REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno V n° 9 SETTEMBRE 2009 TERZA PAGINA


Riflessioni leggendo Primo Levi
“Ammutinamento”, ovverosia: esiste il pollice verde?
Pollice verde cosa è? Clotilde ce lo insegna. Se provassimo ad usarlo non solo per le piante?
Di Giovanni Gelmini



Le piante camminano? Le piante parlano? Le piante soffrono?
Quante volte ci siamo posti queste domande? La mia risposta è: certamente si! Ed è quello che Primo Levi ci racconta in modo fantasioso nel racconto “Ammutinamento”.

Quanti hanno provato invidia per il balcone del vicino fiorito e con piante rigogliose che sembra non muoiano mai, mentre le nostre sono stentate, poche foglie, pochi fiori, non riescono a sopravvivere mai oltre qualche mese. Nel racconto, troviamo il protagonista che è in questa situazione.
I Farago sono orticultori da sempre, e noi proviamo per loro invidia ed ammirazione; loro sanno sempre fare la cosa giusta nel modo giusto e nel momento giusto, mentre noi, che siamo dei dilettanti e degli inurbati, ci nutriamo di errori. Noi seguiamo devotamente i loro consigli, quelli richiesti e quegli altri, che il padre Farago ci grida attraverso la recinzione quando ci vede commettere qualche enormità, o quando i frutti delle nostre enormità gridano al cielo; eppure, nonostante questa nostra umiltà e docilità i nostri quattro palmi di terra sono pieni di erbaccia e di formicai, mentre i loro orti, che non sono meno di due ettari, sono puliti, ordinati e prosperosi.

Ma… c’è ovviamente sempre un ma. C’è una bambina, Clotilde, anzi un’adolescente. “Clotilde è diversa. L'abbiamo vista crescere di estate in estate come un pioppo, e adesso ha undici anni” e una bambina vede le cose con gli occhi di una bambina, senza sovrastrutture. Dialoga con tutto quello che la circonda, ha una visione del mondo in “presa diretta”, le cose che la circondano sono come le appaiono, non sono filtrate da preconcetti.
Ecco come descrive la natura: “ il convolvolo è gentile ma pigro: a lasciarlo fare, invade i campi e li soffoca, però non per fare il male come la gramigna, solo è troppo pigro per crescere diritto.
- Vedi come fa? Pianta anche lui la radice in terra, ma non tanto profondo, perché non ha voglia di faticare e non è molto forte. Poi si divide in fili, e ogni filo corre basso a cercarsi da mangiare, e non si incrociano mai: non sono mica stupidi, si mettono d'accordo prima, io a levante, tu a ponente. Fanno i fiori, che sono abbastanza belli e perfino un po' profumati, e poi queste palline, le vedi? perché pensano anche loro all'avvenire.
Per la gramigna, invece, non ha pietà:
-È inutile che la tagli a pezzi con la zappa, tanto poi ogni pezzo ricresce come i draghi delle favole. Anzi, è proprio un drago: se guardi bene, vedi i denti, le unghie e le scaglie. Ammazza le altre piante, e lei non muore mai, perché sta sottoterra; quello che vedi fuori è niente, quelle foglioline sottili dall'aria innocente, che sembrano quasi erba. Ma più scavi e più trovi, e se scavi profondo trovi uno scheletro tutto nero e nodoso, duro come il ferro e vecchio non so quanto: ecco, quello è la gramigna. Ci passano su le mucche e la calpestano e non muore: se la seppellisci in una tomba di pietra, spacca la pietra e si fa la via per uscire. L'unica è il fuoco. Io con la gramigna non ci parlo.


