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Riflessioni leggendo “Sulla Mafia” di Dacia Maraini Un libricino importante, con una raccolta di articoli scritti in 16 anni sul Corriere della Sera, che mostrano la realtà della mafia e abbozza a come difendersi Di Giovanni Gelmini
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Ne ho sentito parlare e me lo sono procurato: un libriccino sottile, con in copertina un disegno colorato, ma pieno di elementi preoccupanti, e scritto in alto: “DACIA MARAINI – SULLA MAFIA”. All’interno “piccole riflessioni personali” e poi “L’offesa alla verità sta all’origine della catastrofe” Sofocle Edipo re. La frase, messa lì da una giornalista famosa, mi intriga: troppe volte ho accusato la stampa di mistificare e di nascondere le verità. Inizio a leggere con la curiosità al calor rosso. La premessa, che dà il titolo al libro è letteralmente un programma e inizia così: “ Quando vivevo a Palermo la mafia non si nominava nemmeno. Se qualcuno, magari uno straniero, chiedeva: ma la mafia cos' è? la gente rispondeva: la mafia non esiste, è una invenzione della stampa.” Da qui parte il libro; dopo la premessa, un breve racconto e ancora la verità è come deus ex machina: una madre, un figlio mafioso pentito. La madre è costretta a disconoscere il figlio, però, quando viene ucciso, non può fare a meno di portare fiori ed un paio di scarpe perché non resti a piedi nudi, a dice “sono venuta per maledirti”. Un’evidente contraddizione: cioè la verità negata. Da questo racconto, tratto da fatti reali parte la presentazione di una serie di articoli scritti da Dacia Maraini su Corriere della Sera tra il 1992 e il 2008. La scrittrice ci porta per mano così, con il suo scrivere semplice e fluente, nei meandri di fatti di mafia. Da cose tragiche, magari viste attraverso la morte di una giovane donna della scorta di Paolo Brosellino, (“Eroi senza perché”) a fatti positivi come in “Alia, piccola città della Sicilia contro i prepotenti”. In ogni pezzo escono le considerazioni che devono far riflettere. In “Eroi senza perché” scrive: “Se non si comincia col distruggere quella oscena commistione fra politica e mafia al tempo soprattutto delle elezioni non si cambierà mai un accidente. Si fa finta di non sapere che a ogni votazione si compie un orribile scambio: tu mi dai i voti e io chiudo un occhio, taccio quando dovrei parlare, ti passo gli appalti migliori, ti garantisco l'immunità, il silenzio, eccetera. - e poi - la mafia non dà niente, prende soltanto. E chi porge un dito ci rimette un braccio”. La giustizia uno dei nodi; infatti così come è organizzata non può combattere la mafia perché è troppo lenta, “fa marcire le certezze”. La Maraini si pone una domanda esemplare sul ritardo con cui è stato “risolto” il caso Mattei: “perchè ci sono voluti tanti anni per sapere la verità? Se le prove c’erano, c’erano anche allora.” La Maraini pone un dubbio: se i giudizi durano tanto è forse per vedere di trovare un giudice compiacente? O aggiungo io, per far andare in prescrizione i reati? Forse per entrambe le cose. La mafia entra nelle amministrazioni per gestire gli appalti e essere libera di edificare a modo suo, ma i commissariamenti servono? La risposta della scrittrice in “A Bagheria c’è soltanto silenzio” è un secco no! Cosa serve allora? La risposta la troviamo nel brano successivo “Alia, piccola città della Sicilia contro i prepotenti” e la risposta la dà il sindaco di Alia “Con dei progetti trasparenti e applicando le regole in modo pignolo e preciso.Io non credo che una battaglia frontale, ideologica, con la mafia, serva a qualcosa. Bisogna prenderla dal basso, dalle piccole cose quotidiane...” è ancora l’ordine e la legalità che occorre.. A questo punto gli articoli diventano brevi, ma decisi. In “L'appello dimenticato a favore della