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Breve storia della Comunità serbo-ortodossa di Trieste Per: “Genti di San Spiridione. I Serbi a Trieste 1751-1914 Trieste”, Castello di San Giusto, 17 luglio-4 novembre 2009 |
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La città di Trieste deve la propria espansione economica e demografica ai provvedimenti mercantili adottati dall’imperatore d’Austria Carlo VI all’inizio del ’700: la Patente di libera navigazione nell’Adriatico del 1717, e la proclamazione del Porto Franco di Trieste nel 1719.
Nacquero così diverse comunità etnico-religiose, tra cui quella di religione ortodossa, formata da Greci e Serbi che iniziarono a giungere sporadicamente in città già nella prima metà del secolo, con un incremento soprattutto a seguito della Patente di riconoscimento dell’imperatrice Maria Teresa del 20 febbraio 1751: con essa si concesse ai Greci e agli Illirici di fondare una comunità religiosa e di erigere una chiesa a Trieste, nella zona più prestigiosa della città. Tra il 1751 e il 1781 affluirono a Trieste un po’ più di 150 Illirici – termine con cui venivano definiti i Serbi – provenienti dall’Erzegovina e dalla Bosnia, dalla Dalmazia, dalle Bocche di Cattaro e dal Montenegro. La costituzione ufficiale di una Confraternita greco-illirica avvenne nel 1756; il suo primo Statuto fu deliberato dall’assemblea della confraternita ed approvato dall’imperatrice Maria Teresa nel 1772.
Nel 1762 la Nazione illirica di Trieste contava circa 30-40 persone, diventate un centinaio nel 1766. Nel 1780, su una popolazione che superava di poco i 20.000 abitanti, gli Illirici erano 162 persone: 68 uomini, 28 donne, 42 bambini, 24 persone di servizio. Gli uomini svolgevano le seguenti occupazioni: 2 sacerdoti, 4 nobiluomini, 30 commercianti, 7 benestanti, 11 artigiani, 4 negozianti, 2 capitani marittimi, 1 aiutante di commercio, 3 proprietari di caffè, 1 sagrestano, 3 facchini. Nel 1792 vi erano 75 famiglie per un totale di 217 persone. Con il nuovo secolo, nel 1805 le famiglie erano 85 per un totale di 309 persone, che erano diventate 301 nel 1821, suddivise in 66 famiglie e 23 singoli.
Nel corso degli anni seguenti la presenza di Serbi a Trieste ebbe notevoli incrementi e flessioni, ma le famiglie realmente residenti e regolarmente iscritte all’anagrafe non superarono mai il centinaio e le persone fisiche le 400-500 unità: per esempio, nel 1864 – periodo particolarmente florido per Trieste – gli Illirici erano circa 500, i Protestanti di confessione augustana 850, di confessione elvetica 520, anglicana 350, i Greci ortodossi 1200 e gli Ebrei 4400. La categoria più numerosa era quella dei “negozianti”, che possedevano casa, moglie, prole e domestici. Seguivano i capitani marittimi che preferivano investire i proventi del proprio lavoro nell’acquisto di proprietà (carati) di una nave, piuttosto che in proprietà immobiliari. L’attività marittima era di primaria importanza – come era logico nel principale porto dell’Impero austro-ungarico – ma non esauriva gli interessi dei commercianti illirici di Trieste, che preferivano investire gli ingenti capitali di cui disponevano in diversi settori di attività. Oltre all’acquisto e alla vendita di merci, provvedevano al loro trasporto con naviglio proprio. Per finanziare gli acquisti fondarono le prime banche private e per assicurare le merci le prime compagnie di assicurazione: alla fine del ’700, su quattordici compagnie esistenti sulla piazza triestina, gli Illirici ne controllavano otto. La terza occupazione francese (1809-1813) fu un periodo di grave crisi per l’emporio triestino e molti commercianti abbandonarono la città per tornare alle terre di origine o riparare altrove davanti all’avanzata delle truppe francesi. La ripresa economica e commerciale cominciò con il ritorno dell’Austria, nell’estate del 1814. Argomenti: #chiesa ortodossa , #serbi , #storia , #trieste |
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