Noi, se pensiamo al “parlare”, ci viene in mente la bocca, la voce, il suono, ma si può parlare anche in altri modi: con gli atteggiamenti e per colloquiare allora ci vuole attenzione e pazienza.
- Vedi questo? - mi ha detto, indicando uno dei nostri limoni: - si lamenta, è un pezzo che si lamenta, e tu se non capisci, non te ne accorgi, e intanto lui soffre.
- Si lamenta di che cosa? L'acqua non gli manca, e lo trattiamo preciso come gli altri.
Non so, non è sempre facile capire. Vedi che da questa parte ha tutte le foglie accartocciate: è da questa parte che qualcosa non va. Forse urta con le radici contro una roccia: vedi che, sempre dalla stessa parte, fa una brutta ruga nel tronco.
” Ecco un esempio di quell’attenzione che ci permette di sentire quello che ci comunicano. Levi ci dice che secondo Clotilde “ tutto quello che cresce dalla terra, ed ha foglie verdi, è "gente come noi", con cui si trova modo di andare d'accordo

Levi prosegue il racconto ipotizzando che le piante, stanche dello sfruttamento dell’uomo si preparino “all’ammutinamento”; questo vene raccontato dallo scrittore in un modo magico, come lo potrebbe vivere appunto una bambina appena, appena adolescente. Anche io mi sono lasciato, a volte, trascinare dall’idea che la Terra si riprendesse una parte di quello che l’uomo le aveva tolto, ma non è questo l’argomento che voglio approfondire ora.

Uno dei temi del racconto che mi ha colpito è quello che chiamiamo “pollice verde”, che altro non è che il capire e rispettare le piante.
Quante volte ci lamentiamo che una pianta non cresce bene, però la teniamo in casa al buio, illuminata solo dalla luce delle lampade o la continuiamo a girare per vedere le sue foglie rivolte verso l’interno della stanza. Ci dimentichiamo che le piante vogliono la luce del sole per vivere e che lentamente e faticosamente orientano il loro “corpo” verso il sole. Le piante sono con le radici ferme, ficcate nella terra, odiano gli spostamenti, ma noi in casa le spostiamo sempre. Poi le anneghiamo nell’acqua, anche se non sono piante acquatiche, insomma le violentiamo e le schiavizziamo, non le amiamo, amiamo l’idea che ci siamo fatti di loro: oggetti ornamentali senza desideri, senza volontà creati solo per il nostro piacere.

Questo vale anche per gli animali. Li costringiamo a stare chiusi in casa per ore ed ore, poi li portiamo a spasso con noi, magari quando loro vorrebbero dormire. Guai se si comportano secondo la loro natura: i cani non debbono abbaiare, ringhiare, i gatti non debbono cacciare gli uccellini, guai se li acchiappano e ce li portano come trofeo, orgogliosi della loro caccia, ci arrabbiamo e li sgridiamo. Spesso li trattiamo come bambini, ma non sono bambini o peggio giocattoli. Sono esseri viventi con esigenze e desideri che meritano rispetto. Quanta pena mi fanno gli uccelli in gabbia, perché chiuderli tra quelle sbarre? Loro sono fatti per volare e se li liberiamo sono anche capaci di tornare da noi.

Ma i discorsi di Clotilde possono essere applicati anche per un problema molto caldo oggi da noi: gli stranieri. La loro presenza, specialmente quando la differenza con noi è evidente, stimola spesso due possibili sentimenti: la diffidenza, reazione normale dell’istinto di difesa o l’attrazione verso l’esotico. Difficilmente vediamo in loro, di primo acchito, un uomo come noi, ma la prima sensazione, può essere superata.
Se le differenze nel modo di vestire, di comportarsi, di cultura sociale e religiosa, possono inizialmente crearci quella sensazione di disagio, se ci sforziamo di capire le loro esigenze, se cerchiamo di vedere il modo dal loro punto di vista, sicuramente tutto diventa più semplice e così è possibile vivere bene insieme con vantaggio di tutti. Come Clotilde ci insegna per le piante.

Forse è bene ricordare che per godere la vita, non dobbiamo cercare di piegarla a tutti i costi alla nostra volontà, ma al contrario adattarci noi alla realtà che ci circonda per meglio ottenerne i vantaggi.

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