legalità” è chiara l’accusa a tutta la classe politica per non aver saputo difendere la legalità nel paese. Anch’io mi chiedo perché non sia stato permesso al Governo Prodi di fare alcune cose necessarie e previste dal programma elettorale per ripristinare il minimo della legalità: l’abrogazione delle leggi ad personam, che aiutano fortemente il potere mafioso, e l’avvio di una legge precisa sul conflitto di interessi. Sappiamo che c’è chi non ha voluto ciò e questo dimostra lo stretto legame dei “boss” con la politica in qualunque tipo di schieramento. Così si spiega anche perché non si vuole ridare il potere ai cittadini di eleggere i suoi rappresentanti nominativamente e non obbligarlo a votare persone scelte dalle segreterie dei partiti. Ecco quindi il je accuse per tutti, su tante tematiche che vanno dallo sminuire il sottile limite tra lecito e illecito a montare problemi inesistenti come le intercettazioni telefoniche, che evidentemente creano forti problemi agli intrallazzatori, ma che non danno certo fastidio all’uomo comune. Dacia Maraini, inoltre, fa un preciso rilievo storico: tutto parte dall’appoggio richiesto alla mafia dagli alleati, per permettere lo sbarco alleato in Sicilia, e successivamente, alle operazioni dei partiti al governo DC e socialisti per assicurasi voti. Questo ha portato all’infiltrazione della mafia nella politica stessa, così la politica non può combatterla. Ma ci fa capire che la mafia la si può combattere dal basso, come ha detto il sindaco di Alia, creando un forte spirito nei cittadini. Al termine dell’ultimo capitolo “Dialoghi”, un’intervista a Dacia Maraini fatta da Paolo Di Paolo. C’è la conclusione del libro detta dalla scrittrice: “Ecco, mentre attribuisco alle televisioni gravi colpe nell'intorpidimento morale del Paese, nella diffusione di una cultura dell' apparire anziché dell' essere, penso che le stesse televisioni abbiano una grande potenzialità: quella di farci sentire italiani attraverso la creazione di un immaginario figurativo tutto nostro, attraverso l'elaborazione di un linguaggio dal carattere forte e radicato in un clima di globalizzazione, attraverso riflessioni etiche comuni. Ma certo, un governo compromesso con un conflitto di interessi macroscopico, non aiuta la nascita di un sentimento alto e orgoglioso della comunità e dello Stato.” Oggi la mafia, dopo gli attentati eclatanti a Borsellino e Falcone, dopo le faide sanguinose, cerca di tornare nell’ombra. Per poter operare liberamente: si è accorta che occorre che la gente dubiti che esista. Non possiamo dimenticare che la mafia oggi non è più solo pizzo e protezioni, ma si è infiltrata pesantemente nelle strutture finanziarie al nord e controlla sicuramente l’economia. Ma perché quegli investimenti rendano occorre che “l’economia” non sia disturbata, cioè che il Governo possa fare le leggi che proteggano gli investimenti mafiosi senza intralcio e che il Parlamento l’approvi senza problemi; ma allora si crea un conflitto tra il modus operandi dei piccoli boss e il vertice che tende a proteggere il capitale investito. Se si legge questo libro, risulta facile comprendere la necessità che le accuse ai sistemi mafiosi, siano continuamente portate agli occhi del pubblico, per ricordare a tutti che la mafia esiste e ,come ha detto recentemente Piero Grasso in TV, “la mafia è violenza, la mafia è sangue, la mafia è morte, la mafia è male.” Comprando questo libro si può quindi, oltre a leggere un libro interessante che porta a conoscere cose spesso sconosciute, dare forza a chi lotta contro la mafia con la penna e il calamaio. Argomenti: #giustizia , #libro , #mafia , #maraini , #recensione , #saggio Leggi tutti gli articoli di Giovanni Gelmini (n° articoli 506) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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