Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio a nome di tutto il Popolo della Libertà il Ministro delle infrastrutture per l'esauriente e dettagliata relazione sui tragici fatti di Viareggio. Il rischio di apparire retorica oggi non mi spaventa, anzi, è un rischio che corrono volentieri per cercare di esprimere con compiutezza quello che ho provato, e che provo tuttora, nel vedere la mia città in ginocchio, mortificata da un secondo maledetto, da una di quelle falle tecniche che soltanto un'arrogante pretesa di controllo può immaginare di eliminare dal nostro orizzonte storico (Commenti).
C'è un orrore che raccontano le immagini che ho visto ieri nella mia città che nessuno scorcio televisivo e nessun resoconto giornalistico possono consegnare: le case squarciate e annerite e all'interno la vita cancellata, nell'assurdo di un ordine rimasto di quotidianità, il silenzio, l'odore di bruciato, l'oppressione del grigio del fumo e della cenere.
Lo faccio non come un gesto necessario e dovuto, non come un obbligo formale, ma come un atto immediato ed istintivo, l'unico che in questo momento so avere verso chi non c'è più e chi porterà per sempre con sé il ricordo di questa tragedia. A nome del mio partito, e sono certa di tutto il Parlamento, esprimo la più totale solidarietà e vicinanza ai familiari delle vittime, a chi ha perso affetti, amori, pezzi della propria vita in un dramma caotico, dove la fatalità si mescola alla necessaria ricerca di eventuali responsabilità. Ho visto la città avvolta in un dolore incredulo, l'ho vista come se fossi nata a L'Aquila, non nella mia Viareggio, ed è in questo filo di dolore che lega il dramma abruzzese alla tragedia di Viareggio che si svela quella straordinaria reazione di solidarietà e di efficienza e con essa il vero senso della nostra appartenenza comune.
Quella di cui parlo e che cerco non è la retorica del pianto e della pietas religiosa, anche se sarebbe così pertinente di fronte a drammi come questo; mi riferisco, piuttosto, alla retorica (e ben venga) che ruota attorno a ciò che noi chiamiamo senso dello Stato, un concetto svalutato, qualche volta incompreso nella moderna crisi di una politica che, spesso, viene relegata a stereotipi e a contenuti vuoti.
Intendo pertanto qui ringraziare coloro che hanno dimostrato con i fatti, dall'Abruzzo alla Toscana, la presenza efficace e forte di questo nostro Stato, con un esempio che prima ricordava il Ministro delle infrastrutture: dopo due ore dal deragliamento del treno merci, nel cuore della città e nel cuore della notte, già 300 erano i vigili del fuoco provenienti da varie province toscane, tutti insieme al lavoro nelle operazioni di soccorso e con loro carabinieri, polizia, protezione civile, i volontari, tutte le istituzioni locali (dalla provincia di Lucca, alla regione toscana, ai sindaci dei comuni vicini).
Tutti hanno saputo dare concreto seguito a quel sentimento di comunità nazionale, raccordando una rete di aiuti e di collaborazione concreta attorno al lavoro encomiabile del sindaco di Viareggio, Luca Lunardini, e dei suoi collaboratori. A questo si aggiunga la prontezza con cui il Governo ha risposto attraverso la presenza immediata sul terreno dei suoi massimi rappresentanti.
Questo significa vivere in un Paese civile, un Paese che non abbandona i propri cittadini in nessuna circostanza, perché è capace di formare e mettere in moto organizzazioni di ordine e di soccorso tra le più ammirate a livello internazionale, e modificare le relative priorità economiche, garantendo, nel dramma dello stato di emergenza, equità e giustizia sociale. L'impegno che già ieri il Presidente del Consiglio ha preso di decretare nel prossimo Consiglio dei Ministri lo stato di emergenza e di fornire le risorse economiche necessarie alla ricostruzione completa delle case distrutte dimostra tutto questo.
Un Paese civile, dicevo, perché tanto forte ed indipendente da poter ricercare le cause e le responsabilità di un avvenimento così doloroso istituendo subito una commissione di inchiesta che senza preclusioni di sorta - cito le dichiarazione di ieri del nostro Ministro dell'interno - dovrà forse accertare la validità di quelle norme europee sul trasporto commerciale che hanno fatto dell'Europa un mercato unico, ma (guarda caso retorica e dolore che tornano) non ancora forse uno Stato unico, garante attivo dell'uniformità degli standard di sicurezza e manutenzione.
Vivere in un Paese civile, dicevo, un Paese che riconosce con compostezza, ma con determinazione, le propria qualità e le proprie radici, ancora capace di pretendere il rispetto per sé e per le istituzioni tutte che lo rappresentano democraticamente, ricordando che il rispetto è un bene tanto prezioso quanto volatile, sottoposto a continue verifiche.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
DEBORAH BERGAMINI Certo questa retorica, che ritengo così necessaria, potrebbe anche essere ribaltata nel nome della «tragedia annunciata», una perifrasi subdola coniata qualche volta per fomentare il dubbio dell'incapacità, se non addirittura della malafede o della corruzione politica e morale. Di solito è usata per invocare la gogna senza colpevoli né responsabilità accertate, ma strisciata ieri pomeriggio fra le dichiarazioni della sinistra oramai extraparlamentare.
PRESIDENTE Onorevole Bergamini, la prego di concludere.
DEBORAH BERGAMINI Si tratta di una perifrasi che in questa legislatura e in questo giorno di lutto, grazie all'alto senso dello Stato e della politica mostrato anche degli amministratori toscani del Partito Democratico sono certa non sentiremo nei banchi di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)
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