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Cogliamo l’ occasione per un viaggio nelle Marche

Alla mostra su Pasqualino Rossi si possono abbinare visite interessanti quali: il paese presepe Serra San Quirico, ex Monastero di Santa Lucia, le Grotte di Frasassi



Serra San Quirico è stato definito il paese-presepe per la straordinarietà della sua complessa struttura architettonica.
Grazie alla sua posizione strategica, al limite della suggestiva Gola della Rossa, oggi parco naturale regionale, Serra San Quirico assume nel tempo una forma completamente chiusa con doppie mura difensive che convergevano verso il “torrione”. Del magnifico esempio di architettura militare rimangono le “copertelle”, camminamenti coperti che corrono lungo tutta la cinta muraria e che permettevano, attraverso delle finestre, la difesa del paese, tipologia architettonica unica nelle Marche.

Ma Serra San Quirico affonda le proprie radici ben più indietro nel tempo. I documenti storici fanno risalire le sue origini ai primi insediamenti della civiltà etrusca, picena e romana.
Si suppone che Serra S. Quirico sia sorta come caposaldo romano all'imbocco della Gola della Rossa, passaggio obbligato per Roma e punto di grande importanza strategica: l’agglomerato urbano sorge, infatti, su una collina che permette il controllo della strada che porta alla Gola.
Nel primo medio evo fu incorporata nell'esarcato di Ravenna e più tardi nella circoscrizione carolingia della Marca Inferiore. Inquadrata in questa sistemazione, Serra S. Quirico attende gli albori dell'anno mille, allorché, rinnovata nelle strutture e nello spirito, rinascerà sotto l'impulso vigoroso del monachesimo, rappresentato da S. Romualdo Abate, il quale arrivato nella Valle dell’Esino fondò prima, a valle, l’abbazia di Sant’Elena e nel paese, la chiesa di S. Quirico.

Durante il medioevo il borgo mantenne sempre una certa autonomia politica come libero comune e questo gli permise un buon sviluppo economico basato sull’attività dell’allevamento, dell’agricoltura e dell’attività manifatturiera: della “filanda” purtroppo oggi non rimane nulla.

Da visitare la bella piazza centrale contornata da palazzi seicenteschi, le torri del comune e del Cassero, le viuzze intersecate da scalette, archi e volte. Nell’ex convento di Santa Lucia (sede della mostra) è ospitata la sede del Parco Naturalistico; nel chiostro è allestita la Cartoteca Storica delle Marche, notevole raccolta di carte geografiche e topografiche del territorio regionale dal '500 all'800, documenti di grande pregio sia dal punto di vista storico che artistico (la Cartoteca non è visitabile nel periodo della Mostra perché i suoi locali sono compresi nel percorso espositivo).
La visita al paese continua con la bella chiesa barocca di S. Filippo, dalla suggestiva decorazione plastica e con la chiesa di S. Quirico che oltre a ospitare una tela di Pasqualino Rossi, conserva anche un bel dossale in terracotta del XVI secolo.

Alle pendici dei Monti del Sole, sorge Duomo, il primo dei quattro castelli serrani, circondato da mura che ne rivelano il carattere di antica fortificazione, fondato, si suppone, da alcuni osimani fuggiti dalla loro città assediata dai barbari. Proseguendo verso levante si giunge a Castellaro, detto anticamente Rotorscio, dal nome della feudataria Rodossa. Domina un panorama vastissimo, dai monti di Pesaro ai colli fermani. I pochi ruderi della rocca ed una parte ristrutturata dell'antico castello ne raccontano ancora la millenaria storia. Poco più ad oriente, in vetta ad un alto colle, sorge Sasso, castello fortificato fin al 1200.

La chiesa e il ciclo delle “Storie di S. Lucia” a Serra San Quirico

Cosa ci fa una splendida, ricchissima chiesa barocca “alla romana”, con l’imponenza e le caratteristiche di una vera e propria basilica, in un paesino di impronta medievale e di poche anime sulla sommità di un colle della celata Valle della Rossa?
L’interrogativo è lecito, se non altro per capire come sia stato possibile far convergere quassù le migliori maestranze della Capitale e finanziare un intervento di tale dimensioni e imponenza.
La risposta sta nel ruolo che a Serra San Quirico ebbe un ordine monastico molto rilevante, quello dei Silvestrini (nome che deriva dal fondatore San Silvestro da Osimo). L’Ordine, appartenente alla grande famiglia benedettina, è ancora oggi presente con monasteri ed eremi nei cinque Continenti ed ha come nuovo Abate Generale padre Michael Kelly, del Monastero di San Benedetto in Arcadia, Australia. Per capire veramente la meravigliosa bellezza della Chiesa di Santa Lucia bisogna rifarsi al motto dei Silvestrini: “Ut in omnibus magnificetur Deus”, “Affinché Dio sia glorificato in tutte le cose”.

