un esempio concreto del legame che esiste tra innovazione tecnologica, evoluzione sociale e evoluzione dello stile.

Come ho già detto in articoli precedenti esistono i “cicli lunghi”, della durata di circa mezzo secolo che sono indotti dall’applicazione di alcune tecnologie molto particolari. Nel periodo del “funzionalismo”, tra le due guerre mondiali, due sono le fonti di tecnologia che hanno modificato profondamente, oltre all’economia e l’industria, la società, il modo di vivere, il gusto e quindi lo stile. Acciaio e l’elettricità hanno modificato completamente la società insinuandosi in ogni angolo della vita e per questo sono chiamate pervasive.
Come dicevo, oggi siamo di fronte alla necessità di avere nuove tecnologie pervasive, che siano in grado di rilanciare lo sviluppo economico e, di conseguenza, occore una nuova società e una nuova cultura.


1) Bruno Zevi, Storia dell’architettura moderna, Giulio Enaudi editore, 1950, pag 19
2) L’argomento è illustrato in: Cricio, Mostra al Castello Sforzesco a Milano dal 15 luglio al 16 ottobre -ERA DI MODA ... eleganza in Italia attraverso i manifesti storici della raccolta Bertarelli - I manifesti della Raccolta Bertarelli ripercorrono dalla fine dell'Ottocento agli anni Trenta del Novecento l'evoluzione dei gusti, dei costumi e del linguaggio pubblicitario in Italia. In Spaziodi Magazine Anno I n°4 del 21/07/2005
3) G.C. Argan, “L’arte moderna 1770-1970”, G.C. Samoni Editore Milano 1981 pag. 325
 



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