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Camera dei deputati - Dal resoconto stenografico

Michele Giuseppe Vietti (UDC) - Dichiarazioni di voto finale

Conversione in legge del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali



Signor Presidente, onorevoli colleghi, con il decreto-legge che giunge oggi al voto finale di quest'Aula si compie un circolo vizioso voluto dalla maggioranza e dal Governo, collezionando anomalia dopo anomalia. Siamo in presenza di una manovra economica che non è una manovra economica, ossia di una manovra economica non assistita dalle procedure e dalle garanzie proprie della sessione di bilancio; garanzie poste anzitutto a tutela del Governo e della maggioranza nel perseguimento dei propri legittimi obiettivi programmatici, ma poste anche a garanzia dell'opposizione, garanzie di tempi e di spazi per condividere o per dissentire. Ma tant'è. Il Ministro dell'economia e delle finanze ha preferito annunciare lo scorso anno che la finanziaria non c'era più, ma siamo ancora in attesa di sapere quali sarebbero i nuovi strumenti, le nuove procedure e le nuove garanzie che dovrebbero rendere trasparente e responsabile l'indirizzo di politica economica e le decisioni di finanza pubblica. Inoltre, ciò che votiamo è un collegato che non è un collegato: inseguito, anziché preceduto, dal DPEF che ha dovuto essere sollecitato dalla Presidenza della Camera per essere presentato ed i cui effetti si conosceranno soltanto nell'assestamento di bilancio di settembre.

Tuttavia, non sono soltanto queste le anomalie del decreto-legge anticrisi, in quanto è un provvedimento omnibus, in cui c'è dentro di tutto e che si è trasformato in corso d'opera, come ormai è abitudine, in un «decreto matrioska». All'inizio, vi erano tre scatoline, senza alcun rapporto l'una con l'altra: in una, la proroga dei termini, nell'altra, le missioni militari (a tal proposito, mi chiedo se continuerà ancora l'impegno internazionale dell'Italia o se, anche su tale aspetto, la spunterà il dominus leghista della maggioranza?), nella terza scatolina, invece, la defiscalizzazione degli utili reinvestiti.

Un ulteriore abuso consiste nella trasformazione in corso d'opera delle scatolette in matrioske, capaci di contenere al loro interno una serie di provvedimenti aggiunti l'uno all'altro in sede di conversione, impedendo al Parlamento di confrontarsi sul merito di un contenuto in continua evoluzione (perciò Pag. 13inevitabilmente abborracciato) e svuotando di significato il controllo che il Presidente della Repubblica può e deve effettuare sui decreti governativi. Tutto ciò proprio nel momento in cui il Presidente della Repubblica scriveva al Governo, richiamando l'attenzione sulla discutibile prassi della eterogeneità dei provvedimenti normativi.

Sorvoliamo sulla triste storia della fiducia sul maxiemendamento di cui già ha parlato in sede di dichiarazione di voto sulla richiesta di fiducia il presidente Casini. Si tratta di un maxiemendamento che doveva riprodurre integralmente e fedelmente i risultati del lavoro delle Commissioni ma non lo ha fatto per una scelta di meschino calcolo feriale. Si ricalca l'abuso del ricorso ai voti di fiducia che fu del Governo Prodi, ma di quel Governo si conosceva l'intrinseca debolezza numerica e politica. Cosa c'è dietro un Governo che chiede ventitré volte la fiducia? Lo chiederei al Ministro dell'economia e delle finanze, se non stesse conferendo con il candidato del Partito Democratico, evidentemente anticipando possibili scenari futuri (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro). Ce lo auguriamo e speriamo che sia la grossa coalizione.

PRESIDENTE. Prosegua onorevole Vietti. Pregherei i colleghi di ascoltare.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Non vorrei fare il suo mestiere, signor Presidente, ma pregherei anche i componenti del Governo di stare ai propri banchi. Mi chiedevo cosa c'è dietro un Governo che chiede ventitré volte la fiducia in un anno con quasi cento deputati di maggioranza? Disprezzo del Parlamento, debolezza politica, incapacità di tenere insieme la maggioranza, o tutte queste cose insieme? Non sarà che dietro i fasti dei sondaggi personali si celano le crepe della improbabile alleanza tra il partito del Nord e il partito del predellino, di cui le recenti polemiche su partito del Sud sono una spia evidente?

