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 Anno V n° 5 MAGGIO 2009    -   PRIMA PAGINA


Considerazioni quasi a vanvera
Quale legge elettorale?

Di Giovanni Gelmini



Il referendum ci attende in giugno. Si propone per questo il problema di sapere qualcosa di più sull’importanza di una legge elettorale, perché è attraverso l’operare di questa che possiamo eleggere i nostri rappresentanti e sperare che la politica ci possa dare risultati per noi positivi.

Una buona legge elettorale deve garantire due cose:

  • che gli eletti rappresentino chi li elegge;
  • che siano in grado di governare.

Sicuramente l’attuale legge, definita dal ministro Calderoli,che l’ha proposta, “una porcata”, non risponde a nessuno dei due punti fondamentali: è quindi una pessima legge elettorale; infatti il governo Prodi è caduto senza un vero motivo, se non che stava dando fastidio ai potenti e non agli elettori; inoltre i parlamentari eletti non rappresentano i cittadini chiamati alle urne, ma gli interessi oscuri di segreterie politiche, non meglio identificati, in cui il compiacere ad apparati di potere, legittimi o illegittimi, è più che possibile: è probabile.
Quindi questa legge è veramente una porcata come l’ha definita il suo padre. La precedente aveva difetti, specialmente per la complessità della gestione della quota proporzionale alla Camera, ma non era una cattiva legge.

Ora veniamo al referendum. Cosa propone?
Di togliere l’estensione del premio di maggioranza ai partiti della coalizione e darlo esclusivamente alla lista che ha avuto più voti.

Cosa cambia cosi alla “ porcata”, voluta fermamente nel 2005 da Forza Italia, dall’UDC , da AN e dalla Lega?
Quasi nulla, prosegue a non rispondere a nessuno dei due punti qualificanti di una legge elettorale. È solo occasionale, cioè solo dovuto al fatto che una grande quantità di voti si riversi sulla coalizione vincente, se oggi sembra permettere la stabilità del governo. Nulla cambia alla capacità degli elettori di scegliere “nominativamente” i candidati, che restano ancora solo quelli voluti dalle segreterie.

Ma cosa cambia allora?
Che ci saranno solo due partiti che contano e il partito leader di maggioranza sovrasterà tutti i suoi alleati.
Sembra evidente che a nessun responsabile di partito verrà in mente di non mettersi in lista per il possibile banchetto. Solo qualche folle che cercherà di correre da solo. È quindi ovvio che il “SI” piaccia a PD e PDL, e che non piaccia alla Lega Nord, che ora condiziona fortemente il governo Berlusconi e che poi non potrà più farlo.

Si può certo dire: bene!
Abbiamo già apprezzato lo sfoltimento dei partituncoli, avvenuto in questa legislatura. Certamente gradiamo di non doverci sorbire, nei telegiornali, le affollate dichiarazioni di politici, che non rappresentano quasi nessuno e che non sono in grado di aggiungere nulla, e le inutili lunghe discussioni in Parlamento. Questa semplificazione alla fine ci piace.

Si può ancora osservare che nelle “grandi democrazie” sono solo due i partiti significativi, ma... forse c’è qualche differenza e la differenza è il modo in cui si formano le liste: in quei paesi vige una seria democrazia e i candidati non vengono scelti da oligarchie di potere, ma attraverso sistemi di confronto democratico, come le primarie.

Il vero punto dolente dell’attuale legge elettorale è proprio la formazione delle liste. Così dare a due soli partiti la possibilità, nella realtà, di disegnare il futuro parlamento credo voglia dire che il malaffare, la mafia avranno la vita semplificata: sono solo due le stanze dei bottoni da controllare strettamente.

Proviamo a pensare cosa potrebbe dire l’espressione al referendum:

  • Il SI: si vogliono due soli partiti e una maggiore governabilità.
  • Il NO: va bene la legge così come è.
  • Astenersi: si ritiene non corretta o inutile la domanda referendaria.

È possibile che nessuna di queste rappresenti quello che vorremmo dire.
In genere si sottolinea che il referendum taglia col coltello: “o si o no”, non si può mediare o dire che sarebbe da modificare, ma che cancellare è troppo e che, come appare in questo caso, produce un qualcosa che è peggiore della legge che si vuole modificare.

Forse però in questo caso abbiamo un altro strumento: dimostrare una volontà diversa da quella espressa un anno fa quando Veltroni e Berlusconi agirono per tagliare fuori tutti quelli che non erano con loro. Alle europee ,chi vuole, potrà votare i piccoli partiti e non i partiti centrali: così tutti quelli che hanno votato allora “tappandosi il naso”, sia a destra che a sinstra, possono nelle europee esprimere il loro profondo dissenso dalle politiche svolte da PD e PDL e se sarà così ne vedremo delle belle.
A voi il voto



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