Come emerge dai documenti, fin dai tempi più antichi è possibile attestare il coinvolgimento dei monaci silvestrini nella costruzione e nella gestione della Chiesa di S. Lucia di Serra San Quirico. La chiesa attuale a un'unica navata fu riedificata nel 1650 in seguito alla sua completa distruzione causata da un terremoto e venne consacrata dal Vescovo di Camerino Cosimo Torelli il 27 ottobre 1726. Fin dal XVII secolo la chiesa risultava la più ricca e decorata dell'Ordine silvestrino. Le decorazioni della chiesa risalgono alla fine del ‘600; gli altari sono in legno lavorato a diversi disegni con colonne, putti e altre figure con splendide dorature. Sopra gli archi di ciascuna cappella si ammirano le statue delle Virtù. Le sorti della chiesa di S. Lucia sono legate alla committenza dei singoli padri abati.

Il rivestimento ligneo barocco della chiesa fu eseguito da Leonardo Scaglia, lo stesso artista che aveva realizzato il soffitto ligneo a cassettoni dell’Oratorio del Gonfalone di Fabriano, annesso alla chiesa silvestrina di S. Benedetto. Come nella chiesa fabrianese, l’artista profuse nell’interno della chiesa di S. Lucia una decorazione ricca e fantasiosa dando vita a uno straordinario theatrum virtutum con Virtù, Putti, Gloria d'Angeli con strumenti musicali.

Entrando in chiesa la prima cappella a destra, dedicata all'Assunta, presenta sull’altare un dipinto di Pasqualino Rossi. In alto sono scolpiti in legno angeli in atto di suonare e cantare.

La seconda cappella, dedicata a S. Ugo serrano, discepolo di San Silvestro e conprotettore di Serra San Quirico presenta una tela di Giovan Francesco Romanelli ( 1610-1662) raffigurante la Madonna con il Bambino appare a S. Ugo. Interessante notare che i due dipinti laterali raffigurano i due miracoli per cui il santo silvestrino è famoso: S. Ugo in atto di percuotere la pietra dalla quale scaturisce l'acqua che servì ad estinguere la sete dei fedeli; l'altro dipinto raffigura S. Ugo dinanzi che ammaestra una lupa.

La terza cappella a destra, dedicata alla Madonna della Misericordia, presenta l'altare più semplice della chiesa con dorature molto raffinate. Anticamente dedicato a S. Michele Arcangelo, vi era conservata una tela dipinta da Giacinto Brandi (1623-1691), attivo anche per S. Benedetto a Fabriano.

La quarta cappella, la terza a sinistra, dedicata a S. Giuseppe e S. Silvestro, è in perfetto stile barocco come la cappella dell'Assunta e presenta colonne a spirale con attorno dei lavori a fogliame e putti. La tela è opera del Cavalier d'Arpino. La quinta cappella è dedicata a S. Lucia Vergine e martire, titolare della chiesa. La tela nell’altare raffigura Madonna con S. Caterina e S. Lucia.

La sesta cappella è dedicata alla Madonna del Carmelo e la tela sull’altare è opera di Pasqualino Rossi. La Compagnia del Carmine esisteva a Serra almeno dal 1609. Nelle pareti laterali vi sono due dipinti raffiguranti S. Agnese e S. Margherita.

