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 Anno V n° 4 APRILE 2009    -   TERZA PAGINA


Riflessione
PENSIERI di APRILE

Di Adriana Libretti



Pensare al futuro che significa?
Alle volte mi ritrovo, di notte, gli occhi sbarrati, a valutare la mia piccola esistenza, a cercare di capire dove ho fallito finora e dove invece l’esito delle mie azioni è stato positivo. Conto gli anni che ancora mi restano, mi rendo conto di quanto la vita passi in fretta; ipotizzo sugli eventi a venire e capita spesso che arrivi a concludere che insomma ho combinato ben poco rispetto a quello che sognavo: i miei vecchi desideri si sono sciolti come neve al sole. Ma come mi valuto, io? Il valore che mi do dipende solo dall’approvazione sociale?

Ognuno di noi, con il passar del tempo, accumula delusioni, dolori; sul nostro animo si forma una ragnatela di cicatrici invisibili e forse, alcune di esse, sono destinate a non rimarginarsi. Che cosa conviene fare, allora, per riprogettarsi, per continuare a guardare avanti? Non ho risposte, sto solo provando a cercarle adesso, insieme a voi. Anche se spesso ci sembra di vivere in assoluta solitudine, sapere che questo pianeta è abitato, che esistono tanti simili, che hanno a che fare con problemi affini ai nostri, aiuta. Ancora di più, potrebbe aiutare compiere un piccolo sforzo e confrontarsi, condividere le proprie esperienze, uscire dal proprio guscio. Invece, la tendenza dominante dei giorni nostri, purtroppo, è non condividere, avere contatti solo fugaci, virtuali, superficiali; evitare accuratamente di mettersi in discussione (pratica considerata, a torto, faticosa e inutile). Manca la dimensione comunitaria, spesso anche in famiglia: si parla poco. Anche se in apparenza si parla molto, si dice poco; si chiacchiera. Punto.

In questi giorni mi è tornata in mente una dedica sul diario di scuola, che una persona adulta mi scrisse quando frequentavo le elementari, una frase a cui allora non avevo dato grande importanza. Suggeriva, la dedica in questione, di amare ogni forma espressiva (musica, poesia, pittura, danza), perché stando vicino alla bellezza si prova felicità. Sempre di più mi vado convincendo che è così: la bellezza è una delle maggiori risorse a cui possiamo attingere. Provate a entrare in una galleria d’arte quando siete tristi, a passeggiare nelle vie di un centro storico arioso, a entrare in un palazzo rinascimentale: non si può non sentirsi subito meglio in mezzo a tanta armonia.

E poi c’è la natura! Sacrificata, martoriata, ma ancora (e mi auguro eternamente) presente.

D’estate, in solitudine, faccio lunghe escursioni a piedi, in montagna. Riesco finalmente a sentire il fruscio delle foglie sotto i miei piedi, a incontrare gli animali nel loro habitat. Lo scorso agosto mi è apparso all’improvviso uno stambecco; a lungo siamo rimasti a scrutarci nell’immobilità. Qualcuno mi guardava negli occhi con curiosità, senza giudicarmi.

Una mattina, dopo una camminata durata alcune ore, sono arrivata in cima a un passo su cui viaggiavano veloci nuvole minacciose; una volpe rossa era di guardia in alto, tra le macerie di una stalla abbandonata. In lontananza, nel nero, solo un paio di malghe di pietra…accanto a una pozza torbida, mentre affondavo nel terreno paludoso, sono stata sorpassata da una marmotta che è andata a rifugiarsi nella tana.
Mi sono sentita davvero minuscola in quel luogo selvaggio e ho avuto paura che si scatenasse il temporale. Però, su quel sentiero, non ho provato solitudine: stavo in mezzo alla vita. Ero un puntino nell’universo, questo sì, ma c’ero. Contrariamente a quello che si usa dire, ho pensato che ognuno di noi è un puntino insostituibile, unico. In quel momento ne ho avuto la certezza.



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