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 Anno V n° 5 MAGGIO 2009    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi


Il problema dell'inquinamento non finisce qui
Api alla riscossa
La moria delle api, che ha dimezzato l’anno scorso gli alveari, sembra rallentare, ma non si deve abbassare la guardia
Di G.G.



L’inverno è finito, gli alberi sono in fiore e le api riprendono la loro laboriosa attività, dopo un anno particolarmente difficile per loro. Infatti, l’anno scorso, si è diffusa una moria che ha distrutto una gran parte degli alveari: in Europa si è verificata una riduzione variabile dal 30 al 50 per cento del patrimonio apistico.
Di questa moria sono stati accusati i pesticidi nicotinoidi e il 16 settembre 2008 il ministro Zaia ha proceduto alla sospensione di quei prodotti. Ricordiamo che, su questa provvedimento, c’è stato uno duro scontro ideologico tra gli agricoltori e le industrie, ma i risultati sembrano confermare come corretto quel provvedimento.

Giungono, infatti, buone notizie; la Coldiretti ci dice: “nonostante l’inverno decisamente rigido... nel corso di un incontro di apicoltori di tutta Italia è emersa la sensazione che le famiglie di api, dopo i freddi invernali, siano più forti rispetto allo scorso anno, che ci sia una maggiore presenza di covata e soprattutto che non sembri riscontrarsi alcuna moria di insetti, così come avvenuto negli anni passati”.
v L’importanza delle api è molteplice; non c’è solo la produzione del miele e l’azione di impollinazione dei fiori, che garantisce la produzione frutticola, delle uve e del vino, e di tutti i semi, come i i legumi e i cereali, così importanti per una corretta alimentazione, ma sono delle vere sentinelle dell’equilibrio naturale globale tanto che Albert Einstein affermò. “se l'ape scomparisse dalla faccia della terra, all'uomo non resterebbero che quattro anni di vita”.
Sempre secondo la Coldiretti “l'alimentazione dipende per oltre un terzo da coltivazioni impollinate attraverso il lavoro di insetti, al quale proprio le api concorrono per l'80 per cento”.

Prodotti come mele, pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia, girasole e colza, senza dimenticare la viticoltura, dipendono completamente o in parte dalle api per la produzione dei frutti. Ma le api sono utili anche per la produzione di carne e del latte, con l'azione impollinatrice che svolgono nei confronti delle colture foraggere da seme, come l'erba medica e il trifoglio, fondamentali per i prati destinati agli animali da allevamento. Anche la grande maggioranza delle colture orticole da seme, come l'aglio, la carota, i cavoli e la cipolla, si può riprodurre grazie alle api.

Non è che dobbiamo pensare che il problema sia definitivamente risolto, anche se questo può essere un segnale positivo, perché vi sono segnali confortanti anche dalle regioni interessate dalla coltivazione del mais, dove si erano registrate pesanti morie di api.

Il vero problema resta l’abuso di prodotti chimici in settori vitali per la salute nostra e degli animali. La chimica ha sicuramente portato molti vantaggi, ma il suo abuso ha reso sterile il suolo, le malattie sono diventate più aggressive e il sistema ecologico è fortemente compromesso. L’attuale “agricoltura industriale” è diventata costosa, quando le sperimentazioni della agricoltura biologica mostrano che i metodi “vecchi” sono alla fine più produttivi e non hanno controindicazioni.

Il vero problema in agricoltura, come nella sanità e nella cosmetica è, come abbiamo già più volte detto, la mancanza di corretta informazione. Da una parte abbiamo industrie potentissime in grado di orientare la comunicazione, dall’altra gli utenti finali non hanno propri “consulenti”: chi li consiglia sono gli stessi venditori dei prodotti e si è mai visto che un venditore abbia detto che il prodotto della concorrenza è migliore, o peggio, che il prodotto che lui vende o propaganda è sconsigliabile perché fa danni?

Mai visto!

E allora questo è un problema che deve essere ben regolamentato dalle leggi, con sperimentazioni e controlli svolti da enti indipendenti, non pagati dalle imprese, i “consulenti” non devono avere rapporti economici con le imprese che vendono i prodotti. Questo ci si dovrebbe attendere da un governo che vogliono il libero mercato, ma i nostri governanti sono tutti di ispirazione capitalista o semicapitalista, dove l’imprenditore deve essere sempre libero.



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