Accanto a questa profusione di cappelle e laterali, si segnala l’altare maggiore in marmo, ideato dal Padre Abate Mezzalancia nel 1704. Nella tribuna è collocato il ciclo pittorico più importante di Pasqualino Rossi: le cinque tele rappresentanti le Storie di S. Lucia. Il ciclo risale probabilmente al 1679-1680.
La Gloria dell’Ordine silvestrino nella volta della tribuna è attribuita a Giuseppe Malatesta di Fabriano. Nei medaglioni sono raffigurati i beati della congregazione silvestrina, forse su disegni del Malatesta.
La chiesa non è solo il prezioso scrigno di tele appartenenti a rinomate “mani”, ma è anche la custodia di un prezioso organo di epoca Barocca. Infatti la storia dell’arte organaria si ferma ad ammirare l’ unica testimonianza finora riconosciuta e pienamente funzionante nella nostra regione di questo maestoso organo attribuito al capostipite di una nota famiglia di organari attivi negli anni 1674-1676 (periodo di attribuzione dell’organo): Giuseppe Maria Testa che sappiamo aver lavorato in più occasioni per i padri silvestrini.

Nel Parco regionale naturale della Rossa le Grotte di Frasassi, le più estese d’Europa

Serra S. Quirico è la porta di accesso al Parco Naturale Regionale Gola della Rossa Frasassi noto per le Grotte di Frasassi, il più grande complesso carsico d’Europa, scoperto dal C.A.I. di Ancona e aperto al pubblico dal 1974.

Impossibile descriverne l’interno, che la natura ha modellato nel corso dei millenni prescindendo da qualsiasi logica. Il percorso turistico si snoda per circa uno dei venti chilometri esplorati. Alle sale in cui si articolano le grotte sono stati attribuiti nomi fantasiosi, suggeriti dalle immagini che le “sculture” calcaree sembrano evocare.

Il percorso che collega i centri medievali di Serra San Quirico e di Genga (nel cui territorio ricadono le Grotte) si inoltra nel cuore del Parco regionale naturale della Gola della Rossa e di Frasassi, attraversando le spettacolari gole calcaree che danno il nome al parco stesso. E’ un itinerario che conduce alla scoperta di alcune delle molteplici ricchezze del parco, da quelle storico-artistiche, a quelle legate alle produzioni agricole, a quelle, ovviamente, ambientali, in questo caso scegliendo le splendide Grotte di Frasassi e il meno noto ma delizioso comprensorio della Scappuccia.

Usciti dalle Grotte si ritorna nella frazione S. Vittore dove sono visitabili l’Abbazia di S. Vittore delle Chiuse e il Museo Speleopaleontologico. Le prime notizie dell'abbazia risalgono al 1007. Questa si trova in una gola montana (da cui il nome "alle chiuse") a breve distanza dal fiume Sentino.
L'abbazia è uno splendido esempio di romanico italiano con schema planimetrico a pianta centrale a croce greca inscritta in un quadrato dal quale sporgono le cinque absidi e alla cui sommità si eleva un basso tiburio ottagonale. All'interno pilastri a base circolare sostengono archi a tutto sesto. L'esterno è decorato da archetti pensili e piatte lesene, mentre la facciata è appesantita da una torre a base rettangolare, che emerge da tutta la struttura, sicuramente più tarda (secolo XIV) e costruita chiaramente a scopo difensivo.

A 2,5 km da San Vittore si può salire, attraverso un sentiero lastricato lungo 500 m, alla grotta che ha dato il nome a tutto il complesso ipogeo; al suo interno nell’Ottocento venne edificato il cosiddetto “tempietto ottagonale”, attribuito al grande architetto Valadier.

Proseguendo lungo la Gola di Frasassi, si arriva al castello di Genga che presenta austeri edifici in pietra calcarea tra cui si segnala l’imponente palazzo fortificato dei Conti della Genga.
Nel centro storico è allestito il Museo d’Arte Sacra ospitante importanti opere di scuola marchigiana, tra cui un dossale in terracotta dipinta del '500, un bel trittico di Antonio da Fabriano, paramenti sacri e reliquiari appartenuti a “Papa Genga”, Leone XII.
Poco a nord del castello di Genga, è una piccola valle isolata, Valle Scappuccia, di grande interesse paesaggistico e naturalistico. L'accesso è costituito da una piccola forra, altamente suggestiva, scavata da un torrente negli spessi strati rocciosi. Da qui, un agevole sentiero si inoltra nella vallecola, risalendo il corso d'acqua. Sullo stesso versante si osservano scoscese pareti calcaree bizzarramente modellate dall'erosione.

Informazioni: www.parcogolarossa.it; www.frasassi.com

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