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Nota Informativa Giuseppe Ricci Oddi: collezzionista d'arte Per “Pittura toscana alla Ricci Oddi. Collezioni a confronto a Piacenza, |
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E’ difficile dire cosa abbia spinto al collezionismo il nobile piacentino Giuseppe Ricci Oddi (1868-1937). In gioventù si era occupato soprattutto di sport e si era dedicato a studi di legge nelle Università di Roma e di Torino e l'arte sembrava lontana dai suoi interessi, ma dai primi anni del Novecento, inizialmente in maniera quasi casuale, la passione per la pittura e la scultura divenne per lui ragione di vita. Egli, infatti, impiegò le sue cospicue sostanze (derivate da rendite agrarie e da investimenti industriali) per mettere assieme un'imponente raccolta, sulla base di criteri rigorosi. Esclusa l'arte antica, Ricci Oddi collezionò dipinti, sculture e opere grafiche dall'Ottocento romantico ai suoi tempi, che divennero infine gli anni Trenta del Novecento. Il suo sguardo era singolarmente allargato, anzi travalicava del tutto l'ambito locale, che era trascurato: gli acquisti avvenivano alla Biennale di Venezia e nelle principali città italiane, con l'aiuto di una rete di consulenti (amici appassionati d'arte, storici dell'arte, galleristi e mercanti, gli stessi artisti). L'obiettivo dichiarato era quello di documentare lo sviluppo delle arti in Italia (cui si aggiungevano significativi esempi stranieri) nel secolo XIX e all'inizio del successivo. I criteri delle scelte erano poi ispirati a un moderato conservatorismo, per cui solo il figurativo veniva accolto e le avanguardie estreme erano del tutto escluse. Entrarono così nella collezione di Giuseppe Ricci Oddi i protagonisti del romanticismo italiano, Francesco Hayez e Giovanni Carnovali detto il Piccio, come tutti i maggiori macchiaioli, da Giovanni Fattori a Silvestro Lega a Telemaco Signorini. Grande spazio veniva dedicato ad Antonio Mancini e al paesaggista Antonio Fontanesi, il più internazionale degli artisti italiani dell'Ottocento, visto che era vissuto a lungo in Svizzera e aveva avuto una significativa esperienza giapponese. I cosiddetti “italiani di Parigi” (Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis, Federico Zandomeneghi) sono presenti con tre pezzi di eccezionale qualità. La stagione del simbolismo era molto ben rappresentata e così pure quella divisionista (due capolavori i dipinti di Angelo Morbelli e Giuseppe Pellizza da Volpedo). La ricerca dell'opera di assoluta qualità era lenta, faticosa; in più casi il collezionista intrattenne rapporti amichevoli con gli artisti, come accadde con lo scultore Merdardo Rosso, reduce da Parigi, di cui acquisì l'Ecce puer. Entrarono poi nella raccolta tutti i grandi artisti italiani di primo Novecento, da Boccioni a Carrà, da Carena a Campigli, fino a De Pisis e Casorati. Tra gli stranieri lo svedese Carl Larsson, l'austriaco Albin Egger-Lienz, il francese Auguste Ravier, l'americano Augustus Koopman. Anno 1924: l'imponente raccolta viene donata alla città di Piacenza e Ricci Oddi fa costruire, a sue spese, l'edificio per ospitarla: una struttura museale avveniristica, modernissima nelle sue impostazioni e tra i pochi esempi italiani di museo progettato per essere tale, senza riutilizzare un edificio preesistente. Nel 1931 la Galleria veniva inaugurata, alla presenza del principe Umberto, erede al trono (sarebbe diventato re Umberto II) , ma in assenza del donatore, troppo schivo per partecipare alla cerimonia. Da allora la Galleria Ricci Oddi ha cominciato la sua vita, connotata da continue acquisizioni, da un'intensa attività espositiva e da un continuo lavoro di studio sull'Ottocento italiano ed europeo. Argomenti: #arte , #arte contemporanea , #cultura , #ricci oddi |
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