In ordine al merito, in questo decreto-legge vi sono almeno quattro titoli che prefigurano quattro riforme di portata significativa che, da un esame parlamentare più libero e sereno, avrebbero avuto tutto da guadagnarci in termini di condivisione politica e di miglioramento tecnico. L'innalzamento dell'età pensionabile per le impiegate della pubblica amministrazione, la regolarizzazione delle badanti, lo scudo fiscale e la modifica al Patto di stabilità.

Norme sollecitate anche da noi, a cui si erano detti contrari fino a ieri proprio gli esponenti del Governo e della maggioranza: Sacconi aveva detto: «non si deve fare la riforma delle pensioni», Maroni: «no alla sanatoria delle badanti», Tremonti: «no alla modifica del Patto di stabilità». Nonostante questo noi diciamo: nel decreto-legge vi sono cose condivisibili; lo hanno detto i nostri esponenti in Commissione ed in Aula, Galletti, Occhiuto, Ciccanti, Tabacci, Delfino. Ma quante incongruenze ed insufficienze! Perché non si è affrontato il nodo previdenziale a tutto tondo? Perché quel limite temporale così vicino per la detassazione, che peraltro esclude gli investimenti tecnologicamente avanzati per perfezionare gli investimenti soggetti a defiscalizzazione? Perché quell'offensivo limite di reddito per la regolarizzazione delle badanti? Ma vi pare possibile che un anziano solo investa quasi tutti i suoi denari nel sostegno di chi può aiutarlo a vivere serenamente i suoi ultimi anni e che i «badanti», come li ha chiamati il collega Tabacci, non possano essere regolarizzati? Non avrebbero potuto far emergere il lavoro nero, con qualche beneficio anche per le casse degli enti previdenziali?

E poi, se è di una manovra di cui stiamo parlando, andrebbe detto anche quello che non c'è: non ci sono le misure di sostegno alle famiglie, al Mezzogiorno, all'agricoltura, non c'è la liberalizzazione dei servizi pubblici (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro). E dov'è finito il tetto alle spese nei conti correnti, che il Governo si è dovuto rimangiare in un balletto di politica bancaria, che alterna il dirigismo con i tagli all'autonomia di mercato e un atteggiamento di pronta acquiescenza ai voleri del sistema, che alla fine colpisce soltanto l'istituzione della Banca d'Italia? Ieri, il Presidente del Consiglio ha annunciato urbi et orbi la sua strategia sul Mezzogiorno. Ancora non sappiamo cosa è rimasto dei Fondi per le aree sottoutilizzate, in gran parte saccheggiati dall'asse Tremonti-Lega: lo dice non un esponente dell'opposizione, ma il sottosegretario Micciché. E il Governo annuncia le nuove proposte: le proposte nuove sono quelle del secolo scorso, il Ministro per il Mezzogiorno e la Cassa per il Mezzogiorno; saremmo curiosi di sapere cosa ne pensano gli amici della Lega. Ma i soldi per far questo ci sono? Dove sono? Quanti sono? Chi decide di utilizzarli? Alla faccia del federalismo voi tagliate e poi distribuite i soldi residui dal centro in barba ad ogni criterio di autonomia e di responsabilizzazione dei governi locali. La verità è che il Mezzogiorno, famiglia, agricoltura, servizi pubblici locali, sono fuori dall'agenda di Governo.

Quello che allora manca, e che il Governo ha dimostrato in questi dieci mesi di dura crisi economica, è che non si sono viste né riforme, né risorse che abbiano lasciato un segno, e che delineino un'opportunità per il futuro. Il fatalismo, questa è la ricetta del Ministro dell'economia e delle finanze: il fatalismo di piegarsi; perché la tempesta passi, non tiene conto che le intemperie possono essere fatali per i più deboli, per i più fragili, per i più esposti, che siano famiglie o che siano imprese. E se non si provvede a porre al riparo queste categorie, si rischia di mettere a repentaglio non solo intere categorie produttive, ma il ruolo stesso di un grande Paese industrializzato. E questo non ce lo possiamo permettere, e questo non ve lo potete permettere. Per questo l'UdC voterà contro il provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

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